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Rio e il “fervo” contemporaneo, Brasile bollente per ArtRio 2024

Brígida Baltar, Pontuações, courtesy MAR - Museu de Arte do Rio
Miguel Afa, Dança para o vento, 2024, courtesy A Gentil Carioca
Mercoledì apre le sue porte la 14ma edizione di ArtRio, ma la “città meravigliosa” non aspetta l’ufficialità ed è già bollente di opening, compleanni importanti e voglia di affermarsi come capitale dinamica del contemporaneo dell’emisfero sud

San Paolo per lavorare, Rio per festeggiare. Anche se gli stereotipi sono duri a morire, specialmente quando sono gli stessi paulistani e carioca a soffiare sul fuoco delle differenze tra le due città più emblematiche del Brasile, in questi giorni Rio de Janeiro è nell’occhio del ciclone della fiera e – nonostante non vi sia nessuna art week dichiarata – la città esplode di eventi e aperture.
Uno dei più affollati dello scorso fine settimana è stato il compleanno della galleria A Gentil Carioca che ha festeggiato i suoi 21 anni di vita con tre nuove mostre, rispettivamente di Rodrigo Torres, Marcela Cantuária e Miguel Afa, e due nuove “pareti gentili”, il progetto di arte pubblica che utilizza come display i due muri “ciechi” che contornano i due iconici spazi di rua Gonçalves Lédo, sedi della galleria nel centro di Rio de Janeiro, stavolta affidate all’artista Jasbar Lopes e Cabelo. Tra tutte, il distacco va a Miguel Afa e alla sua “Entra pra dentro”, una collezione di 17 deliziose pitture inedite e un progetto site specific composto da una moltitudine di piccoli aquiloni che hanno “sommerso” parte dello spazio della galleria. E la pittura del giovane Miguel Afa, già presente anche al Museo di Arte di Rio (MAR) – secondo le parole del cantautore e rapper Emicida, che ha firmato il testo di presentazione della mostra – ha reso omaggio a uno dei paesaggi più incredibili che il Brasile abbia nel suo DNA, il quintal, che è cortile, giardino, spazio aperto ma protetto…e così Afa offre un ritratto del paesaggio e allo stesso tempo delle relazioni sociali che nel “quintal” nascono, si sviluppano, crescono, nell’idea che il lato esterno della casa sia anche il rifugio contro la violenza della strada, della criminalità. Una pittura raffinata, dai toni della terra, che guarda alla comunità e allo stesso tempo si apre al mondo, anche in relazione all’estetica.
Da non perdere, però, ci sono anche le gallerie della zona sud, di Ipanema e Leblon, di cui un paio offrono nei loro spazi mostre che molto avrebbero a che vedere con un aspetto decisamente museale, in termini di qualità e di muscolarità, nonché di dimensioni.

Galeria Flexa, vista

Da Flexa, recentemente aperta e alla sua seconda mostra, “A noite dos clarões”, a cura di Luisa Duarte, mette in relazione artisti storici e contemporanei, brasiliani e non, provenienti dall’archivio della galleria e da collezioni private, seguendo il filo del surrealismo, nei cent’anni dalla nascita del movimento: meritano una menzione speciale la grande installazione di Tunga, Bell’s Fall, 1998, composta da numerosi materiali tra cui vetro, spugne, cristallo e la celebre tinta rossa che è stata una caratteristica fondamentale della poetica dell’artista. In dialogo, nella stessa sala, Yayoi Kusama e le incisioni di Darcílio Lima. Flexa, però, è anche la galleria che – in occasione di ArtRio – ha occupato gli spazi del Tropigalpão, spazio espositivo nel quartiere di Catete, per la collettiva “O beijo no asfalto”, che raccoglie a sua volta una serie di dialoghi tra opere che, secondo il curatore Ulisses Carrilho, sorpassano i limiti della moralità prestabilita, pulsioni che sfidano le regole, denunciando il sistema che criminalizza il corpo, l’affetto, il piacere. Qui, la scena, va dalle visioni del carnevale degli anni ’70 di Carlos Vergara ai corpi di Sérgio Richard, passando anche per Victor Arruda e le sue figure stilizzate e due poetiche “appropriazioni” di Hélio Oiticica, degli anni ’60 e ’70.

Rafael Baron, Café, fumo e jornal, acrilico su tela, 120 x 100, 2024, Courtesy Anita Schwartz

Danielian a sua volta alza il tiro rispetto al concetto di mostra e nei suoi spazi diffusi allestisce cinque personali di cinque artiste brasiliane differenti per percorso e età, e il risultato è un percorso decisamente museale, che accade con cadenza biennale, intitolato “Ocupação Mulherio”. I percorsi di Marcia Barrozo do Amaral, Nadia Taquary (già protagonista di una personale al MAR lo scorso anno), Nelly Gutmacher, Niura Bellavinha e Sonia Menna Barreto sono riuniti sotto il nome di quello che era un periodico femminista degli anni ’80, in questa seconda edizione della “biennale” della galleria, appunto, per dimostrare la forza e l’importanza di queste artiste nella comunità artistica brasiliana contemporanea, mischiando arte geometrica e pittura, scultura e sguardo antropologico, disegno e ceramica.
Anita Schwarz punta a sua volta sul pittore Rafael Baron che con “Meu Lugar” offre a sua volta una visione di scene familiari e memorie, di elementi tipici della casa, dei momenti del tempo libero e delle relazioni, frammenti raccolti dalla sua vita personale ma universalizzati.
Da Silvia Cintra, invece, troviamo i progetti “Calima” e “Nossas camas de areia”, due serie inedite realizzate dall’artista Pedro Motta che, da più di dieci anni, esplora le relazioni tra natura, paesaggi e interventi umani. “Calima” è un fenomeno naturale che deriva dalla sospensione delle particelle di sabbia nell’atmosfera; originadosi nelle dune del deserto del Sahara, la sabbia viaggia anche migliaia di chilometri, depositandosi nelle città d’Europa, sui monumenti e marcando interi giorni nelle isole canarie, nelle dune di Ibiraquera e dei Lençóis Maranhenses e, infine, su Arkadian, un pianeta immaginario creato dal padre dell’artista per un programma infantile, una possibilità che l’artista utilizza per ricreare nuovi territori e situazioni legate allo stato di instabilità del presente, includendo nei box fotografici vera e propria sabbia, creando uno spaesamento che potrebbe rischiare di essere kitsch ma, al contrario, aumenta la grande percezione di straniamento.

Pedro Motta – Marco 0 dalla serie Calima – 50x75cm – Fotografia – impressione di inchiostro minerale su carta cotone e sabbia – 2024 – Ed. 5 + 2PA, courtesy Silvia Cintra

Nara Roesler mette in dialogo le “pitture” di Not Vidal e due grandi interventi site specific per le pareti della galleria del mitico Richard Long. Ma Nara Roesler è anche l’iniziatrice della retrospettiva dedicata all’artista brasiliana Brígida Baltar, che ha aperto lo scorso venerdì al MAR e che resterà in cartellone fino al prossimo marzo. Un omaggio dovuto da parte di una istituzione museale a una delle più interessanti personalità dell’America del Sud che aveva fatto di una poetica sottile, fatta di attraversamenti di spazi impercettibili e di “raccolte” di elementi impossibili, tra cui la salsedine, la rugiada e la nebbia, la cifra della sua arte, che l’aveva resa internazionalmente famosa per le azioni in cui il corpo dell’artista diventava “parete”, mescolando l’ambiente della performance più dura all’universo domestico e della sua esplorazione. Nata a Rio de Janeiro nel 1959 e scomparsa nel 2022, dopo oltre vent’anni di malattia, “Pontuações”, titolo della mostra, riunisce circa 200 opere prodotte in trent’anni di carriera di cui 50 inedite, in un percorso basato sui quaderni che l’artista era solita scrivere a latere della propria produzione, in un curatela condivisa Marcelo Campos, Amanda Bonan e il team del MAR, oltre al curatore ospite Jocelino Pessoa.

Brígida Baltar, Pontuações, courtesy MAR – Museu de Arte do Rio

Dulcis in fundo, due spazi più indipendenti da tenere presenti nella geografia carioca dell’arte. A Cosme Velho, da Z42 – antica casa nobiliare che oggi è ambiente di connessione tra artisti provenienti da diverse gallerie coinvolti in progetti autoriali – ha aperto una interessante collettiva, “Terra Comum”, dedicata al tema della natura nell’epoca dell’antropocene, e alle possibilità dell’arte come strumento di cultura sociale ed ecologica. E le opere in scena, di fatto, utilizzano elementi naturali per “costruirsi”. Inoltre, la casa è anche sede di sei studi d’artista, tra cui quello di Marcelo Monteiro, ricavato in un sottotetto e che l’artista descrive come un’opera d’arte site specific di dimensioni ambientali, dove lo studio potenzia gli elementi che compongono la pratica dell’artista, fatta di oggetti che hanno in sé riflessioni su forza, controllo, violenza e reazione.
Infine, uscendo dai circuiti della Zona Sud e del Centro, merita una visita la Fábrica Bhering. Fondata nel 1880, la fabbrica Bhering è stata una delle maggiori fabbriche di cioccolato del Paese, fornendo anche la Famiglia Imperiale Brasiliana. Oggi, in questi diecimila metri quadrati un po’ decadenti, hanno trovato casa decine di studi di design, di arti applicate, due ristoranti e anche ArtNova, piccola galleria che si aggiunge alla costellazione carioca dell’arte di oggi.

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