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In due dei più celebri quadri di Bruegel compare il curling

Cacciatori nella neve (1565) Cacciatori nella neve (1565)
Paesaggio invernale con pattinatori e trappola per uccelli (1566)
Paesaggio invernale con pattinatori e trappola per uccelli (1566)
Si tratta di Cacciatori nella neve (1565) e Paesaggio invernale con pattinatori e trappola per uccelli (1566).

Ce ne siamo accorti tutti, il curling è uno sport bello strano. Le bocce che paiono ferri da stiro, le scope con cui i giocatori le rincorrono grazie a delle scarpe che scivolano come pattini. Ne avevamo avuto un assaggio nel 2006, quando a Torino la squadra italiana aveva avuto diritto a partecipare evitando le qualificazioni. Passaggio che invece abbiamo affrontato (e superato) a Pyeongchang 2018 e poi a Pechino 2022.

É qui che il curling ha raggiunto la vetta della sua popolarità. Soprattutto – se non del tutto – grazie all’oro conquistato dalla coppia Stefania Constantini e Amos Mosaner. Un’impresa incredibile che ha riportato alla ribalta uno sport che suscita ilarità. Forse impropriamente. Infatti la disciplina vanta una storia secolare, piena di particolarità e aspetti notevoli.

Anche se oggi la diffusione del curling è maggiore in Nordamerica e Scandinavia, la patria del curling è la Scozia. Qui nel ‘500 si hanno le prime testimonianze del gioco. Un passatempo da vivere sui laghetti ghiacciati, nelle stagioni più fredde ovviamente. Il principio, come detto, non si distanzia troppo dalle bocce: semplice, adatto a tutti, più divertente di quel sembra.

Ma iniziamo a chiamare le cose con il loro nome. Ciò che lanciano non sono bocce, ma stone. E sono proprio loro a custodire la tradizione più interessante. Questi pesanti dischi di pietra sono realizzati con un unico (e indispensabile) materiale: il granito Trefor. Lo si estrae solo da una cava in Galles. Non si può transigere da questa indicazione. Altrettanto unica è la fabbrica che produce questi particolari manufatti: la Canada Curling Stone Co., che produce stone dal 1992.

Quanto alle scarpe, anche loro riservano sorprese. A partire dal fatto che la destra e la sinistra hanno suole differenti. Una è progettata per fare grip sul ghiaccio e quindi mantenersi in equilibrio sulla superficie di gioco. L’altra invece è completamente liscia (di solito in Teflon) ed è necessaria soprattutto per la fase di lancio, quando il giocatore, utilizzando una sorta di blocchi di partenza, deve lanciarsi in avanti scivolando sul ghiaccio, prima di lasciar andare la stone.

Cacciatori nella neve (1565)
Cacciatori nella neve (1565)

Ma l’aspetto che più ci pertiene è quello legato all’arte. Come spesso accade, un’opera (accade soprattutto con la pittura) si rende testimone delle pratiche di vita nei secoli passati. A maggior ragione quando a realizzarle sono pittori rinomati per le scene di vita, per i dettagli con cui le realizzano e per la quantità di informazioni che contengono.

É il caso di Pieter Bruegel il Vecchio (1525/1530 – 1569), pittore olandese specializzato nella rappresentazione di minuziosi paesaggi popolati da tantissimi personaggi. All’apparente caos delle sue composizioni si contrappone una cura maniacale del posizionamento di ognuno. Questi svolgono tutti un’azione, sono caratterizzati da una sfumatura.

Così accade anche che, a ben guardare, in due delle sue opere più celebri si riconoscono anche alcuni ragazzi giocare a curling. Riprova che lo sport era già comune nel ‘500 e che lo fosse anche nei Paesi Bassi. In Cacciatori nella neve (1565) e in Paesaggio invernale con pattinatori e trappola per uccelli (1566).

Non è facile accorgersene: i personaggi sono piccoli e nel complesso dell’opera paiono sfumare. Eppure l’estrema tecnica di Bruegel è proprio questa: dare vita anche alle figure più piccole, distinguerle da chi sta loro a fianco e potrebbe appare identica. Quindi bisogna fare un piccolo sforzo, armarsi di lente di ingrandimento e andargli a cercare. Ma ve lo assicuriamo: sono lì, ieri come oggi, a far scivolare sul ghiaccio le loro rarissime stone.

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