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Carta e NFT, la materia e il suo opposto

foto: illibraio.it
Candida Höfer, Biblioteca dei Girolamini Napoli I, 2009

La carta e l’NFT un giorno andranno pure d’accordo. Ma sono ancora due mondi lontani, discordi, così antitetici fra loro. La materia e il suo opposto

Già una cosa che si chiama Non Fungible Token, letteralmente Gettone Non Fungibile, e quindi virtuale, deve avere per forza un’anima complicata da spiegare. Difatti, tutti ne parlano, ma pochissimi li capiscono. La carta, no. La carta ha odore e immagine, un richiamo persino erotico in ciò che conserva nel suo cuore da mostrare agli altri.

E’ una passione, una compagna della nostra vita, che viene da lontano, da secoli e secoli di storia. Chi come noi è cresciuto con la carta, ci ha lavorato sopra, ci ha scritto, ci ha disegnato e ci ha sognato, sa che adesso non se la passa troppo bene, almeno nel mondo dell’industria e dei giornali. Il suo prezzo è salito alle stelle, mettendo sempre più in crisi un settore già allo sbando sotto la minaccia del web, come quello della carta stampata.

Però resiste, come nella canzone di Vasco Rossi, eh già, siamo ancora qua. Dicevano che i libri sarebbero spariti: invece per ora vendono più di prima. E continua a funzionare anche nel mondo dell’arte. Il mercato delle opere su carta è talmente in crescita che oltre a numerose gallerie anche le case d’asta vi dedicano intere sessioni. La carta amplia persino i suoi orizzonti. E’ leggera, sottile, funzionale e accessibile, prestandosi pure a imprevedibili trasformazioni. Molti artisti ormai lavorano a mano la sua materia: origami, kirigami, paper cutting.

Henri Matisse (French, 1869–1954). *Blue Nude II (Nu bleu II).* Spring 1952. Gouache on paper, cut and pasted, on white paper, mounted on canvas. 45 3/4 × 35″ (116.2 × 88.9 cm). Musée national d’art moderne/Centre de création industrielle, Centre Georges Pompidou, Paris. Purchase, 1984. © 2014 Succession H. Matisse/Artists Rights Society (ARS), New York

Alla fine, possiamo contarci: la carta ha un futuro. Ma l’NFT semplicemente è il futuro. Forse si incontreranno un giorno. O forse no. Perché qualcuno avrà più fiato dell’altro.

Ne hanno parlato a Lugano, nell’edizione 2022 della fiera di WopArt. L’acronimo Wop sta proprio per Work on Paper. A casa della carta hanno cercato di capire l’altra faccia della medaglia. L’arte da materiale sta passando a una fase immateriale? Beh, in un certo senso sì. E con l’NFT tutto diventa virtuale. Partiamo dall’inizio, dal suo significato. Possiamo definirlo un certificato di autenticità per file digitali? Di fatto siamo di fronte a una tecnologia che rende unica un’opera digitale. Una rivoluzione: il mondo dell’arte non ha mai vissuto una novità più insolita e anche di difficile comprensione come questa. In ogni caso è successo questo, che un artista americano, che prima che si accendesse l’interesse per questo gettone virtuale dopo la vendita di un meme, il Nyan Cat, per 600mila dollari, non aveva mai ceduto una stampa a più di cento dollari, Mike Winkelmann (in arte Beeple) ha affidato a Christie’s l’NFT di un suo collage e l’ha piazzato a 69 milioni di dollari. Una notizia così non poteva non finire pure sul New York Times. E difatti ci è andata.

Beeple (b. 1981)
EVERYDAYS: THE FIRST 5000 DAYS
Price Realised
USD 69,346,250
© Christie’s

Da lì in poi la curiosità si è trasformata in mania. Hanno cercato di mettere in vendita il certificato di qualsiasi cosa, anche delle canzoni. Un regista americano, Alex Ramirez-Mallis, ha venduto per 85 dollari l’NFT delle sue flatulenze registrate su nastro. Una moda destinata ad esaurirsi? Non proprio, e non adesso. I suoi sostenitori escludono che si tratti di una bolla passeggera. E i numeri gli danno ragione. Secondo il portale Crypto.art a novembre 2020 le vendite di arte basate su NFT avevano raggiunto il valore di circa 1,5 milioni di dollari. A gennaio dell’anno dopo avevano superato i 10, e a marzo toccato addirittura i 120.

E’ un sistema, una tecnologia, che continua a crescere e che durerà per molto tempo, allargando i suoi orizzonti. Pure per i grandi capolavori ora c’è spazio nel digitale, da quando un’azienda italiana, Cinello, ha brevettato la tecnologia Daw e in collaborazione con gli Uffizi di Firenze ha messo in vendita le grandi opere d’arte con NFT. Ma che cosa compra uno in questo caso? Non un quadro, se di questo si tratta, irriproducibile, e non il copyright dello stesso. Ciò che acquista il compratore è il file dell’opera d’arte riconosciuta dall’autore e conservato sulla blockchain – catena di blocchi, letteralmente: un sistema che gestisce un registro di dati -.


In pratica, acquista il diritto di vantarsi della proprietà di un prodotto che vive in rete ed è a disposizione di tutti. Trattandosi di una rivoluzione, cambiano anche alcune abitudini e anche le sue regole. Gli Nft possono essere scambiati e venduti, ma io posso pure mantenere una percentuale di guadagno sulle future cessioni. Occhio però, perché non è tutto oro quel che luccica. Tra bolle speculative, limiti nell’attribuzione della paternità dell’opera, la possibilità di incappare in qualche truffa informatica, e, last but not least, le difficoltà di comprensione del fenomeno, bisogna mettere nel conto pure pochi, ma concreti, rischi.

Oh certo, i rischi ci sono dappertutto. E anche la carta può avere i suoi problemi. La carta è un materiale igroscopico, che subisce come ogni materiale organico processi ossidativi, cioé invecchia. Un capolavoro su carta ha bisogno di essere trattato come in un museo per conservarsi al meglio, nelle stesse condizioni ideali, a non più di 50 lux di livello di illuminazione, una temperatura di 18 gradi e un’umidità relativa del 55 per cento. Se il collezionista segue tutte le più banali precauzioni, non posa la stampa sopra un calorifero o sul camino, non la espone alla luce diretta della finestra e la protegge con montaggi adeguati, l’opera d’arte su cui ha investito la sua passione si manterrà perfettamente.

foto: illibraio.it

E a questo punto, francamente, uno preferirebbe avere un acquerello di Matisse del 1941 o il suo NFT? E’ un mondo che corre veloce, a volte forse troppo veloce. Ma ci sono cose che hanno resistito nel tempo, e forse c’è un motivo. La carta non è solo espressione d’arte. E’ un materiale indispensabile alla nostra vita. Non lo è diventato all’improvviso. Ci ha messo il suo tempo. Non è come adesso che il tempo vola, e non puoi nemmeno girarti indietro per guardare quante cose sono cambiate. Quando il giovane Van Gogh dipingeva l’«Uomo chinato con vanga» o la «Vista sui Tetti dell’Aia» poteva mai immaginarsi che qualcuno neanche 150 anni dopo avrebbe voluto comprare solo il suo certificato di autenticità?

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