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Iperrealismo

Il fenomeno dell’iperrealismo, derivato dalla pop art, si delinea intorno agli anni sessanta negli Stati uniti con la mostra del 1964 “The Painter and the Photograph” alla New Mexico University di Albuquerque, mentre sul piano internazionale l’affermazione della corrente avviene nel 1972. La parola Iperrealismo è stata coniata dal gallerista Isy Brachot nel 1973 e la parola che usò in francese “Hyperréalisme” diede il titolo alla mostra nella sua galleria di Bruxelles che raccoglieva allora i maggiori esponenti del movimento fotorealista americano ed europeo.

L’iperrealismo è un genere di pittura e scultura i cui artisti si servono di tecniche fotografiche e di una meccanica riproduzione della realtà per costruire l’illusionismo delle proprie tele e delle proprie sculture. I soggetti più ricorrenti sono figure umane, scenari cittadini oppure oggetti inanimati descritti con uno stile spesso influenzato dalla pubblicità: colori aggressivi, inquadrature fortemente concentrate sul soggetto principale. Per poter riprodurre la realtà in maniera rigorosa, gli iperrealisti si servono in genere di fotografie molto ingrandite per le pitture o di calchi dal vivo per le sculture, per realizzare quanti più dettagli possibili, in una vera e propria “forma maniacale”. Il termine si applica principalmente a un movimento artistico indipendente negli Stati Uniti e in Europa ed è considerato un avanzamento del fotorealismo.

Le prime mostre che furono conosciute Image Realistic e 22 realiste, entrambe a New York a metà degli anni Sessanta. A quel tempo lo stile artistico della moda era astratto, il realismo era visto come una semplice copia della realtà, ora la trama è cambiata anche se molti pensano la stessa cosa, per la maggior parte i pittori iperrealisti hanno un talento che supera qualsiasi critica, una delle caratteristiche del dipinto sono la finitura iper-finale dei quadri iperrealisti che cercano di non lasciare segni di pennellate sulla tela finché quasi non sembra che una persona sia stata capace di fare un simile lavoro.

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Duane Hanson, House Painter I 1984/1988

Nonostante appaia come un’evoluzione della pittura accademica – anche se non si può negare, in parte, il rispetto delle regole dettate dalla pittura pre-impressionista – esso deriva fortemente dal movimento pop, che raffredda, fino ad annullare la soggettività espressiva dell’artista e, contro l’io ipertrofico dell’espressionismo astratto e di ogni pittura interpretativa – recupera il “già fatto” della cultura industriale, restituendone una copia. Ciò crea, insieme, un senso di ammirazione, disagio e ripulsa, poichè mette in discussione il ruolo dell’artista come sciamano che interpreta il mondo, figura alla quale – si pensi al trasporto generale per l’arte di Van Gogh – l’Europa è particolarmente legata.

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Richard Estes, M Train on Route to Manhattan Approaches the Williamsburg Bridge, 1995

Il movimento annovera, tra i principali artisti, sia pittori – Chuck Close, Richard Estes, Ralph Going, Malcolm Morley, Audrey Flack, Denis Peterson, Dragan Maleševic Tapi, István Sándorfi, Gottfried Helnwein, Claudio Bravo, Luigi Benedicenti, Tjalf Sparnaa, Ron Kleeman – che scultori – Duane Hanson, John De Andrea.

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Chuck Close, Kate Moss, 1995 c.

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Il pane di Sarah 1986 c., Claudio Bravo

Tra gli italiani Emanuele Dascanio, Mauro David, Giuseppe Malliam, David De Biasio ed altri.

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Mauro David, Fruttiera di cristallo con meloni 1999
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