11 novembre 2008 – 8 febbraio 2009
Triennale, Milano
Dopo le mostre sugli anni Settanta e gli esponeneti dell’arte pop: la triade Andy Warhol, Keith Harring e Jean-Michel Basquiat la Triennale ospita una retrospettiva (1915-1995) dell’artista umbro Alberto Burri, uno dei massimi protagonisti dell’arte del XX secolo. Un’esposizione che si allinea alle altre precedentemente proposte in un percorso che affronta gli episodi più significativi dell’arte e dell’industria culturale dell’ultimo cinquantennio.
La mostra, a cura di Maurizio Calvesi e Chiara Sarteanesi, attraverso opere storiche e opere inedite, alcune per l’Italia, altre in assoluto, presenta l’artista, l’uomo e le influenze che ha esercitato sulla cultura dell’epoca: una selezione di capolavori, che non si limitano alle più note creazioni degli anni cinquanta, ma testimoniano l’intero svolgimento, nei decenni successivi, dell’opera di Burri e della sua capacità di rinnovamento.
La Triennale di Milano continua il suo impegno nell’arte contemporanea dedicando una grande retrospettiva a un artista italiano anche in vista del Museo di Arte Contemporanea di Milano di prossima realizzazione. È dal 1984 che Milano non vede una mostra di Alberto Burri. Nel 1989, infatti, l’artista dichiarò che non avrebbe mai più esposto a Milano in aperta polemica con l’amministrazione cittadinache aveva autorizzato la distruzione del Teatro Continuo, struttura progettata da Burri nel 1973 nel parco Sempione in occasione della XV Triennale.
Teatro Continuo, 1973, Parco Sempione, Milano
Assume così un’importanza rilevante l’omaggio della Triennale, anche per la presenza del ciclo dei Neri (1986-1987), cellotexmai esposti precedentemente in nessuna sede, e delciclo Architetture con cactus (1991) presentato al pubblico nel 1992 ad Atene e fra la fine del 1994 e l’inizio del 1995 presso l’Istituto Italiano di Cultura a Madrid, ma sconosciuto al pubblico italiano.
La mostra si articola su due piani su una superficie totale di 2500 mq. Il percorso si snoda attraverso tutte le fasi di produzione dell’artista e ha un andamento cronologico. A partire dalpiano terra, le prime sei sale offrono un panorama della prima attività del pittore: i catrami, le muffe, i gobbi, i sacchi, i legni, i ferri e le combustioni.
Questi lavori costituiscono la premessa storica alle creazioni degli ultimi vent’anni dell’artista: i Cellotex, indagati nei loro molteplici aspetti e presentati nelle successive sale del piano terra e del primo piano. I primi Cellotex sono dipinti interamente, quelli realizzati in seguito lasciano invece intravedere il supporto che diventa parte integrante dell’opera con il colore stesso del materiale, che contribuisce in maniera determinante alla composizione pittorica.
La fase finale di questa sezione presenta cellotex con inserti di oro in foglia: risplende nelle superfici in nero opaco nella serie del Nero e Oro del 1993 ed evidenzia le crepe scabre dei cretti nella serie Cretto Nero e Oro del 1994.
Al primo piano si distinguono il ciclo Architetture con cactus, composto da dieci cellotex di 2,50 x 3,50 m, e il ciclo dei Neri, costituito da 10 cellotex di 1,30 x 2,50 m.
Si tratta di opere di grandi dimensioni che mettono in luce gli ultimi anni di attività di Burri, scelte in relazione ai grandi spazi della Triennale, tenendo conto della sensibilità che l’artista aveva nel concepire le proprie opere in relazione agli spazi espositivi.
A Burri si deve l’apertura radicalmente innovativa a livello internazionale verso l’impiego di materiali extrapittorici la cui influenza ha caratterizzato l’arte fino ai nostri giorni. Il pittore non ha privilegiato nessun materiale rispetto ad altri: le caratteristiche del quadro non dipendono dalle qualità del materiale usato, ma sono da individuare nella forma e nello spazio. Anche il colore è importante per Burri che predilige i colori puri a quelli più naturalistici, fra questi il nero. L’artista lavora sui contrasti che può ottenere indifferentemente con i colori dei materiali che impiega o con opportune variazioni di superficie.
In mostra anche un altro aspetto poco conosciuto: l’attività di Burri scenografo, presentata attraverso il bozzetto per Spirituals (1963), spettacolo per il quale progetta scene e costumi, prima presenza dell’artista a Milano al Teatro alla Scala, quello per il balletto November steps (1972), prestato dal Teatro dell’opera di Roma, i bozzetti del 1975 per il Tristano e Isotta di Wagner, e la relativa documentazione fotografica della realizzazione degli spettacoli.
Tristano e Isotta, atto III, 1975 | November steps, bozzetto, 1972 |
Viene documentata, inoltre, parte della produzione seriale dell’artista. Burri è stato un grande sperimentatore anche nell’ambito della grafica, come dimostrano i Monotex, assemblaggi di cartoncini realizzati direttamente dall’artista senza la mediazione dello stampatore.
Un’altra sezione, attraverso fotografie e video di alcuni fra i più noti fotografi e registi d’arte, offre il ritratto dell’uomo Burri: mentre crea con il fuoco e in alcuni momenti della sua vita privata e una documentazione dettagliata sui due spazi espositivi della Fondazione Burri creata dall’artista nella sua città natale: Città di Castello.
Alberto Burri in una fotografia
di Aurelio Amendola
Introduzione alla mostra del curatore Maurizio Calvesi
Nel quadro ormai storico dell’arte del XX secolo, e non soltanto in quello italiano, Burri spicca indiscutibilmente come uno dei massimi protagonisti. A lui si deve, in ideale congiunzione con le intuizioni “polimateriche” di un altro colosso italiano, Umberto Boccioni, anche se in totale indipendenza e con radicale novità, quell’apertura sull’impiego di materiali extrapittorici la cui influenza ha caratterizzato tutto il seguito dell’arte, nella seconda metà del secolo e fino a oggi.
E tuttavia con un senso ancora integralmente vivo della “qualità”, della concentrazione espressiva e della dignità intellettuale dell’opera, quali oggi diventano sempre più rare da reperire nella produzione attuale. Questo spiega l’interesse continuamente crescente della critica eanche del pubblico, a cui questa mostra vuole venire incontro con una scelta di capolavori, che non si limitano alle ormai notissime creazioni degli anni Cinquanta, ma testimoniano l’intero svolgimento, nei decenni successivi, dell’opera di Burri, nella sua mirabile capacità di rinnovamento, apertura di orizzonti e intatta sorgività di bellezza.
Pertanto, dopo un succinto panorama della prima attività del pittore (catrami,muffe, gobbi, sacchi, legni e ferri) la mostra si sviluppa analizzando i successivi decenni della sua attività in misura del tutto esaustiva: plastiche trasparenti, colorate e su cellotex, bianchi e neri, cretti, cellotex monocromi e colorati, neri e oro, cretti e oro.
Verranno documentate anche le indimenticabili scenografie, con i bozzetti del 1975 per il Tristano e Isotta di Wagner finora mai esposti fuori dalla Fondazione, il bozzetto per lo spettacolo Spirituals (1969), gentilmente
concesso dal Teatro della Scala di Milano, il bozzetto per il balletto November steps (1972) di proprietà del Teatro dell’Opera di Roma.
Una ricca sezione fotografica e video accompagna la rassegna, documentando gli spettacoli appena citati, mostrando Burri all’opera con l’inedito strumento del fuoco, suoi ritratti anche con altri artisti, foto delle due imponenti sedi della Fondazione Burri a Città di Castello, nonché dell’inaugurazione (1984) della mostra milanese a Brera 2.
Alberto Burri in una fotografia
Introduzione alla mostra della curatrice Chiara Sarteanesi
“L’ultimo mio quadro è uguale al primo”1 nell’affermazione più volte espressa dall’artista è racchiuso il senso della mostra di Burri nella storica sede della Triennale a Milano. L’artista dichiarava che nella scelta dei materiali non c’era nessun intento programmatico e quando una materia, non suscitava più in lui alcun interesse veniva abbandonata. Il pittore non ha privilegiato nessun materiale rispetto agli altri, perciò il loro apporto, al risultato finale dell’opera è minimo: le caratteristiche del quadro non dipendono dalle qualità del materiale usato, che pur salta all’occhio immediatamente, ma sono da ravvisare, con una visione più attenta, nella forma e nello spazio.
Ovviamente anche il colore è importante per Burri: egli predilige i colori puri, piuttosto che quelli naturalistici, anche per evitare inevitabili allusioni ad una pittura di realtà; il nero è uno di essi: “due neri diversi, vicini, possono essere altrettanto formidabili, altrettanto colorati”2, come ben spiegato da lui stesso. L’artista lavora sui contrasti che può ottenere, indifferentemente, con i colori dei materiali che impiega, o con opportune variazioni di superficie: in tal senso, sarebbe un errore fermarsi alla sola apparenza materica.
Ritengo che queste premesse siano essenziali per una corretta lettura delle opere di Burri. L’esposizione alla Triennale è stata realizzata grazie anche a prestiti di importanti Istituzioni, che conservano opere del Maestro come il Teatro alla Scala, le Raccolte Civiche di Milano, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna, il Teatro dell’Opera di Roma, Istituti bancari e privati; il corpus più consistente, pervenuto dalla Fondazione Burri, non appartiene al nucleo delle opere collocate permanentemente nelle due sedi della Collezione di Città di Castello, ma dal lascito che l’artista stesso, con lungimiranza, ha messo a disposizione per eventi espositivi. Si precisa che chiunque, sull’onda dell’emozione, cui non potrà sottrarsi dopo la visita alla Triennale, vorrà approfondire la propria conoscenza riguardo all’opera del pittore, potrà visitare la Fondazione Burri, con la certezza di vedere tutte le opere, tranne i Teatrini che l’artista ha creato per la messa in opera delle scene per il Tristano e Isotta di Wagner. La Fondazione, data l’importanza dell’evento, ha ritenuto, infatti, di dover fare un’ eccezione inviando a Milano tali teatrini, in mancanza di altre opere a rappresentare anche questo aspetto, molto importante e poco conosciuto dell’artista.
La Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri, voluta dall’artista a Città di Castello, sua città natale, si articola in due sedi: nel Palazzo Albizzini, palazzetto nobiliare della seconda metà del ‘400, situato nel cuore del centro storico, aperta al pubblico nel 1981, dove si trovano opere dal 1948 al 1989; negli Ex Seccatoi, imponente complesso di archeologia industriale, collocato appena fuori dalla cinta muraria della città, e inaugurato nel 1989, dove l’artista, ha deciso di esporre le opere di grande formato, i Cicli, rappresentativi della suo percorso artistico dal 1979 al 1994.
Il grande valore di cui si pregia la Fondazione è dovuto alle peculiarità della sua stessa genesi. Spesso i Musei o le Fondazioni nascono per onorare e perpetuare nel tempo la testimonianza di personaggi scomparsi che in qualche modo hanno lasciato un’eredità culturale al mondo intero.
Burri, ha avuto l’opportunità di dare la propria impronta alla Fondazione Burri nei lontani anni Settanta, donando le sue opere, purché fosse messo a disposizione uno spazio adeguato per poterle esporre. Una volta individuato in Palazzo Albizzini il luogo eletto, egli segue gli architetti che si occupano del recupero architettonico affinché le architetture non siano alterate e che il restauro si limiti al consolidamento degli immobili e alla predisposizione per l’allestimento. Tutto risponde a principi di estrema semplicità e razionalità per non contraffare né modificare, in alcun modo, lo spazio. La chiarezza delle sue pagine astratte e il rigore del suo ordine formale guidano i suoi viaggi pittorici, così come gli allestimenti, i prospetti architettonici, il rapporto emozionale fra l’ambiente e i dipinti.
INFORMAZIONI UTILI:
Triennale di Milano
Viale Alemagna 6
T 02 724341
www.triennale.it
orario: martedì – domenica 10.30 – 20.30
giovedì 10.30 – 23.00, chiuso il lunedì
Ingresso: Intero: 8 euro
Ridotto: 6 euro
Ridotto gruppi e scuole: 5 euro
Diritto di prenotazione: 1,50 euro
Catalogo: Skira in mostra 35,00 (anzichè 65,00)