La mostra presenta una selezione di circa 25 opere, seguendo un percorso cronologico che arriva al presente partendo dal 1962, anno in cui Michelangelo Pistoletto mette a punto la tecnica dei quadri specchianti: una lastra di acciaio inox lucidato a specchio, sulla quale è applicata un’immagine ottenuta mediante una tecnica di riporto fotografico, consistente nel ricalcare una fotografia, ingrandita a dimensioni reali, a punta di pennello, su carta velina (a partire dal 1971 la velina dipinta sarà sostituita da un processo serigrafico di riproduzione dell’immagine fotografica).
“I quadri specchianti costituiscono il fondamento dell’opera di Pistoletto, sia della sua successiva produzione e attività artistica, sia della riflessione teorica nella quale egli costantemente ad essi ritorna per approfondirne il significato e svilupparne le implicazioni. Le caratteristiche essenziali, che l’artista stesso individua in essi, sono principalmente: la dimensione del tempo, non soltanto rappresentato, ma realmente presente; l’inclusione nell’opera dello spettatore e dell’ambiente circostante, che ne fanno “l’autoritratto del mondo”; la congiunzione di coppie di opposte polarità (statico/dinamico, superficie/profondità, assoluto/relativo, ecc), costituite e attivate dall’interazione tra l’immagine di natura fotografica e ciò che avviene nello spazio virtuale generato dalla superficie specchiante; la collocazione dei quadri specchianti non più ad altezza finestra, come tradizionalmente vengono appesi i quadri, bensì sul pavimento, fa sì che essi aprano un varco attraverso il quale l’ambiente in cui sono esposti si prolunga nello spazio virtuale dell’opera, una porta che mette in comunicazione arte e vita”.
I quadri specchianti sono l’approdo di un processo di formazione in cui Pistoletto si interroga, negli anni ’50, agli inizi della sua carriera, sul conflitto tra astrazione e figurazione, che all’epoca animava il dibattito sull’arte. Come racconta lo stesso artista, sono due le opere, un dipinto e un film, che lo influenzano in modo determinante: la “Flagellazione” di Piero della Francesca e “L’avventura” di Antonioni, entrambe punto di convergenza tra astrazione e figurazione, sintesi di luce e immagini.
Contro il rischio di formalismo di certa arte astratta dell’epoca, Pistoletto sceglie la figura umana, e in particolare l’autoritratto, che gli consente di “esprimere particolari sentimenti e situazioni della condizione umana, ciò che per me è l’argomento più vivo e scottante di ogni tempo” (M. Pistoletto, catalogo della mostra Premio Morgan’s Paint, Palazzo dell’Arengo, Rimini 1959).
Ed è a partire dalla ricerca sul rapporto tra il soggetto e lo spazio circostante, tra figura e sfondo che Pistoletto arriva all’idea delle superfici specchianti.
“Tra il 1956 e il 1958 facevo quei ritratti, che col tempo diventarono sempre più grandi, con un testone sempre più grande. (…) Successivamente, le teste si sono ristrette per lasciar posto al corpo e allo spazio intorno. In questo tipo di riduzione della figura a dimensione reale sono stato molto coadiuvato dalla mostra di Bacon alla Galatea. Vedendo Bacon ho percepito che il mio problema, il mio dramma erano già lì, dichiarati, di un uomo alla ricerca della propria dimensione e del proprio spazio, una gabbia di vetro impenetrabile, in cui l’uomo viveva in uno stato talmente drammatico da essere soffocato, da non aver voce e spazio. Era un uomo bloccato, braccato, malato, distrutto, angosciato, splendidamente dipinto ma, in questo stato, terribilmente isolato (…) Ho continuato la mia ricerca, condensando proprio il mio lavoro sull’uomo, ma cercando di fare il contrario di Bacon: togliere tutta l’espressione e tutto il movimento dalle figure, così da raffreddare la drammaticità. (…) Ho continuato a giocare la mia partita sul rapporto tra la massa di questa persona e il suo fondo, così sono arrivato ai fondi d’oro, ai fondi neri. Facevo fondi che volevano essere luce, da cui la vetrata, o fondi assolutamente automatici ed inespressivi. Erano migliaia di righette oppure erano superfici tipo lineolum, cioè fondi decorativi anonimi e da questa anonimità del fondo mi aspettavo di veder accadere qualcosa.” (M. Pistoletto, intervista con G. Celant, in Pistoletto, Electa, Firenze 1984, p 23).
“Nel 1960 dipinge alcuni autoritratti in cui si raffigura a dimensioni reali, sempre più immobile e inespressivo, come un prototipo di comune essere umano, su fondi monocromi in oro, argento e rame. Nel 1961 avviene infine la svolta che porta ai quadri specchianti. Su una tela dipinta di nero stende uno spesso strato di vernice trasparente. Apprestatosi a dipingervi il suo volto, si accorge improvvisamente di potersi specchiare direttamente sulla tela, senza più bisogno di usare uno specchio per osservarsi”.
“Quando nel 1961, su un fondo nero, verniciato fino a diventare specchiante, ho cominciato a dipingere il mio viso, l’ho visto venirmi incontro, staccandosi nello spazio di un ambiente in cui tutto si muoveva, e ne sono rimasto scioccato. Mi sono anche accorto che non dovevo più guardarmi in un altro specchio, ma che potevo copiarmi guardandomi direttamente nella tela. Nel quadro successivo girai la figura di spalle, perché ancora gli occhi dipinti erano artificiali, mentre quelli del riflesso apparivano veri come quelli della figura che ora stava sulla superficie del quadro guardando nel quadro. Infatti essa, essendo adesso girata nella mia stessa direzione, possedeva i miei stessi occhi.” (M. Pistoletto, Il rinascimento dell’arte, 1979 – manoscritto inedito)
“L’uomo dipinto veniva avanti come vivo nello spazio vivo dell’ambiente, ma il vero protagonista era il rapporto di istantaneità che si creava tra lo spettatore, il suo riflesso e la figura dipinta, in un movimento sempre “presente” che concentrava in sé il passato e il futuro tanto da far dubitare della loro esistenza: era la dimensione del tempo” (M. Pistoletto, Oggetti in meno, Galleria La Bertesca, Genova 1966)
Con i quadri specchianti Pistoletto raggiunge in breve riconoscimento e successo internazionali, che lo portano a realizzare già nel corso degli anni Sessanta numerose mostre personali in Europa e negli Stati Uniti (nel 1964 a Parigi, nel 1966 a Minneapolis, nel 1967 Bruxelles, nel 1967 e 1969 a New York, nel 1969 a Rotterdam).
Inaugurazione martedì 21 maggio ore 18-21
La mostra prosegue fino al 26 luglio
Catalogo in galleria
Orari martedì-sabato 10-13 15-19
Tel e fax 02 780918
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BIOGRAFIA
Michelangelo Pistoletto nasce a Biella nel 1933. Inizia a esporre nel 1955 e nel 1960 tiene la sua prima personale alla Galleria Galatea di Torino. La sua prima produzione pittorica è caratterizzata da una ricerca sull’autoritratto. Nel biennio 1961-1962 approda alla realizzazione dei Quadri specchianti, che includono direttamente nell’opera la presenza dello spettatore, la dimensione reale del tempo e riaprono inoltre la prospettiva, rovesciando quella rinascimentale chiusa dalle avanguardie del XX secolo. Con questi lavori Pistoletto raggiunge in breve riconoscimento e successo internazionali, che lo portano a realizzare, già nel corso degli anni Sessanta, mostre personali in prestigiose gallerie e musei in Europa e negli Stati Uniti. I Quadri specchianti costituiranno la base della sua successiva produzione artistica e riflessione teorica.
Tra il 1965 e il 1966 produce un insieme di lavori intitolati Oggetti in meno, considerati basilari per la nascita dell’Arte Povera, movimento artistico di cui Pistoletto è animatore e protagonista. A partire dal 1967 realizza, fuori dai tradizionali spazi espositivi, azioni che rappresentano le prime manifestazioni di quella “collaborazione creativa” che Pistoletto svilupperà nel corso dei decenni successivi, mettendo in relazione artisti provenienti da diverse discipline e settori sempre più ampi della società. Tra il 1975 e il 1976 realizza Torino un ciclo di dodici mostre consecutive nella stessa galleria di Torino, Le Stanze, il primo di una serie di complessi lavori articolati nell’arco di un anno, chiamati “continenti di tempo”, come Anno Bianco (1989) eTartaruga Felice (1992). Nel 1978 tiene una mostra nel corso della quale presenta due fondamentali direzioni della sua futura ricerca e produzione artistica: Divisione e moltiplicazione dello specchio e L’arte assume la religione. All’inizio degli anni Ottanta realizza una serie di sculture in poliuretano rigido, tradotte in marmo per la mostra personale del 1984 al Forte di Belvedere di Firenze. Dal 1985 al 1989 crea la serie di volumi “scuri” denominata Arte dello squallore. Nel corso degli anni Novanta, con Progetto Arte e con la creazione a Biella diCittadellarte-Fondazione Pistoletto e dell’Università delle Idee, mette l’arte in relazione attiva con i diversi ambiti del tessuto sociale al fine di ispirare e produrre una trasformazione responsabile della società. Nel 2003 è insignito del Leone d’Oro alla Carriera alla Biennale di Venezia. Nel 2004 l’Università di Torino gli conferisce la laurea honoris causa in Scienze Politiche. In tale occasione l’artista annuncia quella che costituisce la fase più recente del suo lavoro, denominata Terzo Paradiso. Nel 2007 riceve a Gerusalemme il Wolf Foundation Prize in Arts, “per la sua carriera costantemente creativa come artista, educatore e attivatore, la cui instancabile intelligenza ha dato origine a forme d’arte premonitrici che contribuiscono ad una nuova comprensione del mondo”.
È Direttore Artistico di Evento 2011 – L’art pour une ré-évolution urbaine a Bordeaux.
Nel 2012 si fa promotore di Rebirth-day, prima giornata universale della rinascita, un’iniziativa che ha dato vita ad oltre un centinaio di eventi in tutto il mondo il 21 dicembre.
Nel 2013, da aprile a settembre, si svolge la sua mostra personale Michelangelo Pistoletto, année un – le paradis sur terre al Museo del Louvre di Parigi.
I testi tra virgolette, ove non sia specificata la fonte tra parentesi, sono tratti dal sito ufficiale dell’artista, www.pistoletto.it.