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Gesti di rivolta. Arte, fotografia e femminismo, la Milano degli anni 70 in mostra

Liliana Barchiesi, Movimento Femminista, 1974/1979 Liliana Barchiesi, Movimento Femminista, 1974/1979
Liliana Barchiesi, Movimento Femminista, 1974/1979
Liliana Barchiesi, Movimento Femminista, 1974/1979

Arte, femminismo e rivendicazione. Fino al 31 ottobre, la Nuova Galleria Morone ospita una ricostruzione delle esperienze femministe che hanno animato la città di Milano alla metà degli anni ’70. Viste attraverso le opere e gli obbiettivi delle donne che le hanno vissute in prima persona.

Erano gli anni ’70, le donne iniziavano a unirsi in gruppi organizzati per rivendicare una nuova identità, reclamata con forza dagli slogan che riempivano le strade di Milano. Animate dalla volontà di liberarsi dalle barriere imposte da una società tradizionalmente patriarcale, spesso le manifestanti hanno visto nell’arte e nella fotografia i mezzi più adeguati per far sentire la propria voce. Gabriella Benedini, Silvia Truppi, Mercedes Cuman, Amalia Del Ponte e tante altre sono le attiviste/artiste a cui la Nuova Galleria Morone ha dedicato Gesti di rivolta – Arte, fotografia e femminismo a Milano 1975 – 1980, inaugurata nello spazio meneghino lo scorso 9 settembre.

Diverse le modalità espressive -dai disegni di Elisabeth Scherffig alle fotografie di Carla Cerati– ma unico il soggetto: la donna, o meglio, le donne, con tutto il carico di stereotipi e vincoli che esserlo significava (significa?). Stereotipi su cui, autonomamente o in gruppi organizzati, dopo gli anni della contestazione, si inizia a riflettere, ad arrabbiarsi, a protestare. Bisogna che le donne si stacchino dall’immagine di casalinghe e mogli affibbiata loro dalla società e ricostruiscano la propria identità a partire da se stesse.

Nuova Galleria Morone

L’autocoscienza femminista in campo artistico si concretizza in una nuova modalità di rappresentarsi e rappresentare. Ciò che sta a cuore ad artiste come Carla Accardi, Elvira Banotti e Carla Lonzi, creatrici del “Manifesto di rivolta femminile”, è che la donna non si definisca più in rapporto all’uomo. L’uguaglianza non è altro che un tentativo ideologico di asservire la donna, e proprio per questo va rifiutata.

Il fine non è quindi individuare nuove modalità espressive specificamente femminili, ma vedersi riconosciuta la possibilità di esprimersi al pari di un artista uomo. Le artiste iniziano a lavorare su problemi fino ad allora ignorati, mettendo in discussione meccanismi di competitività e potere consolidati.

I riferimenti alla storia dell’arte sono espliciti e significativi. L’Odalisca di Libera Mazzoleni è il ribaltamento letterale di quella di Ingres. Il nudo dipinto dall’artista è destrutturato e indagato in ogni suo particolare, in ogni  suo gesto. Nonostante rifugga la militanza, Mazzoleni non evita il confronto con la questione femminile, che affronta con un’arte introspettiva, quasi autobiografica. Il corpo femminile viene ridefinito, staccato dalla visione maschilista veicolata con forza dai mass media.

Libera Mazzoleni, L'odalisca, 1973-2019
Libera Mazzoleni, L’odalisca, 1973-2019

Anche Paola Mattioli sceglie di esprimersi attraverso la propria macchina fotografica, che diventa il canale di comunicazione tra lei e la donna che sta dall’altra parte dell’obbiettivo. I suoi scatti sono infusi di una dialettica tra ritratto e autoritratto, lontana dall’oggettivazione e dalla volontà documentaria. La maternità e la retorica con cui questa viene trattata sono tematiche centrali della sua ricerca. Mattioli rappresenta le donne incinta senza censure, diventando essa stessa il soggetto di Pance, opera realizzata mentre era in attesa della figlia. Tramite il collage, l’artista porta l’attenzione sulla differenza tra la naturalezza della gravidanza e i modi in cui essa viene vista dall’esterno.

Paola Mattioli, Pance / 1, 1975, serie 1-5
Paola Mattioli, Pance / 1, 1975, serie 1-5

Così come nelle strade, anche nel mondo dell’arte la dimensione corale assume un’importanza non secondaria. Nonostante ogni artista porti avanti una ricerca personale, il bisogno di conoscersi e confrontarsi è una necessità impellente. Nascono luoghi di aggregazione come la Galleria di Porta Ticinese, fondata nel 1973 da Gigliola Rovasino e subito diventata luogo di incontro e spazio di azione attiva.

Questo è il clima in cui, nel 1976, nasce il Collettivo Donne fotoreporter. Sette fotografe (Liliana Barchiesi, Kitti Bolognesi, Giovanna Calvenzi, Marisa Chiodo, Marzia Malli, Laura Rizzi, Livia Sismondi) unite da un media e da un soggetto. Gesti e oggetti della casalinga è una ricerca collettiva sui gesti tradizionalmente associati alla dimensione femminile, dalla pulizia della casa ai pomeriggi passati dal parrucchiere.

Attività e ruoli preconfezionati e quotidianamente indossati da intere generazioni, di cui fornisce una rassegna anche Marcella Campagnano ne L’invenzione del femminile. RUOLI, scenografico e critico specchio della contemporaneità.

Marcella Campagnano, L'invenzione del femminile RUOLI, 1974
Marcella Campagnano, L’invenzione del femminile RUOLI, 1974

Tra il 1970 e il 1980 dunque le donne di Milano scendono in piazza a reclamare per l’abrogazione del divorzio, la condanna degli atti di stupro, la libertà. Il femminismo diventa una questione difficile da ignorare, così come la volontà di artiste, critiche e curatrici di conquistarsi un posto in una storia dell’arte governata da grandi uomini. Il volume “Gesti di rivolta”, edito da enciclopediadelledonne.it in occasione della mostra, fornisce un’interessantissima occasione di approfondimento sulle idee che hanno animato queste personalità, così come i documentari di MemoMI (La Memoria di Milano) che accompagnano le opere all’interno della galleria.

Informazioni utili 

Gesti di rivolta – Arte, fotografia e femminismo a Milano 1975 – 1980

9 settembre – 31 ottobre 2020

Nuova Galleria Morone, via Nerino 3, Milano

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