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Quando l’arte parla di resilienza: “Deluge II” di Philip Guston 

Philip Guston, Deluge II, 1975

Un dipinto può catturare al contempo la nostra impotenza e la nostra capacità di ricostruire faccia a una catastrofe. Kayla Dalle Molle, del dipartimento pittura e scultura del MoMA, offre uno sguardo ravvicinato sull’opera di Philip Guston Deluge II, vedendoci non soltanto connessioni con il momento storico presente, ma la promessa speranzosa di poter ricreare un mondo dopo il diluvio.

Artista statunitense, Philip Guston (Montréal, 27 giugno 1913 – Woodstock, 7 giugno 1980) fu tra i primi esponenti dell’Espressionismo Astratto. Dopo che il padre si tolse la vita, nel 1923, trovò conforto nel mondo dei fumetti e dei cartoni animati. In seguito ad alcuni mesi di lezioni all’Otis Art, iniziò un percorso totalmente autodidatta. I suoi primi lavori sono per lo più figurativi, e iniziò a farsi conoscere dipingendo murali nei locali dei gruppi antifascisti, su edifici pubblici e residenze private. Nel 1934 compì un viaggio in Messico e lavorò come assistente del pittore muralista David Alfaro Siqueiros.

Trasferitosi a New York, lavorò presso il Federal Art Project, sezione Arti murarie della Work Progress Administration, realizzando lavori che facevano riferimento ad artisti del Rinascimento come Mantegna e Giotto. Negli anni ’40 insegnò in diverse scuole, ma fu dopo il essersi aggiudicato il primo premio al Carnegie Institute di Pittsburgh che ottenne un discreto successo. Trasferitosi definitamente a Woodstock, si allontanò dall’astrattismo per creare un figurativismo personale influenzato dai fumetti. Lo scarso successo lo allontanò tuttavia progressivamente dall’ambiente dell’arte, fino alla morte, nel 1980.

Philip Guston, Deluge II, 1975

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