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Istinto, cuore, sensibilità. Focus sulla Collezione Shrem in asta da Sotheby’s New York. Il racconto di Maria Manetti: l’arte di dare

Maria Manetti Shrem & Jan Shrem

“Io e Jan abbiamo goduto di questa arte per buona parte della nostra vita; ora è tempo di dare indietro agli altri parte della fortuna che siamo riusciti a creare dal nulla.” L’arte di (ri)dare, The Art of Giving come recita il titolo del prezioso catalogo a firma Maria Manetti Shrem e Jan Shrem. Una collezione d’arte importantissima, con nomi del calibro di Picasso, Fontana, Dominguez, Nauman, Not Vital, Richard Long, Paladino, che vedrà sfilare sulla passerella newyorkese alcuni veri e propri capolavori. 17 per la precisione, come il mistico Concetto Spaziale color Blu Klein di Lucio Fontana e il seducente ritratto di Jacqueline di Pablo Picasso (il top lot, stimato 18-25 milioni di dollari) ispirato alla meravigliosa (e scandalosa) Olympia di Manet. Opere che illumineranno gli incanti delle New York Sales di Sotheby’s il prossimo maggio (16-19 maggio), il cui ricavato andrà a finanziare le oltre 45 cause artistiche e medico-scientifiche da sempre care alla coppia. Per la prestigiosa occasione abbiamo incontrato Maria Manetti, di passaggio nell’amata Firenze prima di tornare nella “sua” San Francisco, dove si è trasferita a 32 anni, costruendo da zero il proprio successo attraverso un sistema di distribuzione internazionale per marchi come Fendi e Gucci che, a sua volta, ha contribuito a trasformarli nei brand globali che sono oggi. Non solo imprenditori visionari e collezionisti appassionati ma, soprattutto, mecenati e filantropi, che hanno concretamente dato vita al mantra: l’arte di vivere è l’arte di dare. Di donare, grazie (anche) all’arte.

“Ora il ruolo più importante della mia vita è motivare i giovani, sostenere sia i talenti che i più bisognosi, dedicarmi completamente alla filantropia… credo fermamente che l’arte di vivere sia l’arte di dare”. (Maria Manetti Shrem)

Luca Zuccala: L’importanza e il valore dell’arte e della cultura per lei e suo marito sono nevralgici. Qual è il filo rosso che illumina la vostra collezione? Ci può raccontare questa passione del collezionare?

Maria Manetti Shrem: Il valore della cultura è la base di tutto per me e mio marito. La mia vita nello specifico è cambiata radicalmente per via dell’istruzione scolastica che ho ricevuto da bambina grazie a un mio zio siciliano, Marcello, il quale suggerì a mia mamma di farmi studiare piuttosto che mandarmi a lavorare come tutte le altre ragazzine, perché aveva visto in me qualcosa di speciale da coltivare. Mia madre, Tosca, andando contro un trend delle famiglie modeste negli anni ‘50, decise così di “investire” nel talento di uno dei suoi 4 figli, fornendomi le basi culturali che hanno alimentato la mia curiosità per il sapere, i viaggi, la scoperta e la vita. Essendo, però, l’anno accademico già cominciato, l’opzione restava solo quella di un tutor privato. Fu allora un privilegio assoluto avere una maestra tutta per me: Flora Cascio, anche lei siciliana — non la dimenticherò mai! — la quale mi diede basi eccezionali per inserirmi presto a scuola, e subito dopo entrare nel mondo del lavoro con un’impresa di moda creata da me agli inizi degli anni ’60 per esportare le creazioni italiane in Europa e in America.

Aldo Gucci e Maria Manetti Shrem

Mio marito parla fluentemente 7 lingue, un cultore dell’arte da sempre. Studiò architettura a UCLA perché il suo sogno era di fare l’architetto. Poi le vicende della vita lo portarono in Giappone e da lì il suo business di successo internazionale esplose invece nell’editoria. Ma l’arte è sempre stata la sua più grande passione, collezionando già dai primi anni ’70, sia arte moderna, sia arte contemporanea per quasi mezzo secolo. Jan ha avuto sempre una speciale predilezione per Redon, Matta e Dominguez, e ovviamente Dalì, Bacon, Fontana e Picasso, che comprò alla fine degli anni’ 90. Io, invece appassionata di opera lirica, ho iniziato a collezionare arte nei primi anni ’90, pensando a delle opere scultoree di una certa dimensione per la grande villa toscana che avevo deciso di costruire a Napa, Villa Mille Rose. Per qualche mistero mi sono ritrovata a collezionare molti artisti inglesi: tra questi ho cominciato con Mark Quinn e Richard Long, mentre fra le ultime opere che ho comprato c’è una scultura di Not Vital. Ora vanno tutte all’asta da Sotheby’s a New York dal 16 al 19 maggio. Per quanto diversi, io e mio marito abbiamo sempre trovato nell’istinto il nostro rispettivo “sesto senso” di collezionisti. Se un’opera ci parla, ci trasmette delle emozioni, è lì che puntiamo con il cuore: i colori, la luce, la forma, la provocazione e la sensualità che l’artista riesce a esprimere.

L’asta, che si terrà a maggio NYC, è stata affidata a Sotheby’s su consulenza artistica di Gagosian guidata da Laura Paulson, ed è intitolata “The Art of Giving”, seguendo uno storytelling creato dal team diretto dal suo philanthropy strategist e biografo, Mauro Aprile Zanetti. Parte del ricavato andrà in beneficienza.
Pablo Picasso, Femme nue couchée jouant avec un chat, 1964, estimate $18-25 million
Pablo Picasso, Femme nue couchée jouant avec un chat, 1964, estimate $18-25 million
Pablo Picasso, Femme nue couchée jouant avec un chat, 1964, estimate $18-25 million

Ci può dire qualcosa delle opere che andranno all’asta, aneddoti e curiosità?

Alla fine della scorsa estate ho affidato alla divisione consulting di Gagosian Gallery, guidata da Laura Paulson, di gestire insieme al mio philanthropy strategist e biografo, Mauro Aprile Zanetti, la competizione tra le case d’asta Christie’s e Sotheby’s. Quest’ultima, dopo una lunga e dettagliata raccolta di dati, informazioni e storytelling sulla mia vita creato da Mauro, si è aggiudicata il nostro “auction lot”, presentando un piano completo di un’offerta che meglio valorizzava le opere e le nostre aspettative di marketing e comunicazione. I proventi dell’asta andranno in un fondo dedicato, i cui ricavi verranno devoluti tra gli oltre 45 programmi di beneficienza che sosteniamo in USA, Italia, UK, Francia e Messico, spaziando dal mondo operistico e sinfonico all’istruzione, dall’arte alla ricerca medico-scientifica a supporto di talenti e persone più bisognose.

Ritornando a casa mia a San Francisco da un recente viaggio in Cile, ho sentito quel vuoto per l’assenza soprattutto del Picasso e di Dominguez, a cui ero più particolarmente affezionata. Ma quando ho pensato all’impatto che possiamo creare con la loro vendita per dare supporto alla ricerca artistica e scientifica, il mio cuore si è riempito di una gioia ancora più grande di quella parete bianca. Mauro poi mi ha fatto sorridere, scherzandoci sopra, commentando in merito al muro bianco: “Adesso hai un bel Malevich, ‘Bianco su bianco’”. In fondo, io e Jan abbiamo goduto di questa arte per buona parte della nostra vita; ora è tempo di dare indietro agli altri parte della fortuna che siamo riusciti a creare dal nulla.

Óscar Domínguez, Le plus clair du temps II, 1943
Lucio Fontana, Concetto Spaziale, Attese, 1968. Stima: $1.8-2.5m

Maria, lo possiamo dire, delle 17 opere in asta lei è la vera e propria “diciottesima opera”, grazie alla sua “missione” di mecenatismo e beneficenza…

L’auction volutamente non ha solo il nome dei collezionisti, Manetti-Shrem, ma persino un titolo, “The Art of Giving” — come indicato strategicamente da Mauro – è evidente, dunque, che lo storytelling multimediale creato insieme a Sotheby’s e Gagosian non fa mistero di voler mettere al centro di questa collezione la mia “arte di vivere come arte di donare. ”A questa altezza della mia vita, io specificamente perseguo il “distacco” dai beni materiali come mia ultima grande missione. Poter anche fare del bene e indicare la strada ad altri filantropi con il mio esempio completa l’opera di una vita dedicata alla ricerca della bellezza, del bene e dell’amore, ora più che mai l’amore verso il prossimo. Filantropia non vuol dire per l’appunto “amore per l’umanità”?

Maria Manetti
Maria Manetti Shrem e Jeff Koons

Torniamo all’asta. Un’opera che condensa una passione: Il Pegaso di Redon. L’arte e la coltivazione dei vigneti hanno avuto un ruolo fondamentale per i Manetti Shrem. Ci può dire meglio di Clos Pégase?

Jan ha sempre amato il vino e l’arte allo stesso modo. È riuscito a portare queste due passioni ai livelli della perfezione di un’opera d’arte in sé. All’inizio degli anni ’80, dopo essersi ritirato dal mondo dell’editoria, ha deciso di costruire un monumento a queste due passioni, creando a Napa Valley la leggendaria cantina, Clos Pégase, progettata dall’architetto Michael Graves (vincitore di un prestigioso concorso indetto per il progetto dal MoMA di San Francisco) e successivamente descritto dal Washington Post come “il nostro primo monumento al vino e all’arte”, riferendosi all’America.

Da allora, l’idea di arredare le prestigiose cantine e i meravigliosi vigneti della Napa Valley con opere d’arte di grande effetto è diventata una specie di tendenza, di cui Jan Shrem è il principale artefice e pioniere. In Pégase di Redon le due passioni di Jan si fondono perfettamente. Non a caso il cavallo alato è stato per molti anni l’emblema di Clos Pégase. E allo stesso tempo Pégase è anche un tema ricorrente nell’opera di Redon: è il simbolo della libertà e della creatività, due elementi che Jan e io abbiamo coltivato e cercato di stimolare in noi e nei nostri amici particolarmente in questa ultima decade.

Odilon Redon Pégase, 1905 Stima: $30,000-50,000
Bruce Nauman, Study for Dream Passage, 1984. Stima 250-350 mila dollari

Mauro Aprile Zanetti sta curando un biopic sulla sua vita. Qual è la missione di questo documentario?

Ho scelto Mauro anni fa con l’idea di scrivere e creare un biopic sulla mia vita, avendo lui un’eccezionale conoscenza della cultura italiana e di quella americana, in cui la mia vita si incastona perfettamente tra: sentimento del Rinascimento, cioè la mia Firenze e il profondo “cultural background” che mi ha dato; e il “California dreaming” incarnato dalla mia San Francisco e dal sogno americano, che sono riuscita a creare, vivere e condividere con più persone possibili, sostenendo la meritocrazia. L’idea è di raccontare come io mi sia sempre dovuta reinventare sin da ragazzina; successivamente da giovane donna rinunciando a tutto quanto avevo creato nella mia adorata Firenze, consapevole di dover ripartire da zero pur di seguire il mio cuore nel nuovo mondo; e infine da signora, dovendo imparare di gran corsa e nelle difficoltà di un cuore infranto a saper gestire i miei asset.

Tuttavia, ho sempre continuato a sognare con determinazione e resilienza, vivendo la vita nella sua meravigliosa pienezza, illuminata dalla bellezza dell’opera lirica e dell’arte, dall’amicizia e dall’amore. Pertanto, vorrei poter motivare i giovani e più persone possibili a vivere la vita da protagonisti: sognando in grande, senza aver paura, incoraggiandoli a non mollare mai e a reinventarsi; oltre che mostrare ad altri benestanti quanto bene si possa fare per l’umanità, condividendo persino una piccola parte della propria fortuna da vivi –“dando con la mano calda e non da morti” come mi piace dire–, per rendere il mondo un posto un po’ migliore, qui e adesso, non domani.

Maria Manetti Shrem, Mauro Aprile Zanetti e Eva Zanetti by Drew Altizer

Manetti Shrem Museum of Art

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