Galleria Christian Stein presenta una retrospettiva di Luciano Fabro (Torino, 1936 – Milano, 2007), visitabile sino al 12 ottobre. In mostra nella sede di corso Monforte opere storiche che tornano in esposizione dopo tre decenni: «Il giorno mi pesa sulla notte II» del 1994-96, «AR» del 1990 e «Quid nihil nisi minus» del 1969.
Luciano Fabro non è nuovo alla galleria Stein. Infatti la prima apparizione risale al 1967, quando venne invitato a partecipare a una collettiva, a cui presero parte tra gli altri Boetti, Kounellis, Merz, Paolini, Twombly. L’ultima mostra personale è invece del 1999. Dall’iniziazione sino a oggi sono state diverse le occasioni per ammirare le opere di Fabro negli spazi Stein, sia a Torino che Milano. Nel 2015 la sede centrale di corso Monforte e quella periferica di Pero ospitarono una grande retrospettiva dell’artista. Si tratta dunque di una lunga relazione, fondata su fiducia reciproca e comunione d’intenti. I titoli hanno sempre rivestito per lui un’importanza simbolica. In quest’associazione sembrano funzionare tra loro come in un rebus. Un modo di creare relazioni tra opere e titoli che all’artista, in qualità di scultore e scrittore, piaceva molto. Fabro mirava a instillare nello spettatore la curiosità e stimolare l’immaginazione, costruendo nessi tra immagini e parole.
«AR» deriva dalla radice indoeuropea ar (muoversi, comportarsi in modo corretto) e ci riporta dunque alle origini stesse del fare e del creare. Muoversi, comportarsi in modo corretto, ecco il significato originario di AR, da cui derivano termini come ars, dal latino, arte, abilità e mestiere, e artus, che indica il suo prolungamento del corpo verso l’esterno. Un’accezione, quella di ars, che richiamava la capacità di fare armonicamente, di operare con abilità e maestria. E’ in questo solco che si inserisce l’opera di Fabro, che con i suoi quattro teli in garza di cotone naturale ci invita a un’esperienza immersiva e riflessiva. I teli, intinti parzialmente nell’inchiostro e disposti nello spazio a formare la lettera AR, diventano essi stessi un’opera d’arte, un invito a esplorare le connessioni profonde tra arte, psicologia e percezione. I motivi gialli e rossi riprendono le macchie di Rorschach, immagini simmetriche il cui significato risiede proprio nell’interpretazione individuale. L’opera si sposta così dal piano della rappresentazione a quello della percezione, invitando lo spettatore a un viaggio introspettivo, a una ricerca di senso personale. I teli con le macchie di Rorschach, esposti in occasione della mostra personale al PAC di Milano nel 1980, assumevano un ulteriore significato. Distesi e appesi dal soffitto, segnalavano la soglia di ingresso in diverse installazioni, divenendo metafora del passaggio verso nuove esperienze e nuove dimensioni della conoscenza. AR, dunque, diviene metafora di un concetto universale che attraversa l’arte, la psicologia e la percezione umana. Un invito a esplorare, a riflettere, a cercare connessioni profonde tra noi stessi e il mondo che ci circonda.
Si colloca conseguente ad «AR», non soltanto per consecutio, ma anche stilisticamente, «Il giorno mi pesa sulla notte». Affronta il rapporto tra arto e arte, tra l’idea e il fare artistico che porta alla materialità, realizzando l’idea attraverso il ricorso alla licenza poetica, ovvero l’immaginazione e la sensibilità dell’artista. La frase incisa su una lastra di marmo, Quid nihil nisi minus, allude alla morte dell’arte per assenza di fantasia e sapienza stilistica, un collasso provocato dal riduzionismo radicale che tendendo al minimale conduce al nulla. Un percorso opposto a quello di Fabro che sosteneva come l’artista porti le cose e la materia fuori dal nulla per assumere una forma artistica, elevandoli con estetica e maestria tecnica. L’opera d’arte, dalla duplice natura concreta e metaforica, possiede un quid misterioso, che la rende trascendete e al contempo partecipe della realtà.
Già nel titolo di «Il giorno mi pesa sulla notte II» aleggia un senso di poesia, che raccoglie un’esperienza personale, lasciando aperta la porta a un senso di inadeguatezza condiviso. Tre blocchi di pietre diverse, di cui una chiara, un’onice, gli altri due scuri in marmo Nero Marquina, compongono l’opera. L’onice, a prima vista informe, sembra una scheggia, un macigno, un masso rotolato dalla montagna verso valle. In questo senso, quel blocco, viene presentato nella sua consistenza primitiva e naturale. Un lavoro di scalpellini eseguito senza troppi abbellimenti. Gli altri due pezzi di marmo scuro sono invece molto lavorati dalla mano dell’uomo che con fatica, tecnica, intelligenza e creatività li ha trasformati in una forma artificiale. Fabro sosteneva «Se la pietra diventa fiore non contiamo che sia pietra, né che sia fiore, è altro: scultura». Una qualità espressiva e trasformativa che è il valore aggiunto alla materia dall’intelligenza e fantasia dell’artista. Due facce alla base del fusto presentano una serie di scanalature circolari che servono a far apparire quel tronco di colonna come un foglio di carta arrotolato su se stesso, come fosse un manifesto. I piccoli segni in bianco che punteggiano la superficie, fanno immediatamente pensare al cielo stellato. Un’immagine, questa del manto stellato, partorita dai poeti che contemplavano il cielo a occhio nudo di notte. Il giorno, un blocco di pietra informe, pesa sulle due colonne, che sono la notte. Fabro afferma di essere incuriosito dall’immagine primordiale del cosmo inizialmente informe, che diventa creato attraverso la divina conoscenza. È evidente come in lui l’atto artistico nasca dal desiderio di arricchire il mondo di bellezza, per dare un senso alla vita e alla morte, per continuare a contemplare il cosmo, il cielo stellato di notte anche quando il giorno pesa sulle nostre teste come un macigno.
Informazioni
Galleria Christian Stein | Corso Monforte 23, Milano
Da Lunedì a Venerdì: 10 – 19 | Sabato: 10 – 13, 15 – 19
+39 02 76393301 | info@galleriachristianstein.com | www.galleriachristianstein.com
Prossimamente alla Casa Degli Artisti, in corso Garibaldi 89/A, Milano: intitolazione dello studio dell’artista e presentazione di un’opera.