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This is Everyday Violence. Luigi Meneghello e Giorgio Verzotti, intervista doppia

LA FATICA DEL ROSSO, 2005, Stampa su carta | Ph Pierluigi Meneghello LA FATICA DEL ROSSO, 2005, Stampa su carta | Ph Pierluigi Meneghello
LA FATICA DEL ROSSO, 2005, Stampa su carta | Ph Pierluigi Meneghello
LA FATICA DEL ROSSO, 2005, Stampa su carta | Ph Pierluigi Meneghello

Il M.A.C. di Milano presenta, fino al 19 novembre 2017, la mostra This is Everyday Violence, personale di Pier Luigi Meneghello (Vicenza, 1950), a cura di Giorgio Verzotti. Una selezione di 28 opere di Meneghello realizzate tra i primi anni ’90 e il 2017, da cui emerge con forza uno dei temi centrali del lavoro dell’artista: il rapporto tra gli esseri umani e l’ambiente che li ospita.

La violenza, esplicitata nel titolo, diventa soggetto del ciclo di opere presentate ed è raccontata attraverso un linguaggio allegorico che nel corso della sua lunga e coerente ricerca l’artista ha elaborato, trovando nella fotografia il suo esito fino a oggi più frequentato. I cicli di opere che Meneghello presenta spaziano attraverso diversi strati di questa tematica: opere dal forte impatto visivo, che attribuiscono alla “messa in scena” un valore simbolico arbitrario, non legittimato da alcuna consuetudine.

È la violenza di cui siamo testimoni ogni giorno che tocca maggiormente la sensibilità dell’artista, quella a cui lo spettatore sembra assuefatto per via dell’alienante potere dei mezzi di informazione. La consuetudine alla violenza anestetizza l’occhio di chi guarda, rendendo necessario l’intervento di uno sguardo critico come quello espresso dell’autore.

Abbiamo intervista sia l’artista, Pier Luigi Meneghello, che il curatore, Giorgio Verzotti.

  • Il file rouge del suo ciclo di opere è la violenza di cui siamo testimoni ogni giorno, quella violenza che scaturisce tra lo scontro tra gli esseri umani e l’ambiente in cui viviamo. Da cosa sorge questa necessità di descriverla?

PIER LUIGI MENEGHELLO – La necessità del mio operare in questo aspetto della vita che ci riguarda da milioni di anni, non è in fondo che una storia di ri – soluzione di violenza, un esercizio ascetico per tirarmene fuori, con i mezzi e i linguaggi dell’arte che si ramificano nel mio caso anche in altre forme e categorie di pensiero.

  • Il suo mezzo espressivo più utilizzato per descrivere questa violenza è la fotografia, ma non è l’unico. Quali altri tipi di supporto e materiali predilige per le sue sperimentazioni?

Non ho preferenze in particolare per nessun supporto o materiale, dal momento che non vedo nulla di insignificante in se, quello che può essere insignificante non sono le cose stesse o in se stesse ma il rapporto che intrattengo o no con loro, cosi come le cambio e dispongo nello spazio, nel tentativo di ricomporre la realtà. I buchi provocati dagli spari presenti in alcuni lavori esposti, mostrano la relazione tra soggetto e oggetto. Alla base di tutto questo comunque sta il disegno, la prima idea, la sua composizione con le immagini i collage e i pensieri.

  • Le opere che saranno esposte spaziano dai primi anni ’90 sino all’anno corrente. Come si è sviluppata la sua ricerca e la sua visione del mondo in questi anni? Quanto i cambiamenti sociali e politici influenzano la sua produzione?

Il mio lavoro nell’arte inizia in realtà nei primi anni ’80 con la pittura, installazioni e altro. Sin da allora ho sempre amato spaziare in altre forme di conoscenza anche scientifiche, come la fisica, la cosmologia, l’ecologia (faccio anche il giardiniere) poi la letteratura, l’architettura, l’impegno politico, e la fotografia, credo che tutto questo abbia sempre influenzato indirettamente o meno la mia ricerca e che derivi da qui il variare delle mie forme espressive come l’uso dell’allegoria vista come inter-testualità, (almeno in certi lavori) consentendomi così un più ampio raggio di azione e di complessità, quindi una visione più stratificata, che strato dopo strato interroga “l’adesso” ritornando allo stesso tempo nella profondità della situazione in cui vivo.A lunga distanza posso dire che questo mio percorso come questa mostra è strutturato come un poema. 

ATTRAVERSO LO STIGE, 1999, stampa su carta, 120 x 120 cm PH Pier Luigi Meneghello
ATTRAVERSO LO STIGE, 1999, stampa su carta, 120 x 120 cm PH Pier Luigi Meneghello

Risposte di Giorgio Verzotti

  • Quanto è importante l’allegoria all’interno dei lavori dell’artista?

GIORGIO VERZOTTI – L’allegoria è una figura retorica su cui sono costruite molte delle fotografie di Meneghello. Le potremmo definire “allestimenti” di oggetti che assumono particolari significati simbolici, del tutto personali e interamente da decifrare.

  • In una produzione così varia ed estesa nel tempo, qual è l’elemento di continuità che contraddistingue questi lavori?

In un lavoro artistico così lungo è difficile trovare un unico filo conduttore, se mai se ne possono trovare diversi, spesso indotti dalle tecniche addotte e dai particolari linguaggi da esse resi possibili. Direi che un comune denominatore, presente in tutto il lavoro, è l’attenzione per l’ambiente naturale, un sentimento che diventa via via sempre più allarmato.

  • La tematica trattata, la violenza, il conflitto tra essere umani e ambiente sono temi attuali, molto ripresi e rimaneggiati nel mondo dell’arte. Qual è la peculiarità del lavoro di Meneghello nei confronti di queste tematiche?

Non mi sembra che nel mondo dell’arte contemporanea si senta una particolare attenzione ai temi della violenza, fra esseri umani e fra questi l’ambiente, anzi…Nell’arte italiana almeno sono pochi gli artisti che giungono a questi livelli di sensibilità, come sempre siamo un popolo di formalisti. Bisogna piuttosto andare fuori (vedi l’ultima Documenta, quanti italiani c’erano??) per trovare una simile consapevolezza e la volontà, che ha Meneghello, di tematizzarla nell’opera d’arte.

REMAPPING THE WORLD, 2007, stampa su carta, 120 x 160 cm PH PierLuigi Meneghello
REMAPPING THE WORLD, 2007, stampa su carta, 120 x 160 cm PH PierLuigi Meneghello

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