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Le costellazioni umane di Massimo Vitali a Torino. Intervista al curatore Andrea Busto

Massimo Vitali. Carcavelos Pier, 2016
Massimo Vitali. Carcavelos Pier, 2016

Le costellazioni umane di Massimo Vitali in mostra al Museo Ettore Fico a Torino dal 26 febbraio al 5 luglio. Intervista al curatore Andrea Busto

I suoi paesaggi umani contemporanei sono ricercati dal collezionismo internazionale e presenti nei grandi musei come il Guggenheim di New York, la Fondation Cartier di Parigi, il Centro de arte Reina Sofia di Madrid o il Museo Pecci di Prato.  Massimo Vitali, uno dei più autorevoli artisti italiani, dal 1995 si dedica alla fotografia artistica. Le sue opere in formato extra-large registrano con una incredibile nitidezza nei dettagli e dall’alto della sua regia distaccata spiagge, dune di sabbia, scorci di montagne, scogli e discoteche animate da una moltitudine di persone.

Massimo Vitali

Al Museo Fico di Torino, il 26 febbraio aprirà una mostra con 30 grandi opere selezionate nei 25 anni di produzione di Massimo Vitali. E di questa importante esposizione ne parla il curatore Andrea Busto ad ArtsLife.
“Abbiamo un grande fotografo che è vivente e operante e italiano, ma soprattutto che può essere paragonato ai grandi fotografici come il tedesco Andreas Gursky o come i grandi classici. E questa mostra vuole essere un modo per conoscere e approfondire il lavoro di questo artista”

Con che criterio è stata operata questa scelta per la mostra antologica di Torino e in che formati sono esposte le opere?
“Intanto si sentiva la necessità di fare una mostra antologica di Massimo Vitali perché da un po’ di tempo non si vedeva, soprattutto qui a Torino, una mostra così completa. Con tanti esempi del suo lavoro e con uno share di opere importantissime che vanno dal Picnic  alle spiagge italiane fino al concerto di Jovanotti che si è tenuto l’anno scorso. E i formati sono quelli canonici che vanno dai 150 ai 200 centimetri, i grandi formati di Vitali”.

Massimo Vitali. Carcavelos Pier, 2016

Il mondo di Massimo Vitali non è documentazione ma appare agli occhi del pubblico come sospeso in un fermo immagine cinematografico.
“È come se fosse una grandissima recita collettiva. E come se improvvisamente tutti quanti cominciassero a recitare una parte in modo un po’ inconscio. E mi sembra molto legata alla teatralità dei grandi artisti come Canaletto, come Guardi, come i grandi vedutisti dove le figure recitano una parte di figuranti. Sono tutti figuranti in qualche modo che lavorano per dare a Vitali la possibilità di dire che ha fotografato una grande scena teatrale, una scena cinematografica, una scena di massa. Come ci trovassimo di fronte alla grande veduta di Via col vento, quella landa desolata con tutti i feriti e le persone che vengono curate. Come un carrello dall’alto che guarda un immenso spazio animato”.

Massimo Vitali. Kappa Futur Festival Fake Whellchair, 2019

Il lavoro di Massimo Vitali si può anche leggere come una specie di indagine sociologica e antropologica della massa intesa come gruppo eterogeneo di individui che si muovono nella stessa direzione?
“C’è sempre all’interno delle opere di Massimo Vitali, visto che parla della gente, questa componente sociologica importante. Si nota però un’attenzione anche al dettaglio e spesso sceglie il titolo delle sue opere in base, per fare un esempio, a tre persone che hanno tre costumi diversi, come in Cefalù del 2008, dove titola Cefalù Orange, Yellow, Blu, perché ci sono tre costumi da bagno in primo piano di questi colori perciò è vero che si parla della massa ma si parla anche sempre dell’importanza del dettaglio”.

Massimo Vitali. Plage de l’Estaque, 2017

Un particolare che salta all’occhio è il silenzio che regna in questa moltitudine come se ci fosse uno distacco tra i paesaggi come montagne, scogli o dune e questa vasta e piccola umanità.
“C’è una componente metafisica certo ma dobbiamo ricordarci che Vitali è italiano e di conseguenza abbiamo negli occhi le grandi piazze di De Chirico e i grandi spazi metafisici e c’è questo silenzio che alberga in qualche modo all’interno delle sue opere. Però è anche è vero che lui ama molto il rumore e la musica e sono tante le sue foto delle discoteche. Ha cominciato nel 1997 con gli interni delle discoteche e poi i grandi raduni a Torino e l’anno scorso il Jova Beach Party Pink”.

Massimo Vitali. Jova Beach Tour, 2019
Massimo Vitali. Jova Beach Tour, 2019

Sembra che le opere più recenti vogliano sottolineare maggiormente la realtà e la fotografia appare più documentaria?
“È vero. Prima le figure erano quasi dei manichini e adesso sembrano più umane”.
Due volumi antologici editi da Steidl, documentano il lavoro dell’artista con le riproduzioni di tutte le opere esposte.

Massimo Vitali. Riccione Black Bikini, 1997

www.museofico.it

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