
Fino al 16 febbraio 2025, il Museo di Santa Giulia mette in scena Il Rinascimento a Brescia. Moretto, Romanino, Savoldo. 1512-1552, mostra che attraverso i dipinti dei tre artisti racconta il ruolo simbolico dell’abbigliamento nel Cinquecento.
Figure severe, ben impostate, cristallizzate nel silenzio austero dei ritratti. Eppure capaci di aprirsi, parlare di sé attraverso ciò che il pittore ha messo loro intorno a simbolo di ciò che di loro non si vede. O attraverso quello che indossano, come una grammatica di tessuti e gioielli capace di veicolare vezzi e virtù, modi d’essere o di sentirsi, quel che si è e quel che si vorrebbe essere.
Un testo fatto di abiti e accessori che il Museo di Santa Giulia legge per noi nella mostra Il Rinascimento a Brescia, dove la moda del Cinquecento è indagata per mezzo dei dipinti che l’hanno rappresentata. I colori, le trame, i contrasti, le fogge, i ricami, i dettagli: il vestiario si presta da subito all’acume dei pittori del tempo, che vedevano in esso una possibilità tecnica ed espressiva, così come uno strumento per esprimere gli obiettivi comunicativi dei soggetti ritratti.
In particolare, l’esposizione si concentra sulle opere di Moretto (1496 circa – 1554), Romanino (1484/1487 – 1560) e Savoldo (1480/85 – post 1548), protagonisti indiscussi di una delle stagioni gloriose della pittura italiana, interpreti della moda dell’epoca, dettata in primis dalle corti di Milano e Mantova. Ma anche Brescia che, in quanto centro di approvvigionamento di tessuti, poteva contare su famiglie facoltose, amanti del lusso e in cerca di visibilità.

La visibilità, in quanto veicolo di ciò che si è, o di quanto di sé si vorrebbe mostrare, vedeva nell’abbigliamento un elemento simbolico fondamentale. L’esclusività dei colori e delle trame preziose, i materiali ricercati, gli inserti in pelliccia, le collane e gli anelli, le piume e i ricami rimandavano agli emblemi delle diverse case nobiliari, e in maniera indiretta ne rappresentavano il potere.
In tal senso, la coppia di sposi Girolamo Martinengo ed Eleonora Gonzaga, raffigurati da Moretto, è un perfetto connubio tra raffinatezza e ostentazione. I due convolano a nozze il 4 febbraio 1543 con un matrimonio fastoso e scenografico, durato giorni tra sontuosi banchetti, cortei e spettacoli, per il quale erano previsti numerosi cambi d’abito e lo sfoggio di gioie preziose.
Ori e perle, gemme destinate unicamente alle donne sposate, arricchiscono l’elaborata acconciatura di Eleonora, mentre il suo abito in raso bianco e impunture dorate è realizzato con tessuti corposi, consistenti, che accentuano l’effetto plastico e pittorico, oltre a essere un chiaro rimando all’agiatezza della dama, dato che per l’imbottitura venivano impiegati molti tessuti, perlopiù costosi. Al suo fianco Girolamo, condottiero della Serenissima, si presenta con un abbigliamento da “ultima moda uomo”, in nero con ricami dorati e copricapo completo di piuma.

Interessante poi, seguendo una sorta di storiografia dei colori, come il nero proprio in quegli anni andasse perdendo il ruolo di “colore del diavolo”, o di sfumatura da contadino, per diventare la palette più amata dai rampolli delle famiglie più ricche. La ragione è delle più ovvie e discutibili al tempo stesso: essendo una tinta molto difficile da ottenere, per la quale è richiesta una lavorazione lunga e particolarmente accurata, il suo costo non era a buon mercato, dunque diventava perfetto per chi voleva ostentare il proprio ricco status economico.
Vale la pena ricordare che il periodo è quello antecedente alla Controriforma, in cui l’esuberanza e lo sfarzo raggiungono il loro apice. Decenni di eccessi che trovano nell’abbigliamento una restituzione piuttosto precisa della loro audacia. Bombature sulle maniche, ricche decorazioni degli orli, bottoni gioielli, pelliccia di ermellino, medaglie applicate e farsetti. Ma tra gli accessori più curiosi, spicca sicuramente il pene finto, un sacchetto o un lembo a forma di conchiglia o di proboscide rialzata applicato con stringhe o bottoni alla parte anteriore dei pantaloni e riempito con tessuti o talvolta anche con carta. Come si diceva all’inizio? Gli abiti e il ritratto, una messa in scena utile a mostrare quel che si è. O quel che si vorrebbe essere.
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Informazioni utili
Il Rinascimento a Brescia. Moretto, Romanino, Savoldo. 1512-1552
Museo di Santa Giulia, via dei Musei, 81 b, 25121 Brescia BS
Fino al 16 febbraio 2025
www.bresciamusei.com
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