L’ETERNO ENIGMA DEL ZORZON
da La Tempesta alle 4 Allegorie del Bellini
29 agosto – 13 ottobre 2010, Palazzo Grimani – Venezia
Cala un magico alone di mistero su Palazzo Grimani. Vittorio Sgarbi porta Giorgione nelle sale di uno tra i più singolari degli edifici di Venezia, d’impianto veneto-bizantino gotico con decorazioni del manierismo centro-italiano, unico per la storia e l’architettura, meravigliosa miscela di elementi tosco-romani nell’ambiente veneziano.
I due nobili fratelli Grimani nel ‘500 rinnovarono la struttura del Palazzo di famiglia in Santa Maria Formosa chiamando a decorare le stanze artisti della “maniera” dell’Italia centrale quali Giovanni da Udine, Francesco e Giuseppe Salviati, Camillo Mantovano e Federico Zuccari. Il restauro del dicembre 2008 ha riportato il complesso all’antico splendore ora impreziosito da una serie di esposizioni di poche e selezionatissime opere. Dopo Giorgione presenzieranno Hieronimous Bosch con le Visioni dell’Aldilà e i quaderni del Canaletto.
Fino al 10 ottobre aleggia così l’enigma di Zorzi da Castelfranco, il Giorgione, in mostra con tre delle sue più celebri opere tutte provenienti dalle Gallerie dell’Accademia in fase di ristrutturazione: “La Vecchia” del 1506, “La Tempesta” del 1507-1508 e “La Nuda” del 1508, parte del famoso affresco dipinto sulla facciata del Fondaco dei Tedeschi oramai irrimediabilmente perduto (Tiziano completò l’opera dell’affresco di cui non rimane più nulla, deteriorato dall’umidità e dal tempo).
Questa mirata esposizione di capolavori è l’omaggio di Venezia al maestro di Castelfranco di cui ricorre il quinto centenario della morte (la più importante celebrazione l’ha dedicata la sua città natale – “Giorgione 1510-2010“). Il 16 ottobre “La Tempesta” si sposterà a Padova nella mostra agli Eremitani “Giorgione a Padova. L’enigma del carro“, fino al 16 gennaio 2011, ma le nubi del mistero non se ne andranno vista la serie di Quattro allegorie in arrivo sempre dall’Accademia di Giovanni Bellini, uno dei padri della pittura veneta, influenzato non poco dal Giorgione. Si veda la sublime Pala di San Zaccaria e le Madonne dell’ultimo periodo.
Passiamo in rassegna le 3 opere in mostra.
La Vecchia
Straordinario ed impietoso ritratto di una donna anziana, è un’evidente allegoria, come denuncia il cartiglio che ella regge con la scritta “Col Tempo”, con la mano che indica se stessa, la cui chiave di lettura è ancora controversa. Acquisita nel 1856 per le Gallerie dell’Accademia, la Vecchia faceva parte della collezione di Gabriele Vendramin ed è descritta negli inventari del 1567-1569 come “retrato della madre di Zorzon de man di Zorzon con suo fornimento”, ovvero la cornice originale tuttora in opera. Dal punto di vista conservativo, l’opera ha avuto molte traversìe, non ultima il trasferimento eseguito alla fine dell’800, su un supporto di canapa, tuttavia mantiene lo straordinario potenziale espressivo di un ritratto, poiché tale esso resta, al di là delle molteplici interpretazioni possibili.
La Nuda
Entro il 1508 Giorgione affrescò La Nuda sulla facciata del Fondaco dei Tedeschi sul Canal Grande: una decorazione strepitosa, che impressionò tutti i commentatori, da Vasari a Ruskin, purtroppo andata perduta nel suo insieme. Ma data l’importanza dell’edificio nella vita economica e sociale della città, la decorazione dell’intero palazzo doveva sviluppare un articolato programma iconografico, forse allegorico o mitologico, probabilmente legato ai temi della ricchezza e all’arte della mercatura. Staccato nel 1938 per preservare l’ultimo lacerto della grandiosa impresa, è conservato alle Gallerie dell’Accademia di Venezia.
Quattro letture differenti date da quattro studiosi del XX secolo su quest’opera: (da Wikipedia)
Edgard Wind sostenne che la Tempesta sia un grande collage dove la figura maschile rappresenterebbe un soldato, simbolo di forza, mentre la figura femminile andrebbe letta come la carità, dato che, nella tradizione romana, la carità era rappresentata da una donna che allatta. Forza e carità che devono convivere con i rovesci della natura (il fulmine).
Gustav Friedrich Hartlaub ipotizzò invece che l’opera potesse avere significati alchemici (trasformazione del vile metallo in oro) per la presenza dei quattro elementi: terra, fuoco, acqua e aria.
Maurizio Calvesi pensò ad un’unione tra cielo e terra di un scrittore neoplatonico.
mentre Salvatore Settis ritiene che le figure si possano interpretare come Adamo ed Eva dopo la cacciata dal Paradiso.
Le due figure, anche se possono essere interpretate simbolicamente, sono secondarie analizzando più attentamente il titolo dell opera. L’ipotesi è che la scena si svolga di notte, al buio, ed il Giorgione abbia cercato di rappresentala alla luce d’un lampo. Questo spiegherebbe anche l’insolito volgersi delle ombre, oltre a riconfermare la weltanschauung Giorgiana del “carpe diem”.
INFORMAZIONI UTILI
VENEZIA, PALAZZO GRIMANI S. MARIA FORMOSA
a cura di Vittorio Sgarbi
29 AGOSTO – 13 OTTOBRE 2010
PROROGATA FINO AL 1 NOVEMBRE
TUTTI I GIORNI 9.00 – 19.00
La biglietteria chiude mezz’ora prima