Un’opera d’arte al mese, per un anno ricco di cultura. Si intitola Uno:Uno. A tu per tu con l’opera, l’iniziativa organizzata dai Musei Civici del Castello Visconteo, Settore Cultura del Comune di Pavia, in collaborazione con l’Associazione Amici dei Musei Pavesi, che fino a novembre, ogni quarta domenica del mese, proporrà all’interno dei Musei civici una visita guidata ad hoc, alla scoperta dei capolavori delle collezioni pavesi. Un capolavoro alla volta. L’appuntamento è fissato per domenica 22 giugno 2014, ore 16.30, con Antonello da Messina e Ritratto d’uomo.
Il prezioso olio su tavola di Antonello da Messina sarà esposto fino al 25 luglio 2014 in una sala pensata appositamente per ospitare un capolavoro alla volta, in modo da privilegiare il contatto diretto con l’opera e una fruizione “slow”.
Un video focus e alcuni documenti scelti accompagneranno l’esposizione e consentiranno di approfondire la storia del dipinto, l’iconografia e la sua collocazione della produzione dell’artista.
Ritratto d’uomo
di Antonello da Messina (Messina, 1430 – 1479)
Antonello da Messina è stato uno dei massimi artisti del Quattrocento italiano, cui va il merito di aver compiuto una autonoma rielaborazione delle innovazioni dell’arte fiamminga.
Pochi dettagli rimangono delle sue vicende biografiche (morì nel 1479, a quarantanove anni), ma si sa che iniziò il proprio percorso artistico presso la bottega di Colantonio nel vivace clima culturale della corte aragonese di Napoli, dove ebbe occasione di ammirare opere catalane e provenzali, oltre che capolavori nordici.
Tra Napoli e la Sicilia, Antonello venne in contatto anche con l’arte di Petrus Christus, che sembra averlo impressionato per la semplificazione e la sintesi formale particolarmente efficace nei ritratti, caratterizzati da una secca illuminazione che accentua la fisionomia dei volti, dall’abbigliamento semplice e mai sfarzoso, dagli sguardi che cercano sempre l’osservatore.
Il soggiorno a Venezia, tra il 1475 e il 1476, segnò poi il punto di svolta per Antonello, che seppe coniugare gli esempi fiamminghi e la vivacità dell’ambiente figurativo veneziano, rappresentato in primis da Giovanni Bellini.
A partire da questo momento Antonello codifica il proprio modello di “ritratto borghese”, portatile e di ridotte dimensioni, non più appannaggio solo dei regnanti e legato alla dimensione pubblica, ma riconducibile alla sfera privata – tanto che quasi sempre l’effigiato rimane per noi anonimo.
L’inconfondibile cifra stilistica dell’artista si traduce in ritratti straordinari che modulano caratteristiche tipicamente fiamminghe – come la posa di tre quarti, il diaframma del parapetto, il fondo scuro – con una resa del dato psicologico inedita e rivoluzionaria per acutezza di penetrazione.
Il “Ritratto d’uomo” proviene dalla collezione del marchese Malaspina, che lo aveva acquistato presso una famiglia patrizia veronese ritenendolo un autoritratto dell’artista.
Nel catalogo manoscritto delle sue raccolte d’arte, il marchese annota infatti che “il quadro di cui si tratta è un ritratto che credesi il suo, fatto da se medesimo, ove trovasi il di lui nome fuso nel dipinto assai ben eseguito e che mostra d’esser assomigliantissimo”.
Dal 1837 collocata nello Stabilimento di Belle Arti Malaspina, la piccola tavola fu trafugata nella notte tra il 10 e l’11 maggio 1970 e recuperata solo nell’agosto del 1977. La pellicola pittorica ha purtroppo risentito di queste travagliate vicende, così come il supporto originale, una tavoletta di legno di noce spessa solo 5 millimetri. Per questo motivo, l’opera è esposta all’interno di un climabox, che consente un migliore controllo dei parametri di umidità e temperatura importanti per una corretta conservazione.
L’autografia di Antonello è innanzitutto giustificata dall’iscrizione “ANTONELLUS MESSANEUS PINXIT” che corre sul parapetto posto sul lato inferiore del ritratto: oltre a essere probabilmente la prima volta che questo espediente viene utilizzato dall’artista, va notato che l’iscrizione è direttamente incisa, secondo una modalità che rimanda alla pittura di van Eyck. Una analoga soluzione si trova nell’Ecce Homo Wildenstein e nel Ritratto di giovane della collezione Thyssen-Bornemisza di Madrid, mentre in altri casi la firma è posta su un cartellino realizzato a trompe-l’oeil.
Quanto alla datazione, fino ai primi anni cinquanta del Novecento il ritratto era ricondotto a un momento attorno al 1473, mentre gli studi recenti tendono generalmente a collocare l’opera in uno stretto giro d’anni tra il 1465 e il 1470, prima del soggiorno veneziano del maestro, dal momento che molti elementi stilistici e tecnici sembrano richiamare le esperienze formative del giovane siciliano, in particolare l’implacabile definizione della forma e l’attenzione per il dettaglio.
Inoltre alcuni particolari dell’abbigliamento, come la giubba rossa che si ingrandisce finendo a punta dietro le spalle e il copricapo a tronco di cono, ricordano lo stile fiammingo in uso negli anni Sessanta del Quattrocento (si veda quello di Dirck Bouts nel ritratto di Jan van Winckele di Londra, datato 1462). Anche l’acconciatura, con una frangia un po’ rada sulla fronte, corrisponde alla moda esibita anche da Philippe de Croy, ritratto da Rogier van der Weyden (Anversa).
Il ritratto, caratterizzato dalla particolare intensità dello sguardo e dalla sottile ironia che è sempre sottesa alla produzione di Antonello, è concepito secondo una complessa costruzione spaziale, che mostra il personaggio di tre quarti, con la testa lievemente ruotata rispetto alle spalle per attivare un dialogo enigmatico con lo spettatore.
Le visite e l’ingresso ai musei sono gratuiti e senza prenotazione.
Si terranno alle ore 16.30; ritrovo presso la biglietteria dei Musei civici