Il Castello Scaligero a Villafranca di Verona e il Vittoriale degli Italiani (Gardone di Riviera) si vestono a festa in occasione di due live show di livello internazionale: Arcade Fire e Damon Albarn. Niente più grandi stadi in periferia, gli stranieri preferiscono la Grande Bellezza. La bellezza dell’Italia colpisce ancora, e lo fa accendendo gli amplificatori.
Da una parte, quindi, abbiamo un imponente castello di origine medievale situato, con le sue alte torri, nel centro della cittadina di Villafranca di Verona; dall’altra la nota residenza dannunziana che guarda il Lago di Garda, dove sono chiuse in una “custodia di pietra” le memorie di Gabriele D’Annunzio.
Gli invitati alla grande festa, invece, sono la carovana canadese, meglio conosciuta come Arcade Fire, per la location veronese, e nel verde del regno di Gabriele D’Annunzio, il leader dei Blur e mente geniale dei Gorillaz, Damon Albarn con il suo lavoro da solista. Due nomi certamente all’altezza dei due suggestivi luoghi d’arte.
La performance degli sfavillanti Arcade Fire è stata una festa di luci, coriandoli, specchi e di, non proprio voluti, lampi. La band canadese ha portato per la prima volta in Italia il nuovo album Reflektor.
Annunciati da un cavaliere – The Reflektor– vestito di un’armatura di specchi, i dieci (che sembravano molti di più) Arcade Fire sono saliti sul palco sulle note del singolo Refletkor, per l’appunto.
Da lì in poi ha dominato il mix, tra pezzi vecchi e nuovi, tra colori psichedelici, mirror ball e grandi faccioni – tra cui Papa Francesco. Non è facile tradurre in parola la potenza di uno scenario simile: sopra di noi nubi e lampi pulsanti, intorno a noi le alte mura del castello illuminate da giochi di luce e di riflessi, davanti a noi i nostri idoli talmente preziosi da emettere luce propria e, solo alla fine, sotto i nostri piedi una distesa di coriandoli.
L’ultimo album è stato al centro dello show, ma non sono mancati i più importanti pezzi dei quattro album precedenti da Rebellion a Ready To Start, da Haiti a Exit. I pezzi nuovi come Here Comes The Nightime, Afterlife (introdotta da qualche secondo di My Body is A Cage), We Exist e It’s Never Over sono stati la soundtrack perfetta per uno spettacolo d’arte vario e strutturato.
Quello di Butler e compagni non è un semplice concerto, ma una vera e propria esperienza multisensoriale per la totalità delle arti coinvolte. Il Castello si dimostra essere perfetto per ospitare lo spettacolo della band canadese: imponente, scenico e protettivo allo stesso tempo. Butler ringrazia chi è venuto “in questo castello, che è di gran lunga il posto più bello in cui abbiamo suonato in questo ultimo mese“.
Gli Arcade Fire hanno portato la loro magia tra ponti levatoi e torri medievali, il risultato non può che essere stato altrettanto fantastico. Le prime gocce di pioggia, poi, sono arrivate giusto al momento di mettere piede in macchina, vorrà dire qualcosa, no?
Ora, invece, immaginate di essere sulle colline di Gardone di Riviera e di avere davanti a voi una distesa d’acqua talmente limpida da sembrare un’enorme piscina; immaginate poi di aver appena attraversato un ingresso monumentale formato da una coppia di archi, al cui centro leggete il famoso motto del Vate: “Io ho quel che ho donato“. Direi che senza ombra di dubbio vi trovate proprio al Vittoriale, la residenza di Gabriele D’Annunzio che si estende per circa 9 ettari e che dalle colline bresciane domina tutto il lago.
Ad un anno di distanza dai concerti di Roma e Milano con i Blur, Damon Albarn ritorna in Italia per presentare il suo progetto solista Everyday Robots e ad ospitarlo per la prima data è proprio D’Annunzio.
È un lunedì e il cielo non promette nulla di buono, ma ancora una volta ci fa un regalo e le nuvole quasi scompaiono. Damon Albarn stesso, a metà concerto, tra battute sinceramente divertenti e momenti di serietà, dirà “Nice weather, isn’t it?“. L’organizzazione dell’anfiteatro sembrerebbe prevedere un concerto vista lago seduto, ordinato ed elegante. Ma sarà proprio il cantante inglese, che non appena salito sul palco sotto uno scroscio di applausi, ad invitare il (fortunato) pubblico della platea ad rompere le righe e a buttarsi ai suoi piedi per ricevere una stretta di mano o strappare una foto al proprio idolo.
La sensazione, data anche dalle modeste dimensioni del teatro, è di essere spettatore di un concerto privato: noi, Damon e la sua band. E il Damon che abbiamo davanti è l’Albarn dalle mille soprese; decisamente in forma sia da un punto di vista della prestazione canora sia dalla presenza sul palco. È scatenato, divertente ma anche serio e commovente mentre intona le note dei suoi più grandi pezzi vecchi e nuovi. Non manca proprio niente: a partire dagli introversi brani di Everyday Robots al super gruppo The Good, the Bad & the Queen, dalle incredibili perle dei Gorillaz fino ad alcuni dei capolavori firmati Blur – a cui farà riferimento soltanto come “la mia band precedente“.
Dal cornicione della galleria guardo giù in platea, quasi tutte le sedie sono vuote, il resto del pubblico è stipato sotto il palco, poi mi guardo dietro le spalle e a destra e a sinistra, siamo tutti con la stessa espressione felice, sognante ed estasiati ci godiamo il grande show. Anche la luna fa capolino tra le poche nuvole rimaste e si specchia nel lago, mentre Damon Albarn, al piano in una Out of time che poi sfumerà poi in All your life, si rivolge al pubblico : “The moon is over there, wow!!“, con accento fortemente british.
Tutto il Vittoriale intona all’unisono una versione strepitosa di End of a century, per non parlare del verio delirio già alla prima nota suonata con la melodica di Clint Eastwood. Siamo quasi alle due ore di concerto, e questa splendida serata non può che terminare con la maestosità di Heavy seas of Love.
Prima di andare via vedo passare dietro le quinte un ragazzino con una decina di pizze in mano, e penso: in questo momento da qualche parte nel Vittoriale, mentre all’interno Leda dialoga con il poeta, Damon Albarn starà per addentare una fetta di pizza da una scatola di cartone, magari anche un po’ fredda.
Questi sono solo due esempi delle incredibili location, luoghi della nostra storia, che oggi si offrono con nuove vesti come palcoscenico per grandi artisti internazionali. In questo modo musica, arte e storia trovano, insieme, la loro più alta esaltazione.
Ps. Un suggerimento: perché non pensare ad un’apertura straordinaria del Vittoriale prima dell’inizio del concerto, anche se di lunedì? Non sarebbe questo un modo per attirare più giovani nei luoghi d’arte?