“Non muoverti, resta dove sei. Non riesco a stare ferma. Ti sei gettato sulla tela che vibra sotto la tua mano. Intingi i pennelli. Il rosso, il blu, il bianco, il nero schizzano. Mi trascini nei fiotti di colore. Di colpo mi stacchi da terra, mentre tu prendi lo slancio con un piede, come se ti sentissi troppo stretto in questa piccola stanza. Ti innalzi, ti stiri, voli fino al soffitto. La tua testa si rovescia all’indietro e fai girare la mia. Mi sfiori l’orecchio e mormori…” scrive Bella Rosenfeld, moglie, musa e compagna di vita di Marc Chagall.
Alla grande retrospettiva milanese dell’artista dobbiamo sicuramente il merito di aver saputo sottolineare la grande potenza espressiva delle opere: colore e sentimento si intrecciano e si raccontano con grande incisività.
Il surrealista André Breton nel 1941 definì così: “una pittura in cui gli stupendi colori fondamentali portano in sé il tormento moderno, pur conservando l’antica ingenuità nel raffigurare i fiori e l’espressione dell’amore.” Ed è proprio l’amore il protagonista assoluto, il leitmotiv che muove tutte le forme dell’antologia chagalliana. L’amore per il suo paese natio, per le sue tradizioni, per il teatro, per la vita… ma soprattutto l’amore per la sua prima moglie.
Marc e Bella si conobbero a San Pietroburgo, lui pittore ventitreenne e scapestrato in cerca di fortuna, lei neppure quindicenne, studentessa brillante, erede di una dinastia di agiati commercianti, proprietari dei più lussuosi negozi di oreficeria della città. Si rividero più volte a Vitebsk presso il ponte, alla luce delle rive del fiume. Entrambi provenivano da famiglie ebree osservanti, ma, per il resto, non avevano nulla da spartire.
Eppure, fin dal primo incontro, tra i due scocca la scintilla: lui racconterà nella sua autobiografia di una giovane dalla pelle d’avorio e dai grandi occhi neri che lo ha affascinato da subito. Lei parlerà di un colpo di fulmine per quello strano ragazzo dai riccioli spettinati e lo “sguardo di una volpe negli occhi azzurro-cielo”.
Bella sarà il grande amore, la primigenia e profonda fonte di ispirazione per le tele di Marc Chagall.
Troviamo uno dei suoi primissimi ritratti ne “La coppia a tavola” (1909), opera in cui Bella Rosenfeld, a soli tredici anni, ha già la grazia di chi è musa e modella per amore e non per mestiere e la consapevolezza che il sentimento che condivide col suo futuro marito è benedetto.
Raffigurata con gli occhi chiusi e la mano sul cuore, accetta il loro matrimonio come compimento del destino e con l’altra mano trattiene una melagrana, simbolo della procreazione nella cultura ebraica e non solo. Alle sue spalle i nonni, sempre presenti nelle celebrazioni ebraiche di promessa nuziale, puntano il dito verso Dio in segno di protezione e benedizione della famiglia. Davanti alla ragazza Leon Bakst, il maestro di Chagall.
I toni del blu e del viola che prevalgono, incorniciano un’atmosfera sognante e spirituale.
Durante i felici anni del loro fidanzamento, Chagall avvia il ciclo di dipinti dedicati all’amore che come rivelazione poetica. Ne “Gli amanti in blu” (1914) Marc e Bella sono viso a viso, immortalati in un attimo in cui gli individui si fanno archetipi, in cui sentimento e sogno si fondono.
Bella trascina a se il suo amato e gli stampa un bacio dolce e sicuro sul lato delle labbra, trattenendo il volto di Marc a sé con le dita affondate nelle sue guance. Ad occhi chiusi, il candore dei loro corpi brilla di un riflesso lunare, immersi in un blu vibrante di pigmenti puri, da cui trapela la vitalità energica dell’intimità: la notte abbraccia gli amanti.
Nel 1915 riescono finalmente dare un lieto fine alla loro storia d’amore, coronandola con il matrimonio. Quell’estate trascorrono la luna di miele nella campagna di Vitebsk, dove il loro abbraccio si confonderà con quello della natura, ricalcandone la potenza e la pace.
Ne “Il poeta disteso” (1915) al crepuscolo, sull’erba ancora calda dalla giornata, Chagall si abbandona alla sensazione di completezza che gli dona l’unione celebrata con la sua Bella. Si tiene le mani strette al cuore, come a non capacitarsi della perfezione si quel momento, di quell’amore.
Amore che celebra con sua arte nei gesti quotidiani che ritrae: l’opera “Il compleanno” (1915) è senza dubbio un’iconico spaccato di felicità casalinga, di complicità di coppia. Al centro di una stanza colorata da un intreccio di tessuti, tendine, piccoli oggetti, i due giovani sono sospesi nell’aria: lei tiene tra le mani un mazzo di fiori, lui piega la testa per baciarla e sul tavolino su vede la torta di compleanno.
Tutto fa pensare ad uuna sorpresa, ad un affettuoso regalo. “Ti getti sulla tela- racconta Bella- premi il colore dai tubetti e intingi i pennelli: il rosso, il nero, il bianco, il blu. E mi trascini nel torrente dei tuoi colori. A un tratto mi sollevi da terra e tu stesso prendi lo slancio …. E tutt’e due lentamente ci solleviamo…e ci involiamo. Arriviamo alla finestra e vorremmo attraversarla. Fuori ci chiamano le nuvole e il cielo blu: i muri con tutti i miei scialli variopinti girano intorno a noi…”. Lo spazio pittorico in cui i corpi si toccano e confondono si intreccia agitato per il turbinio di emozioni gioiose che li pervade e solleva.
L’anno seguente nasce la figlia Ida, il frutto del loro amore che da quel momento farà parte delle tele di Chagall: ne “Le fragole” (1916) si scorge la piccola in secondo piano, accostata al tavolo da pranzo su cui rotolano mille fragole rosse, fresche, di cui sembra di sentire il profumo.
Accostarsi a quest’opera è come sbirciare attraverso la serratura della porta di casa di una famiglia che vive nell’intimità delle proprie mura e vi trova la felicità senza desiderare null’altro che se stessa.
Un’opera che raccoglie una serie di motivi destinati a diventare archetipi della mitologia chagalliana è “La passeggiata” (1917). Con essa il pittore comunica la pienezza amorosa tramite la metafora del librarsi in volo come desiderio di ascesa verso le forze del cosmo e della natura.
La coppia è sospesa sopra l’architettura di Vitebsk, riportando il ricordo della passeggiata lungo la quale, anni prima, Marc conobbe Bella, pallida, eterea e dai grandi occhi neri. La fusione tra gli amanti rinvia all’immagine primordiale della coppia nel paradiso terrestre, mistero trascendentale della coincidenza tra gli opposti che gode della totalità dell’essere a somiglianza di Dio.
Con un uccellino della mano e una bottiglia di vino ai piedi, il pittore ci mostra il lato più dolce e quello più passionale che nell’amore convivono.
Negli anni seguenti le loro vite si intrecceranno con le questioni politiche internazionali che sconvolgono l’Europa tra le grandi guerre: emigreranno in Lituania e poi in Germania, finché non si trasferiranno a Parigi nel 1924.
La sensibilità dell’artista alla crisi politica emerge nelle tele accanto ai suoi soggetti tradizionali. Chagall assorbe in sé quel mondo ebraico che popolava l’Europa dell’est e la Russia alla fine dell’ottocento e nella prima metà del novecento, un mondo fatto spesso di ortodossia religiosa, ma anche di laicità e di tradizioni Yiddish, che verrà poi spazzato via con violenza senza pari dal nazismo, ma anche dall’Unione Sovietica staliniana.
Ma Chagall con tutto ciò non c’entra, il suo vitalismo si esaspera nella potenza dei colori puri e brillanti, la sua arte è amore nonostante tutto.
Nel 1924 Chagal dipinge il “Doppio ritratto” in cui appaiono lui e la moglie con un mazzo di fiori tra le mani: l’intimità dei ritratti precedenti è superata da un più evidente rapporto con la realtà esterna del mondo, nel dinamismo dei corpi e nella modernità dello stile. La composizione rispecchia infatti il clima culturale degli anni Venti, anche nell’abito e negli accessori di Bella.
Sempre uniti, nelle opere come nella vita, nel 1939 si spostano nel sud della Francia, a causa dell’estendersi del nazismo e nel 1941 fuggono negli Stati Uniti. Pochi anni più tardi, nel 1944, Bella muore a causa di una infezione virale, lasciando Marc abbandonato alla più cupa desolazione. I suoi dipinti onirici e fantastici porteranno con se il ricordo dell’amata per il resto della sua vita. Ne sono un esempio le opere che Chagall dedicherà a Parigi dopo la guerra, in memoria della loro nuova vita ricca e spensierata dopo la fuga, oppure opere come “Il guanto nero”, cominciato tra le due guerre e concluso dopo la morte di Bella, in cui il pittore di fronte al cavalletto e alla sua musa, raccoglie un’antologia di icone della sua arte, come se d’un lampo le immagini della sua vita gli fossero scorse davanti. Dalla casa e madre laterali, Marc offre timidamente un mazzo di fiori alla sua sposa che pare distesa lungo una strada che si confonde col velo nuziale. Il gallo rosso fuoco delle Sacre Scritture, che rimanda alla morte e al tradimento, incombe sulle teste degli amanti e attraversa il cavalletto del pittore su cui è rappresentato un orologio, simbolo della fine della vita terrena: Chagall grida così tutto il suo dolore. Tra le tenui case del villaggio d’infanzia e i colori puri e violenti della condizione di vita adulta, un guanto nero sfoglia il libro della sua, della loro vita.
Rimarrà, in quelle due figure abbracciate, sospese nello spazio e nel tempo, l’espressione pittorica più alta della gioia di vivere. Marc Chagall ha saputo e sempre saprá dimostrare ad un modo di artisti maledetti come la fonte della propria arte possa sgorgare da un amore devoto e innocente.
INFORMAZIONI UTILI
Chagall. Una retrospettiva
Palazzo Reale – Milano
dal 17 settembre 2014 al 1 febbraio 2015
Orari:
lunedì 14.30-19.30
martedì, mercoledì, venerdì e domenica 9.30-19.30
giovedì e sabato 9.30-22.30
Biglietto: intero costa 12€, ridotto 10€
Per coloro che stimano Marc Chagall e la storia dell’arte moderna ci sono molti informazioni utili su questo articolo i quali possono essere difficili da ottenere. Pertanto, una visione oggettiva è presentato in questo articolo e volevo fare i complimenti all’autore .