Uscito il primo gennaio, Big Eyes è il nuovo atteso film di Tim Burton. Dopo Alice in wonderland -successo al botteghino ma campione di critiche negative- con Dark Shadows il regista di Edward mani di forbice sembrava aver ritrovato un po’ del guizzo e della magia che l’avevano reso famoso al mondo, ma con questo nuovo capitolo della sua filmografia sembra disilludere completamente le aspettative.
Il film nasce da un’idea di Scott Alexander-Larry Karaszewski che da anni stavano cercando di portare sul grande schermo la vera storia di Margaret Keane, pittrice amatoriale le cui opere negli anni cinquanta e sessanta conobbero incredibile fortuna e notorietà. Ma non lei… Il marito, Walter Keane, difatti fece credere a tutti di essere l’autore delle opere, imponendosi come figura carismatica della coppia e relegando l’autrice dei quadri a misera operaia nascosta nello studio.
Walter Keane ebbe il merito di capire e anticipare un meccanismo che sarebbe stato parte integrante della poetica di Warhol (che si dichiarò fan delle opere di Margaret Keane), la riproducibilità e la massima mercificazione dell’arte; non accettato dai circuiti istituzionali vendette le “loro” oepere anche al supermecato, facendone cartoline e poster accessibili a tutti. La fortuna delle opere di Margaret Keane potremmo dire oggi fu merito di una campagna di viral marketing. Ben presto tutti furono pazzi d’amore per i bambini con gli occhioni tristi dell’artista, che divennero la sua cifra stilistica indonfondibile, personaggi del jet-set e del mondo dello spettacolo non tardarono quindi a farsi ritrarre – incrementadone la fortuna.
Il film inizialmente doveva essere solo prodotto da Tim Burton, in seguito però Scott Alexander e Larry Karaszewski decisero di limitarsi alla sceneggiatura e di affidare la regia a Burton stesso. Big Eyes purtroppo non decolla mai e si trascina in una sequela di episodi stanchi e diretti con poco nervo, sprofondando nell’imbarazzo di un finale grottesco e diretto in maniera ridicola. Strano pensare come lo stesso team (sceneggiatori e regista) esattamente 20 anni fa avevano dato alla luce un capolavoro come Ed Wood. Sulla carta gli ingredienti per replicarne la buona uscita c’erano tutti, lì sono rimasti.
Christoph Waltz nel ruolo del prepotente e frustrato Walter Keane è un po’ troppo sopra le righe e cade nella macchietta, brava invece Amy Adams nel ruolo di Margaret, che fornice invece un’interpretazione più delicata e sfaccettata del suo complesso personaggio. Unica vero rivelazione, per il pubblico del grande schermo, l’incredibile Krysten Ritten -nel ruolo dell’amica eccentrica ma di buon senso- l’unico soffio di vita di questo biopic stantio – la Ritten agli amanti del piccolo schermo era già nota per il serial cult Don’t Trust the B—- in Apartment 23.
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Menzione d’onore anche ai brani originali di Lana del Rey per la colonna sonora curata dal fedelissimo a Burton Danny Elfam: Big Eyes e I can fly, sognanti e fatati.
Dopo avervi inserito Big Eyes chiudiamo il libro delle grandi occasioni mancate sperando di non doverlo riaprire troppo presto, nel frattempo qualcuno svegli Tim Burton dal coma, grazie.