Almeno Art and Food ha aperto. Grazie a Germano Celant, sapremo tutto quello che si può sapere sul multiforme campo di relazione che spazia tra l’arte e l’alimentazione, il design e il cibo, dal 1851, anno della prima Esposizione Universale a Londra, snodo simbolico dell’epoca moderna, ai giorni nostri, quando dovrebbe esserci quella di Milano.
Per carità, i dubbi, come ha rimproverato Roberto Formigoni, sono le armi dei disfattisti.
L’Expo 2015 ci sarà, è certo, ci sarà. Il problema è come, fra ritardi, dimissioni, costi che crescono a vista d’occhio, minacce e querele varie. Ma ce ne faremo una ragione.
Intanto, un buon viaggio fra l’arte e il cibo ci farà bene all’appetito del corpo e della mente, mentre il plotone delle adesioni all’Expo si arricchisce del Benin, per toccare quota 90, come gongolava davanti ai cronisti un incontenibile Roberto Formigoni, commissario generale, che arrotava la sua erre come nei giorni migliori: «Presto arriveremo a cento, probabilmente entro agosto».
E quando succederà, altro che siluri: «Il mondo crede a Expo. Qui in Italia, specialmente a Milano, qualcuno ci crede meno e non ha la responsabilità e l’ardimento necessari per continuare a lavorare in un’opera fondamentale per il nostro Paese.
Le dimissioni dai contorni ancora incomprensibili di Luigi Roth da commissario del Padiglione Italia e il fatto che non sia stato ancora formalizzato il ritiro delle dimissioni del sindaco Pisapia continuano a suscitare domande e interrogativi e a provocare preoccupazioni in molti nostri partner internazionali».
Loro preoccupati? E noi? L’Expo è un palcoscenico meraviglioso. Ci potremo fare anche delle belle risate.
Prendete la risposta di Giuliano, urbe et orbi, dalle colonne del Corriere: «Il presidente Formigoni non perde occasione di polemizzare. Quello dell’ottimismo cieco è un copione che abbiamo già visto con Berlusconi. I problemi si risolvono affrontandoli, non certo negandoli. Essere realisti e lanciare segnali d’allarme prima che sia troppo tardi è segno di responsabilità e impegno. Essere trionfalisti e nascondere le difficoltà come fa Formigoni conferma la sua consapevolezza che non sarà lui a partecipare a Expo nel suo attuale ruolo».
Riassunto fra le righe: parla a vanvera.
Ma Pisapia e Formigoni sono ancora dei signori, in confronto a tutto il resto, una dimissione in più, una in meno, quelli che se ne vanno e quelli che vengono. Pisapia ha lanciato Emma Bonino al posto di Roth. Dante Ferretti invece ha lanciato minacce e denunce.
Lo scenografo, tre volte Premio Oscar, ha detto che il suo allestimento per la viabilità del sito non sarà pronto per l’apertura: «Non è stata posta neanche la prima pietra. Sono sconcertato e arrabbiato». Ha aggiunto che il suo progetto, consegnato oltre un anno fa, «è ancora fermo», e che se faranno una ralizzazione parziale lui chiederà i danni: «Sono 4 anni che lavoro a questo progetto. Ci ho messo la faccia e il nome». Ha giurato: «Non parteciperò all’inaugurazione».
Il suo avvocato, Giorgio Assumma, ha scritto al commissario Expo Giuseppe Sala: una eventuale realizzazione parziale determinerebbe «una grave lesione della integrità dell’opera dell’ingegno tutelata dalla legge sul diritto d’autore». Di qui la determinazione di adire le vie legali per salvaguardare l’integrità dell’opera.
Replica di Sala: «Basta protagonismi». Oddio, un po’ è vero. E’ anche vero che tra i padiglioni dell’Esposizione c’è un viale centrale lungo il quale dovrebbero esserci otto stazioni firmate da Ferretti, che invece non ci sono. La gara per realizzarle è stata assegnata solo l’altro giorno. Sala: «Certo, la preoccupazione c’è, fino all’ultimo giorno sarà una lotta quotidiana per completare tutto».
E in mezzo a questa lotta, occhio ai gay e a Maroni. Non ci manca niente all’Expo.
La Regione Lombardia ha utilizzato il logo dell’esposizione universale per promuovere un convegno sul tema «Difendere la famiglia per difendere la comunità». Niente di male.
Tra gli organizzatori c’è l’associazione ultra cattolica «Obiettivo Chaire» che sul suo sito, tanto per essere chiari, propone di «prevenire l’insorgere di tendenze omosessuali», definite come «atteggiamenti contrari alla legge naturale».
I gay non gli stanno proprio simpatici. Solo che apriti il cielo. «Togliete il logo», hanno protestato. Anche Pisapia e Sala hanno chiesto a Maroni di ritirare il simbolo dell’Expo.
E poi pure Vicente Gonzalez Loscertales, segretario generale della Bie, l’organizzazione che sovrintende alle esposizioni universali: «Utilizzare in modo abusivo e a fine politico il logo non è accettabile».
Sono arrivate email di protesta pure da Francia e Stati Uniti. Maroni imperturbabile: «Questa polemica basata sul nulla, anzi sulla falsità, è chiusa». Se lo dice lui. A pochi giorni dall’apertura l’Expo è una grande piazza in subbuglio, con tutto quel che succede. Il numero uno dell’anticorruzione Raffaele cantone oltre ad aver ammesso che non si sente di escludere «altri scandali», ha appena detto che «i costi sono aumentati troppo». Sala dice che gli extra «ci saranno solo sulla parte italiana».
Vogliamo crederci? «Expo sarà un’opera pubblica che porterà a consegnare i bilanci in pareggio se venderemo 24 milioni di biglietti». Mica noccioline.