Youth – La giovinezza: e se Lory Del Santo ne avesse capito più di noi?
Povera Lory Del Santo: spernacchiata da tutto l’internet e dalla stampa per aver osato dire che Youth – La giovinezza di Sorrentino è un film con delle lacune. Lei, rea di aver partorito The Lady, web serial che, se già era un piccolo scult a modo suo, virale sulla rete e fonte di citazioni trash, dopo una lite televisiva con Malgioglio (sic!) è diventata un vero e proprio caso.Come tutti i casi nati dalla rete pare aver già fatto il suo decorso, con l’estate in arrivo il dimenticatoio è bell’e che pronto. Lory però, annuncia, è già pronta a tornare con The Lady 2: sarà un colossal, dice lei. Malgioglio, mano alla fronte, si sbigottisce.
Ma lei è ferma e convinta, la sua vocazione è quella di essere una regista, una sceneggiatrice e una produttrice. E da collega di Sorrentino, anche lei, ha voluto dare il suo parere sul chiacchierassimo Youth – La Giovinezza, rimasto all’asciutto di premi a Cannes, dove la stampa italiana tutta voleva farci credere ne sarebbe uscito trionfatore. E invece, pive nel sacco.Certo, a far di un film un film buono -o meno- non sono certo le Palme e i Leoni o le Grolle, quando affermiamo che, sì, in accordo con Lory Del Santo, Youth è un film delle lacune, lo facciamo quindi al netto dei (non) premi. D’accordo con Lory, ma anche con Fofi, che avendo un curriculum un po’ diverso rispetto a quello dall’ex diva del Drive In non s’è visto proiettato in un vertigo di meme e parodie.
«(Youth) è un film banalmente kitsch, che punta alla filosofia e all’arte con i poveri mezzi della citazione, dell’imitazione», dice il critico, parlando di senilità precoce, quella cinematografica di Sorrentino, non quella dei protagonisti.
E Youth – La giovinezza è così, un film girato con mano esperta, ma pacchiano, estetizzante, ma privo di poesia; un compendio di aforismi vuoti e sospesi nel nulla, in bilico tra uno spot tv per Architectural Digest e la parodia di un film d’autore. Un buon esempio di cinema di maniera.
Sorrentino è un autore e in quanto tale ha creato un modello (gli autori rifanno sempre lo stesso film: Fellini, Almodovar, etc), rimanendone però, al momento, intrappolato: qualcuno si è anche inventato un generatore automatico di scene dal prossimo film di Sorrentino, che ci rende un po’ la misura della profondità della maniera in cui si è inabissato il regista napoletano. Non esiste carriera di regista, per quanto talentuoso, che non veda, prima o poi, un film brutto (spesso anche più di uno). Possiamo dimenticarci presto di questo Youth, che sicuramente soffre di una sindrome post Oscar, e concentrarci, come spettatori, sul passato.
Nella filmografia di Sorrentino prima dell’Oscar per La Grande Bellezza ci sono grandi film molto sottovalutati (dal pubblico soprattutto): L’Amico di Famiglia, Il Divo (Premio della giuria a Cannes 2008). Il suo capolavoro era e rimane Le Conseguenze dell’Amore.
Cosa salviamo di Youth – La giovinezza?
Rachel Weisz, volto incredibile e attrice mai abbastanza apprezzata. Da rivedere in Agora (2009) My Blueberry Nights (2007), The Fountain (2006) e The Constant Gardener (2005). A breve la rivedremo con grande gioia in The Lobster di Lanthimos, Premio della giuria a Cannes 2015.Jane Fonda nei panni di Brenda Morel, una decrepita ex stella di Hollywood, con due Oscar vinti, pronta a darsi ai serial TV per pagare le bollette. Proprio come Jane Fonda, un Oscar nel 1972 per Una squillo per l’ispettore Klute e un altro nel 1979 per Tornando a casa, fresca del successo del serial TV Grace and Frankie, al fianco di Lily Tomlin.
Paloma Faith. Un’apparizione fugace quella della pop star di Only Love Can Hurt Like This, ma fulminante. Un colpo di genio, quasi.
«Ma insomma, si può sapere chi è ‘sta troia che ti sei trovato?»
«Sono io!»
«E chi cazzo sei tu?»
«Mi chiamo Paloma Faith. E non faccio la troia, ma la cantante».
Non buttiamo via nemmeno il soprano coreano Sumi Jo, che compare sul finale a interpretare le canzoni semplici del protagonista (Michael Caine), pacchiana, vistosa, un po’ matta, piena di gioia.
Certo, nel continuo inanellarsi di corti circuiti cuciti assieme da Sorrentino, nei panni di un soprano avremmo visto bene una Sabrina Ferilli o una Pamela Prati (doppiate, certamente) che avrebbero dato all’aria di scult generale che aleggia su Youth – La giovinezza (Caine che dirige un’orchestra di vacche, per dire) la chiave blu per la sua salvezza: la consapevolezza.