Apre oggi, sabato 11 giugno 2016, alla Boss Gallery di La Spezia la nuova stagione espositiva sui maestri della fotografia italiana, una rassegna di mostre incentrate sulla valorizzazione della storia della fotografia nazionale per promuovere in città una cultura della fotografia d’avanguardia che non ha pari nel mondo per spiccata identità dei temi trattati e per lo sguardo molto personalizzato degli autori.
Quest’anno in programma Mario De Biasi, Vasco Ascolini, Federico Garolla, Claudio Abate ed in ultimo una selezione della pregiata collezione di Sergio Cereda sui fotografi italiani meno conosciuti o inediti.
♦ Questo il calendario in programma:
11 giugno – Mario De Biasi – Donne allo specchio
25 giugno – Vasco Ascolini – Lo stupore della scultura
16 luglio – Claudio Abate – Mario e Marisa Merz
30 luglio – Federico Garolla – La moda anni 50
13 agosto – Collezione Cereda
“Ha fotografato rivoluzioni e uomini famosi, paesi sconosciuti. Ha fotografato vulcani in eruzione e distese bianche di neve al Polo a sessantacinque gradi sotto zero. La macchina fotografica fa parte ormai della sua anatomia come il naso e egli occhi”.
Bruno Munari su Mario De Biasi.
Donne allo specchio – Fotografie di Mario De Biasi
Mario De Biasi è un grande maestro della fotografia italiana con una copiosa ed inesauribile produzione che ha raccolto per anni di instancabile lavoro professionista dal 1945, quando per caso trovò una macchina fotografica tra le macerie della città di Norimberga distrutta dalla guerra. Tutto iniziò così, con quel ritrovamento fortuito…
Lungo tutto il corridoio della sua abitazione, in zona fiera a Milano, giacevano accatastati decine e decine di fascicoli di fotografie archiviati “artigianalmente” uno sull’altro. Organizzare una mostra con lui poteva essere semplicissimo o richiedere un paio di incontri alla ricerca del faldone giusto. Nel suo studio, intorno alla sua grande scrivania, erano accumulate altre serie di pile di cartelle, posizionate a seconda dell’utilizzo, un uno rigoroso sparpagliamento. Nulla però sembrava in disordine, nemmeno i libri che prendeva dalla libreria alle sue spalle per mostrare le sue mostre.
Molti riconosceranno le immagini di alcune sue foto più famose come “Gli italiani si voltano” (Milano, 1954) in cui la sconosciuta modella Moira Orfei, presa di spalle mentre si avvia all’ingresso della galleria, viene ritratta sotto gli sguardi attoniti e ammutoliti di uomini inermi di fronte alla sensuale bellezza che avanza. Fu tutta una sua invenzione: quella foto è il frutto del suo istinto creativo e non è per nulla l’effetto del caso come invece sembrerebbe alla prima visione. Quegli uomini che guardano la giovane donna sono stati magistralmente posizionati dalla sapiente astuzia di Mario De Biasi a creare un effetto scenico a volta teatrale. E’ indubbiamente la foto più conosciuta del grande maestro.
Un giorno che avevamo fissato un appuntamento per andare dal suo fedele stampatore in Via Jan a Milano, mi sentì pronunciare tutto animato che aveva perso il negativo di quella foto e che quindi dovevamo sospendere il progetto in realizzazione. Fortunatamente poco dopo mi richiamò per dirmi che lo aveva ritrovato, con tutto il servizio di quel giorno intero passato con la Moira (non ancora) nazionale, da piazza San Babila a Lambrate, dove la sera avrebbe avuto lo spettacolo con i leoni. Ebbi la fortuna di vedere tutta quella sequenza, anche i negativi di Moira che si tiene alla sbarra del tram 23 col braccio alzato ed espone l’ascella che venne poi “censurata” ed infine tutta agghindata per l’esibizione al circo. Un bellissimo fotoreportage.
Mario De Biasi ha scattato in giro per il mondo, in oltre 30 anni di attività (come fotoreporter al servizio della rivista Epoca, allora diretta da Enzo Biagi) celebri servizi di guerra, da Budapest occupata dai carri armati russi (1956), alle più suggestive strade di New York, la Russia durante la guerra fredda, le grandi città, Milano in particolare, con le periferie e gli stili di vita degli uomini che le abitano, paesaggi naturali e dettagli della natura negli aspetti più insoliti, e poi innumerevoli ritratti per i rotocalchi, politici, attori, scrittori, gente comune e ovviamente moltissime donne, dive dell’epoca, donne dalla forte identità nazionale ritratte ai concorsi di bellezza e ai Festival del cinema, semplici sconosciute, immortalate in pose studiate ed intime o in momenti quotidiani, sulla strada. Innumerevoli le copertine delle riviste con le sue immagini e numerosissimi i libri pubblicati con le sue foto. La sua produzione è variegatissima, insaziabile. Su suggerimento di Bruno Munari, suo grande amico, teneva una rubrica alfabetica e per ogni lettera aveva ideato una serie di possibili tematiche per un’eventuale mostra di sue fotografie: non smetteva mai di fotografare.
De Biasi ha quindi rappresentato un’intera epoca, dagli eventi tragici delle guerre ai tratti meno amari del cambiamento sociale, la scoperta della società che cambia nei valori e nei riferimenti, i primi eventi mondiali sportivi con i loro campioni, la pioneristica avventura della Nasa, le tradizioni culturali di paesi lontani, De Biasi racconta con immagini ineguagliabili cosa succedeva nel mondo di allora che non sarebbe così comprensibile senza le sue foto. Alla Boss Gallery vengono rappresentate immagini di “Donne allo specchio” ed altri sguardi di donne, intensi e ammiccanti, in posa o casuali, sorrisi generosi o poco accennati con timidi gesti, nel puro “stile De Biasi”.
Lo specchio è lo strumento necessario per accertarsi della propria bellezza: accessorio professionale in una Beauty Farm del Texas o nei camerini della Scala dove la Fracci perfeziona il suo trucco di scena nel 1964, amico fedele custodito preziosamente nella borsetta per controlli improvvisi (dopo un pasto o durante un viaggio) come per Marlene Dietrich sul panfilo ormeggiato a Montecarlo nel 1956, fidato compagno di confidenze di camera delle bellissime Sofia Loren a Napoli e Claudia Cardinale a Roma nel 1959, preso a prestito da una superficie riflettente incontrata casualmente (o cercata disperatamente), oggetto di decoro e di arredo in salotti di case in più parti del mondo.
La simmetria geometrica, la specularità del soggetto che diviene conoscitore di se stesso (ed anche il proprio carnefice, citando Nietzsche) mettono lo spettatore nella posizione di soggezione come in un dialogo senza parole fatto di intensi rimandi di sguardi. L’enigma dell’identità e della differenza, della verità e dell’illusione, è superato dalla bellezza femminile che, ritratta da De Biasi con naturalezza di luce, prende il sopravvento su ogni tematica filosofica. Questi scatti vintage in mostra alla Boss Gallery, ritraggono le bellezze dell’epoca e racchiudono in essi sia la qualità di sintesi narrativa necessaria al fotoreporter, sia la perfezione architettonica del grande artista.
Terminata l’attività di reporter a tempo pieno, negli ultimi anni De Biasi deviò la sua percezione artistica di fotografo posizionando l’obiettivo anche su altre, più domestiche, direzioni, fotografando il più accessibile e consono mondo di un uomo infaticabile, così insaziabile di emozioni, da inventarsi sempre stimoli ad uso domestico, con ricerca sui colori e sulla reinterpretazione di oggetti occasionali e di riciclo. Disegnatore infallibile dall’instancabile vena creativa si dilettava inoltre a creare disegni a mano libera e ferma.
Il messaggio ai nuovi fotografi è che si può trovare sempre qualcosa di interessante da fotografare, anche attraverso la creazione manuale eseguita sulla scrivania o sulla finestra di casa. In questo specifico momento storico in cui non ci sono certezze nel mondo dell’arte ma proliferano gli artisti, rivalutare e scoprire i grandi maestri della fotografia italiana è un percorso obbligato per capire chi siamo, e dove stiamo andando, come in un indagine di fronte allo specchio.
MARIO De BIASI (1923, Sois, Belluno – 2013, Milano), è l’uomo giusto al posto giusto, definito dai colleghi straniero “l’italiano pazzo” per audacia e caparbietà inizia a fotografare nel 1945 con un apparecchio rinvenuto tra le macerie di Norimberga, dove si trova deportato. A Milano (dove ha vissuto sino alla morte) ha la sua prima mostra personale nel 1948, nel 1953 entra a far parte della redazione di Epoca, con cui realizza, in più di trent’anni, centinaia di copertine e innumerevoli reportages da tutto il mondo. Fittissima la sua carriera espositiva, tra cui la partecipazione alla rassegna “Gli Universalisti” alla Photokina di Colonia nel 1972, la mostra del 1994 “The Italian Metamorphosis, 1943 – 1968” al Solomon Guggenheim Museum di New York (per il cui manifesto viene scelta la sua foto Gli italiani si voltano), nel 2000 la grande retrospettiva all’Arengario di Milano, nel 2007 al Paris Photo e nel 2008 alla mostra sul “Neorealismo Italiano” di Madrid. E’ presente nel volume The Faces of Photography: Encounters with 50 Master Photographers of the 20th Century.
Premi: Erich Salomon Preis, Colonia,1964,
Premio Saint Vincent per il giornalismo 1982,
Festival di Arles, alla carriera, 1994
Maestro della Fotografia Italiana dalla FIAF, 2003
Ha pubblicato oltre 100 titoli di libri fotografici.