La prima opera datata (5 agosto 1473) di Leonardo da Vinci, tornerà per la prima volta nella terra d’origine dell’artista dopo oltre 500 anni dalla sua realizzazione. Paesaggio sarà esposto nell’estate 2019 – in occasione del 500° anniversario della morte del genio – per cinque settimane a Vinci, la cittadina che a Leonardo diede i natali il 15 aprile 1452.
Proveniente con ogni probabilità dal più antico fondo collezionistico mediceo, il foglio, ora custodito al Gabinetto dei Disegni e delle Stampe delle Gallerie degli Uffizi, si ricongiungerà idealmente alle terre d’origine del maestro, il Valdarno inferiore, che ne sono state la fonte d’ispirazione.
“Il famoso Paesaggio degli Uffizi – sottolinea Eike Schmidt, Direttore delle Gallerie degli Uffizi –, talmente celebrato da essere comunemente ricordato con il suo numero di inventario (8P recto), può considerarsi tra i primi paesaggi autonomi nel disegno occidentale, e costituisce la più precoce testimonianza grafica dell’artista. Con la data vergata in alto a sinistra, il prezioso foglio dichiara la sua appartenenza a una nuova stagione di Leonardo, da poco iscritto alla Compagnia dei pittori di Firenze, la Compagnia di San Luca: siamo agli inizi di una maturazione professionale che avrebbe coinciso più o meno con l’avvento di una nuova Età dell’Oro per la fioritura delle arti a Firenze, preannunciata nel 1469 dalla successione di Lorenzo de’ Medici a Piero di Cosimo. Tra le ricerche sviluppate allora dall’artista si segnala il rapporto tra figure e paesaggio, cui si accompagnava un’inclinazione verso l’illustrazione di brani paesaggistici dove si declinavano conoscenze della pittura nordica. Non è un caso che nel disegno inventariato ‘8P’ si ritrovino convenzioni rappresentative fiamminghe originalmente interpretate e parallele a quelle sviluppate negli stessi anni dai Pollaiuolo”.
“Nel Paesaggio – osserva Marzia Faietti, Curatrice del Gabinetto dei Disegni e delle Stampe delle Gallerie degli Uffizi – Leonardo adottò un tracciato assai diversificato per conseguire una trascrizione insieme naturalistica e astratta del dato di natura. Nel disegnare le forme naturali, l’artista non si lasciò infatti sedurre dalle attrattive di una diligente perizia mimetica; viceversa, abbandonandosi al ritmo fluente della penna, evocò liberamente forme vedute dal vivo, rivisitandole a distanza e a memoria. Tale processo mnemonico si accompagnava al desiderio di richiamare le sensazioni provate a contatto con il paesaggio naturale, colto nell’attimo fugace di un momento della giornata. L’inedito tracciato lineare doveva infatti costruire le immagini della natura ricercando analogie sul piano formale e suscitando particolari percezioni visive e sensoriali”.