C’è tempo fino al 28 novembre per visitare la doppia esposizione dedicata al celebre fotografo marchigiano Mario Giacomelli, organizzata dallo Studio Guastalla e da The Lone T, due spazi espositivi siti nello stesso cortile di un elegante palazzo meneghino in Via Senato 24.
La terra veniva come magia è il titolo della mostra allo Studio Guastalla, e Io non faccio il fotografo non so farlo quella alla The Lone T, due esposizioni che raccolgono una serie di opere dei cicli più celebri dell’artista. Partendo dagli esordi degli anni cinquanta con gli scatti di Scanno, località del Centro-Italia, dove si reca nel 1957 producendo capolavori come il “Il bambino di Scanno”, ai Pretini, progetto degli anni sessanta, conosciuto anche come “Non ho mani che mi accarezzino il volto” fotografie realizzate nel seminario di Senigallia, agli anni settanta con i Paesaggi, scatti aerei di campi arati e paesaggi marchigiani.
E’ lui stesso a creare le immagini, a formarle, a provocarle, chiede ai contadini di arare i campi per tracciare i segni da lui immaginati (anticipando la Land Art), coinvolgendo i pretini nei giochi per arrivare alle scenografie desiderate, facendo posare la madre in movimenti specifici, mescolando nelle stesse foto soggetti di tempi e luoghi diversi attraverso le sovraimpressioni. Un fotografo atipico che utilizza il nero per nascondere e il bianco per mettere in risalto le forme, creando realtà sempre nuove. E’ un mondo in continuo mutamento, una metamorfosi incessante che Giacomelli segue intervenendo sulla stessa foto in tempi diversi, con mutazioni, riprese, recuperi, ristampe, riattualizzando, dando nuovi significati.
Mario Giacomelli (1925 – 2000)
Nasce a Senigallia, città dalla quale non si allontanerà mai, spazio circoscritto in cui Giacomelli ha creato quasi tutto il suo corpus fotografico.
Nel 1950 apre la Tipografia Marchigiana, in via Mastai 5, che negli anni diverrà luogo di “peregrinaggio” di artisti, critici, studiosi di tutto il mondo che vogliono conoscere il Maestro di persona. Nel ‘53 Giacomelli acquista una Bencini Comet e inizia a fotografare assiduamente parenti e colleghi; è in questo periodo che conosce Giuseppe Cavalli, fotografo e critico d’arte carismatico che lo inizia alla riflessione sulla Fotografia e sull’Arte, introducendolo nell’ambiente dei grandi circoli fotografici, come la “Bussola” e la “Gondola”, e ai concorsi fotografici. Nel ‘54 a Senigallia si costituisce il gruppo fotografico “Misa” a cui Giacomelli aderisce. La strada verso la notorietà è aperta dalla vittoria al prestigioso Concorso Nazionale di Castelfranco Veneto nel ‘55, dove Paolo Monti, della giuria, denomina Giacomelli “l’Uomo Nuovo della Fotografia”. Nel ‘55 entra in scena la Kobell Press, da cui il fotografo non si dividerà mai, considerandola parte del suo corpo. L’oltreoceano lo acclama: John Szarkowski, direttore del dipartimento di Fotografia del MOMA di New York, nel ‘64 acquisisce la serie Scanno e alcune immagini della serie Pretini (Io non ho mani che mi accarezzino il volto). Ormai la sua fama è mondiale. Nello stesso anno (e nel 1978) partecipa alla Biennale di Venezia. Gli anni ‘60/70 vedono un Giacomelli preso anche nell’espressione pittorica di stampo Informale, pur restando la fotografia il suo vero grande mezzo espressivo, attraverso cui non smetterà mai di sperimentare e di indagare la realtà e se stesso. Le sue opere sono conservate nei maggiori musei del mondo, riconosciuto all’unanimità come Maestro della Fotografia e poeta dell’immagine. Giacomelli ha creato un linguaggio tutto suo regolato da un sistema grammaticale e rituale, che gli ha permesso di accedere per un’intera vita alla sua profonda dimensione interiore.
Mario Giacomelli
La terra veniva come magia – Studio Guastalla,
Io non faccio il fotografo non so farlo – Lone T
Fino al 28 novembre 2016
Via Senato 24, Milano.