Welcome to Miami, bienvenidos a Miami. Welcome to the Show, el Mundo en Miami. Doppia lingua (d’obbligo) per doppia e tripla citazione, cantilena. Dalla Miami di Will Smith (sbarcato in tarda mattinata tra gli stand) alle entusiaste copertine delle fanzine svolazzanti in ogni angolo del fiammante Miami Beach Convention Center, tirato a lucido per l’occasione dopo tre anni di ristrutturazioni (620 milioni di dollari il costo) e definitivamente avvolto da una candida armatura ondulata che ne scandisce le vetrate. Apre fra pochissime ore la 17esima edizione di Art Basel Miami Beach, dalle 15 di oggi pomeriggio (6 dicembre) al 9 dicembre.
268 gallerie da tutti i 5 continenti, 34 paesi rappresentati, 10 le italiane, 4 mila artisti in mostra, 85 mila visitatori attesi, un numero imprecisato di opere d’arte (sul termine “arte” come al solito ci sarebbe da discutere, ma quello è). Il mondo dell’arte è qua. Il circo del contemporaneo è tornato a fare tappa sotto il sole e le palme avvolte dalle lucine natalizie della Florida, all’ombra del déco di Delano, Sagamore, National, Setai, gli storici alberghi a pochi passi da qua sulla Collins. Anche se di sole a dir la verità ce n’è poco o niente. Almeno durante la giornata di preview appena trascorsa, 5 dicembre 2018 (l’altro ieri si friggeva sotto i 96 gradi fahrenheit -quasi 36 gradi- stampati a caratteri digitali-cubitali sulla torre elettronica di Lincoln Road). Anzi, grigio cielo e aria freddina da maglioncino o giacchetta che faceva oscillare il termometro tra i 15 e 20 gradi nostri (che qua significano gelo), anche se i più si aggiravano tra gli stand in tipiche canotte colorate stile miami-bitch, ciabatte di pelo e vestitini succinti, spesso glitterati, prima (ovviamente) di infilarsi nella parata di Lamborghini, Maserati, Mustang che aspettano fuori in silenzio, sulla Washington o sulla Diciassettesima. Come tradizione comanda.
Quello che importa però sono le vendite, e i compratori. E ci sono state, e stati. Molte le opere acquistate fin dalle prime battute da collezionisti per lo più statunitensi e sudamericani (Brasile, Argentina, Messico su tutti, ma anche nuovi compratori peruviani e cubani, rappresentati da una significativa partecipazione di artisti e gallerie latinoamericane), e da una buona fetta di buyers canadesi. Europei pochi ma buoni, meno dell’anno scorso. Asiatici molto poco (visto anche che hanno in casa l’edizione di Hong Kong). Top price della fiera il Rothko di Helly Nahmad da 50 milioni di dollari, uno spettacolare Yellow, Orange, Yellow, Light Orange del 1955 che fa capolino all’entrata lato ovest. Seguono il (piuttosto) caro David Smith con una scultura da Hauser & Wirth a 18 milioni e i 16,5 dell’Onion Gum del 1983 di Basquiat su fondo totalmente giallo da Van de Weghe (foto nella sezione dei migliori stand). Impossibile non segnalare i due pezzi di Koons, tra cui Ode all’Amore da Gagosian a 7 milioni di dollari (5 richiesti per un bellissimo John Currin a fianco), l’altro da Edward Tyler (uno Smooth Egg viola lucido del 1994-2009). Ottime vendite per Keith Haring in ogni stand (Lèvy Gorvy e Gladstone, vicine di banco, hanno dedicato parte degli spazi al writer di Reading). Richiestissimi Philip Guston, Mark Bradford e Matt Mullican. Andati via subito i pochissimi Ed Clark presenti (di cui due notevoli da Mnuchin). Stessa sorte per i lavori dell’argentino Rirkrit Tiravanija (presa letteralmente d’assalto e “di gesso” la sua mega lavagna nello stand di neugerriemschneider), rappresentato anche dallo stand della Fondazione Beyeler con un’installazione ispirata alla Divina Commedia. Passaggi di proprietà importanti per Wesselmann, Scully, El Anatsui, Baselitz, Katz, Copley, mentre continua e piacevolmente imperversa la Mitchell-mania, sull’onda dell’ultima Art Basel di Basilea a giugno , il contemporaneo record di Christie’s e le due grandi rassegne in arrivo negli States nei prossimi anni. Vendite milionarie per l’artista, dai pochi milioni per i pezzi più piccoli ai 7,5 di una tela del 1958 da David Zwirner, fino al doppio “14 milioni” per un olio del 1969 di Hauser & Wirth e uno del 1959 da Lévy Gorvy. Tra i pochi “moderni” presenti, Howard Shaw di Hammer ci conferma la soddisfacente risposta di collezionisti latinoamericani per Chagall, Picabia e il cubano Wifredo Lam (per stare in tema Cuba, si segnala la numerosa presenza di interessanti giovani artisti cubani).
Chicche a iosa, dalle temperature dei Paesaggi del nostro Luigi Ghirri versione brianzola, ai reticolati di luce filante di Mark Tobey, da una preziosa natura morta with matchbook di Diebenkorn del 1956 allo strabiliante Toaster di Alex Hay, in vendita a 450 mila dollari. Raffinatissimi i pochi stand di fotografia presenti, vedi Edwynn Houk e Howard Greenberg. Gallerie italiane che si distinguono per l’eleganza delle proposte, vedi Massimo de Carlo, Magazzino, Mazzoleni, Lia Rumma, Tornabuoni, Continua (Main Section), Lorcan O’Neill (sezione Nova) e Paci con un solo-show di Nancy Burson alla Survey. Sezioni (5) nel complesso interessanti, con però le giovani promesse di Positions da dimenticare. Tirando velocemente le somme, Art Basel Miami si conferma, come giusto (e gusto) che sia, una sterminata (proibitivo girarla in un solo giorno, causa collassi) fiera-calderone multiforme votata all’eccesso, dominata dalla “larga scala” e caratterizzata da un’offerta antropologica strabiliante (e questo è anche il suo bello). Qualità degli stand medio-alta, con rari purtroppo progetti curatoriali seri (come ad esempio il bellissimo Light of Being di Pace o il solo-show di George Segal da Templon). Prerogativa però che interessa a pochi da queste parti. Amen. Numerosa (come previsto) la presenza di artisti afroamericani (oltre che i già ampiamente citati latinoamericani), e forte attenzione sul lavoro di artiste della seconda metà del novecento (impegnate o meno), da Lee Krasner a Dorothea Lange, da Alice Neel a Tacita Dean a Cecily Brown (tutto venduto nelle primissime battute per l’artista londinese, anche in diversi musei sudamericani), dalla bravissima Njideka Akunyili Crosby alla nostra Paola Pivi (vedi Massimo de Carlo e Perrotin, che registra subito per l’artista milanese vendite tra i 45 e 115 mila dollari, trainate dalla grande retrospettiva al The Bass a pochi isolati da qua). Prossimi appuntamenti: Hong Kong (29-31 marzo 2019); Basilea (13-16 giugno 2019).
I 15 MIGLIORI STAND DI ART BASEL MIAMI BEACH 2018
(di seguito alla selezione dei 30 pezzi tra i più interessanti in fiera, le immagini dei top stand)
1) Pace (Lightness of Being); 2) Richard Gray (con in particolare il Tribute to Richard Gray scomparso quest’anno); 3) Mnuchin; 4) White Cube; 5) neugerriemschneider; 6) Sadie Coles; 7) 303 gallery; 8) Spruth Magers; 9) Eva Presenhuber; 10) Lévy Gorvy; 11) Thomas Schulte; 12) Chantal Crousel; 13) Bergamin & Gomide; 14) Howard Greenberg; 15) Templon.
Oggi pomeriggio apre la fiera al pubblico. Da stamattina ordinario “giro” di opere negli stand per sostituire i pezzi venduti durante la preview. Di seguito le nostre 30 opere assolutamente da non mancare quest’anno in fiera, consapevoli che qualcuna non ci sarà già più.
1) MARK ROTHKO, UNTITLED, 1955 – HELLY NAHMAD
2) GIORGIO MORANDI, NATURA MORTA, 1949 – KARSTEN GREVE
3) ROBERT LONGO, UNTITLED, 2018 – METROPICTURES
4) JOAN MITCHELL, UNTITLED, 1960 – DAVID ZWIRNER
5) ANDREAS GURSKY, UTAH, 2017 – SPRUTH MAGERS
6) ALEX HAY, TOASTER, 1963 – PETER FREEMAN
7) LUIGI GHIRRI, MONZA VILLA MACHERIO, 1988 – MATTHEW MARKS
8) NIJDEKA AKUNYILY CROSBY, TEA TIME IN NEW HAVEN, 2013 – VICTORIA MIRO
9) JEFF KOONS, ODE ALL’AMORE – GAGOSIAN
10) LEE KRASNER, UNTITLED, 1959 – BERGGRUEN
11) PAUL KLEE, THE SINGER L. AS FIORDILIGI, 1923 – GALERIE THOMAS
12) TOM WESSELMANN, BEDROOM BLOND WITH TV, 1984-93 – ALMINE RECH
13) PHILIP GUSTON, SHOE HEAD, 1973 – HAUSER & WIRTH
14) JEAN DUBUFFET, LA VIE A LA CAMPAGNE, 1949 – APPLICAT PRAZAN
15) TACITA DEAN, QUARANTANANIA, 2018 – MARIAN GOODMAN
16) MARKUS LUPERTZ, EURYDIKE, 2017 – ALMINE RECH
17) CECILY BROWN, SPARTANS AND SIRENS IN PARADISE, 2018 – PAULA COOPER
18) MARK BRADFORD, FEATHER, 2018 – HAUSER & WIRTH
19) ERIC FISCHL, UNWINDING, 2018 – SPRUTH MAGERS
20) JOHN CURRIN – GAGOSIAN
21) CHRISTO, SURROUNDED ISLANDS, 1981 – PACE
22) ALBERTO BURRI, ROSSO PLASTICA, 1968 – MAZZOLENI
23) MARK TOBEY, WHITE WRITING, 1955 – MICHAEL ROSENFELD
24) ALFREDO JAAR, A LOGO FOR AMERICA, 1987-2014 – LELONG
25) JAMES ROSENQUIST, REFLECTOR, 1982 – THADDAEUS ROPAC
26) ALICE NEEL, MARY BEEBE, 1975 – VICTORIA MIRO
27) RICHARD DIEBENKORN, STILL LIFE WITH MATCHBOOK, 1956 – WAN DOREN WAXTER
28) SALLY MANN, VIRGINIA #42, 2004 – EDWYNN HOUK
29) NAN GOLDIN, SUZANNE AND PHILIPPE ON THE BENCH, 1983 – MARIAN GOODMAN (SULLA SX)
30) ANNE RYAN, UNTITLED, 1948-50 – WASHBURN
TOP STAND ART BASEL MIAMI BEACH 2018
DOVE MANGIARE
Una tipica osteria italiana nello sfavillante Design District di Miami. Salumeria 104 è un ristorante in stile trattoria nostrana che coniuga piatti di salumi artigianali (italiani, dal guanciale alla finocchiona) e selezione di formaggi (sempre italiani, dalla burratina al crucolo trentino) a grandi classici, piatti, della cucina italiana: dal coniglio in tecia al baccalà alla vicentina, dalle lasagne ai tagliolini. Un mix di cucina veneta, salumi emiliani e gran spolvero di tartufi. Tutto rigorosamente Made in Italy. Dai prodotti, allo chef (e co-proprietario) Angelo Masarin. Dal veneto con amore. E tradizione italiana, una cucina che porta la sua impronta e la sua storia, fatta di sacrifici e passione coltivata e affinata in giro per l’Italia e il mondo. Assolutamente consigliato. Ottima selezione di vini. Atmosfera “di casa”. Prezzi: medio-alti. Contatti: info@salumeria104.com. Indirizzo: Midtown Miami, 3451 NE 1st Ave #104; Coral Gables, 117 Miracle Mile.
Dai 50 milioni di Rothko alla Mitchell-mania. Art Basel Miami 2018, report, stand e opere da non perdere