Giuseppe Pellizza nasce a Volpedo nel 1868 e vi muore nel 1907. Fa parte di una famiglia di piccoli proprietari terrieri, impegnati nella viticoltura, che gli garantisce una buona stabilità economica. Questo gli permette di dedicarsi tutta la vita alla tanto amata pittura, di frequentare l’Accademia delle Belle Arti di Milano, Bergamo, Firenze, Roma e di non rinunciare a viaggi di studio. Dunque, sollevato dalle preoccupazioni economiche che spesso affliggono gli artisti, Pellizza decide volontariamente e consapevolmente di stabilirsi a lavorare per tutta la vita a Volpedo. Questa scelta viene poi consolidata dal matrimonio con Teresa Bidone (1892), donna fantastica che lo sostiene e lo incoraggia per tutta la loro vita insieme.
La casa di Pellizza è davvero molto grande ed è anche per questo motivo che nel 1888 chiede al padre di ricavargli uno studio in una stanza della casa, nonostante prediliga dipingere dal vivo, studio che otto anni più tardi amplia e rende un vero e proprio atelier (m 7 x 8,30 x 5,60).
È proprio da qui che parte l’itinerario tra i luoghi di Pellizza. Nel 1966 la famiglia lo cede al comune di Volpedo che lo apre al pubblico, ma il vero e proprio restauro, durato fino al 1994, è dovuto alla professoressa Aurora Scotti. Proprio durante questi restauri è stato riportato alla luce il vero colore delle pareti. Forse ci si aspettava un “tipico colore da atelier”, luminoso e delicato, come il bianco o il rosa, mentre invece le pareti sono di un colore scuro e terroso, che se in un primo momento può sembrare che stoni, in verità sembra fatto apposta per i quadri che vi sono collocati, oltre il fatto che in verità erano scure le tinte di molti altri atelier illustri dell’800. Non vuole essere un semplice studio di un pitture qualunque, ma di un artista-filosofo, un intellettuale e questo è rivelato da alcuni indizi: sulla parete destra vi è un autoritratto di Pellizza, un carboncino su tela, in stretta relazione con l’ “Autoritratto” degli Uffizi, in cui l’artista non si rappresenta con gli attrezzi del mestiere, pennello e tavolozza, ma si rappresenta come una figura pensante, con alle sue spalle il simbolo della cultura: una libreria. Non vi è solo questa dipinta, ma anche una reale, sulla parete sinistra che comprende ben 890 volumi e testate di giornali.
In questo studio sono conservati anche gli strumenti di lavoro, in una bacheca di vetro non originale ma necessaria per la conservazione, il cospicuo epistolario e alcune opere significative dell’artista. Tra queste due ritratti dei genitori a figura intera. Interessante l’evoluzione di questi. Si sa che Pellizza comincia da quello del padre ma che inizialmente è pensato come un mezzo busto. È il periodo in cui studia presso il pittore Tallone e si vede come già in questo quadro vi sia un principio di divisionismo, come cerchi di fare in modo che lo sfondo traduca le vibrazioni atmosferiche e come frantumi la pennellata. Nello sfondo si può notare una “ingenuità”: infatti Pellizza dipinge il piano d’appoggio (di marrone) e stende le pennellate perpendicolarmente rispetto a quelle dello sfondo-parete (che è sul verde). Vi sono anche diversi gessi, tra cui uno “scorticato”, che l’artista utilizza per esercitarsi nel disegno (inteso come segno di contorno o chiaro scuro e che spesso va oltre il semplice esercizio e diventa strumento di esposizione). Vi sono due importanti veline del “Quarto Stato”, tenute sotto vetro a causa dell’estrema delicatezza, in penna, che Pellizza realizza proprio per garantirsi la rispondenza delle persone. Sono poi presenti molti altri quadri, esercizi di pittura e mobili.
Tra il 2000 e il 2001 è stato realizzato in paese, all’aperto, un museo en plein air: un itinerario dei luoghi pellizziani per cui dieci riproduzioni di opere del pittore sono state collocate nelle vie di Volpedo, nei punti che hanno ispirato l’artista. Tra i più noti “Il sole” in via Torraglio, “Il fienile” nel cortile della casa di Pellizza e “Il quarto stato” in Piazza Quarto Stato.
In questa piazza è stato allestito anche il Museo Didattico, la cui realizzazione è stata ideata e curata dalla professoressa Aurora Scotti. Si tratta di sei locali in cui pannelli esplicativi e immagini fotografiche esaminano il percorso pittorico dell’artista per far comprendere il mondo e l’arte di Pellizza anche a un pubblico non specialistico.
La piazza Quarto Stato, dove Pellizza ambienta il celebre quadro omonimo, presenta ancora oggi le dimensioni e le prospettive di fine 800 e lo spettatore può facilmente immergersi con l’immaginazione nell’atmosfera che animò la realizzazione di quest’opera, che attualmente si trova a Milano (Museo di via Palestro).
La tela (293 x 545 cm) fu realizzata per la quadriennale di Torino del ’02. Il forte simbolismo è dato da due elementi, la notte sullo sfondo e il sole sulle persone, che vogliono alludere alla rinascita: è chiara l’allegoria sociale del popolo che avanza verso un futuro radioso, lasciandosi alle spalle l’età dell’oppressione.
“Quarto Stato – che fu nella mia mente “Fiumana” prima, quindi “Il cammino dei lavoratori” – fu una delle mie primissime concezioni, fu il pensiero continuato di un decennio e non riuscii a concretarlo che dopo aver evoluto la mia arte con molto, moltissimo lavoro e con altrettanto pensiero. Ma quando pensiero e forma si fusero nella mia convinzione nulla mi trattenne: non le rampogne della famiglia, non i consigli degli amici, non le maldicenze dei meno benevoli e altre maggiori difficoltà. Fu quale l’avevo voluto. L’avanzarsi animato di un gruppo di lavoratori verso la sorgente luminosa simboleggiante nella mia mente tutta la grande famiglia dei figli del lavoro”. (Lettera di Pellizza a Matteo Olivero del 29 Ottobre 1904).
Il quadro è davvero enorme, infatti le persone sono raffigurate a grandezza naturale e si impongono quasi con prepotenza sulla scena. Essere di fronte a questo quadro suscita la sensazione di trovarsi di fronte a un quadro, per così dire, ingombrante. Potendo poi confrontare la scena dal vivo, con la piazza di Volpedo, quasi non si crede che non sia un lavoro di completa fantasia: degli studi hanno però stabilito che tutte le persone ritratte hanno occupato veramente nella piazza il posto che hanno nel quadro. Tre mattonelle infatti sono colorate nei punti che corrispondono ai tre personaggi in primo piano e si sono calcolate le posizioni anche di tutti i personaggi sullo sfondo, anche se a stento si riesce a credere che riuscissero ad entrare veramente in un posto così piccolo.
Infine, una volta visitato tutto il paese che ha fatto da scenario alla vita del pittore, è possibile completare l’approfondimento del percorso artistico dell’artista recandosi a Tortona, presso la Pinacoteca della Fondazione Cassa di Risparmio di Tortona, a soli dieci minuti di auto da Volpedo. Questa collezione comprende oltre quaranta opere di nove pittori tortonesi. Ben dodici sono le tele di Pellizza, al quale è dedicata un’intera sala. Dalle opere del giovane pittore (“Autoritratto”) alle opere di tecnica divisionista (“La Sacra Famiglia”), ci si trova di fronte al corpus più consistente di opere dell’autore fruibile al pubblico. Inoltre recentemente la collezione si è arricchita di una tela molto importante: “Piazza Caricamento a Geneva” di Plinio Nomellini (1891), autore che ebbe una forte influenza su Pellizza.
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Informazioni utili:
VOLPEDO
Studio dell’artista
Via Rosano, 3
Museo Didattico
Palazzo del Torraglio – Piazza Quarto Stato 1
Orari: Maggio – Settembre: Sabato e Festivi ore 16:00-19:00;
Ottobre – Aprile: Sabato e Festivi ore 15:00-17:00
Per visite infrasettimanali di gruppi e scolaresche: telefono e fax 0131/80318, e-mail info@pellizza.it, web www.pellizza.it
TORTONA
Pinacoteca della fondazione C. R. Tortona
Corso Leoniero 6
Orari:
Sabato e Festivi ore 16:00-19:00
Info: telefono 0131822965, fax 0313870833, web www.fondazionecrtortona.it