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Intervista a Giuseppe Iannaccone

AMORE PER L’ARTE
Il viaggio di un collezionista nell’intimo umano  

 

L’incontro è con Giuseppe Iannaccone, collezionista e importante avvocato milanese. Ci fa capire quanto le emozioni personali e l’amore per l’arte siano determinanti nella realizzazione di una collezione d’arte, collezione che riflette l’intimo della propria esistenza .

 

Come è nata questa Sua passione per il collezionismo d’arte?

La mia collezione è iniziata in un momento di grande stress lavorativo. Su consiglio di un amico ho cominciato ad interessarmi all’arte, a frequentare musei e gallerie nonché a comprare riviste e cataloghi d’arte. Dopodichè dopo aver studiato e conosciuto la storia della pittura italiana mi sono appassionato all’Espressionismo degli anni’30. Questa passione dura tuttora anche se parallelamente sono passato all’arte contemporanea stimolato dal fatto di poter collezionare opere facenti parte del periodo storico in cui sto vivendo.

Come è nato l’interesse per l’arte contemporanea e per quale ragione ha scelto questo  fenomeno di non facile lettura che si discosta in parte dal filone originale riguardante la collezione dell’arte dei primi del’900?

Io nell’arte cerco sempre le emozioni dell’intimo umano,  di ciò che agita l’esistenza di ciascuno di noi, sia che si tratti di arte anni ’30 sia che si tratti di arte contemporanea. Dal mio punto di vista non trovo differenze sostanziali  tra i due filoni, semplicemente rientrano in momenti storici diversi che riflettono il relativo atteggiamento dell’animo umano. E’ semplicemente un diverso momento storico e quindi un diverso atteggiarsi di quello che è l’animo dell’uomo. Ma è pur sempre  quello che abbiamo dentro. Ad esempio una scultura di Marc Quinn mi suscita la stessa emozione che mi provoca di una spiaggia di  Fausto Pirandello, le figure di Elizabeth Peyton le amo come le figure di Arnaldo Badodi al bar. Il passaggio all’arte contemporanea è stato automatico, qui ho l’ambizione di creare una collezione che sia rappresentativa di questi anni. Mi sentirei un fallito se ad un certo punto scoprissi di aver collezionato artisti che in realtà non sono espressione dell’epoca che io ho vissuto con grande entusiasmo.

Generalmente le interessa entrare in contatto diretto con l’artista di cui acquista l’opera oppure preferisce che rimanga una figura al di fuori del prodotto artistico?

Grazie a Bruna Aickelin, gallerista di Venezia e figura fondamentale per questa mia ricerca, ho conosciuto molti artisti di arte contemporanea. Nonostante ciò, anche se non mi dispiace il contatto diretto con gli artisti, non è un aspetto che mi incuriosisce particolarmente. Io amo l’opera per quello che mi dà, a prescindere da quello che vuole dire l’artista. È uno specchio che riflette la mia vita.

Per quanto riguarda la collezione di arte contemporanea, qual è il suo orientamento?  Predilige soprattutto artisti giovani oppure si affida anche ad artisti più o meno noti?

Io cerco artisti emergenti, giovanissimi e scommetto sui  loro capolavori, sulle opere per me più significative. Ho appena fatto un viaggio in India, organizzato dalla mia assistente Rischa Paterlini, dove ho comprato artisti indiani. Ovunque c’è novità che mi crea emozione io compro.

Mi pare di capire che le sue scelte siano dettate più dal cuore che non dalla variabile economica.

Sì, sono dettate soprattutto dall’emotività anche se l’aspetto economico è imperante perché purtroppo quando delle opere arrivano a cifre esorbitanti non le puoi più comprare. Ad esempio non aver comprato opere di Jenny Saville e Cecily Brown per me è un dolore perché sono due artiste che entrano dalla porta principale del mio interesse per l’arte. Oggi per comprare queste artiste dovrei rinunciare a parte della mia collezione e non posso farlo.

Da poco si è inaugurata a Palazzo Reale la mostra “Corrente: le parole della vita. Opere 1930/1945”. Alcune delle opere in mostra sono sue, quindi l’ intento è di rendere godibile al pubblico le sue opere, e non ad un solo fruitore?

Ho sempre prestato i miei quadri e ogni volta  ho considerato, come unico limite, il fatto di esporre le opere in una mostra che fosse seria, organizzata in un ambiente pubblico e con finalità non commerciali.

Come considera la sua collezione: già completa oppure in fase di arricchimento?

Fino a quando avrò forza economica, arricchirò la collezione. La mia professione di avvocato è una passione e mi dà grandi soddisfazioni, ma principalmente è uno strumento per incrementare la collezione. Ma, le dirò, è una cosa strana. Quando penso al mio futuro lavorativo, come per tutti i professionisti, non so ancora cosa mi riserverà e questo mi spaventa perché non avere una continua crescita professionale potrebbe far perdere forza al proseguimento della mia collezione. 

Una domanda curiosa…qual è l’opera che le piacerebbe possedere ma che sa già di non poter avere mai ? (ad es. perché già in possesso di un museo, un costo troppo alto, etc.)

Tante opere, anche se su di me c’è un effetto strano. Se un’opera che io so di non poter avere è in un museo, e quindi fruibile da parte del pubblico, sono tranquillo. Se la stessa fosse in possesso di un privato starei male, vorrei averla a tutti i costi nella mia collezione. Mi è capitato spesso per la collezione degli anni ’30 di invidiare ad altri un  Mario Mafai straordinario, uno Scipione fantastico, un Renato Birolli meraviglioso. La mia ambizione è, attraverso le opere raccolte, di dar vita ad un racconto degli anni ‘30 che sia rappresentativo della gigantesca emotività che pervadeva gli italiani fra le due guerre. Per fare questo ci vogliono dei capolavori e se i capolavori sono altrove provo un senso di incompletezza, quasi dolore.

Qual è l’ultima opera che ha acquistato?

Ho acquistato alla fiera d’Arte Moderna e Contemporanea di Basilea, Francis Alys, un artista contemporaneo straordinario che fa dei dipinti di piccole dimensioni che ritraggono in pieno la solitudine e la riflessione dell’uomo. Un artista concettuale ma allo stesso tempo molto legato all’intimismo.

Quale consiglio darebbe a chi volesse dare vita a una collezione d’arte?

Studiare la storia dell’arte. Consiglierei di non comprare seguendo i valori di mercato o delle aste. Acquistare solo ciò che, a torto o a ragione, dica qualcosa di nuovo e di importante, che esprima un valore legittimato ad entrare nella storia dell’arte. Si può anche sbagliare, ma il rischio è una regola del gioco.

Marc Quinn Sphinx Victory 2006 cm. 78,7x58, 4x66

Elizabeth Peyton Fred Huges in Paris 1994 cm. 30,5x23

Fausto Pirandello La spiaggia 1940 cm 74x106

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