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Robert Rauschenberg,Travelling ’70-’76

I carnet di viaggio di
ROBERT RAUSCHENBERG 

Museo MADRE, Napoli
22 ottobre 2008 – 19 gennaio 2009

 
foto di Art Kane

 

Robert Rauschenberg approda al Museo MADRE di Napoli con una mostra che presenta una selezione di opere  realizzate tra il 1970 e il 1976, dopo aver fatto tappa nelle città di Porto e Monaco. L’esposizione inaugura il 22 ottobre 2008, compleanno dell’artista, scomparso lo scorso maggio ed è curata da Mirta d’Argenzio.

L’interesse di Rauschenberg per altre culture e l’esperienza dei suoi viaggi si riflettono in queste opere degli anni Settanta. Per la prima volta dalla loro produzione ricevono il riconoscimento che meritano. Negli anni Settanta Rauschenberg viaggiò in Italia, in Francia, a Gerusalemme e in India. Le serie presentate al Museo MADRE mostrano una eccezionale sintesi, vivacità e brillantezza grazie all’uso di nuovi materiali e tecniche.

Durante questo periodo Rauschenberg creò opere fatte di cartone, di stoffa e oggetti ritrovati. In tutte e cinque le serie l’artista si confronta con i classici problemi della pittura, come la composizione, il colore e la struttura, ma anche con quelli della scultura come il peso, l’equilibrio e la posizione dell’oggetto nello spazio, il tutto con la sua tipica inventiva.

La mostra riunisce una selezione di opere di Robert Rauschenberg dalle serie: Cardboards,VenetiansEarly EgyptiansHoarfrosts e Jammers

La mostra ospitata dal Museo Madre di Napoli è organizzata dalla Fundação de Serralves, Museu de Arte Contemporânea di Porto e coprodotta dalla Haus der Kunst e dal Museo d’Arte Contemporanea Donna Regina di Napoli.

Le cinque serie:

I Cardboards

In questa serie creata tra il 1971 e il 1972 Rauschenberg utilizzò soltanto pezzi di cartone trovati. La sua decisione di limitare i materiali al cartone e alle scatole di cartone coincise con il suo trasferimento sull’isola di Captiva nel sud della Florida. Dopo un periodo di grandi successi a New York, Rauschenberg stava cercando un nuovo modo di concentrarsi; si trasferì nel 1970 ed era alla ricerca di un materiale che si potesse trovare in ogni parte del mondo per la sua nuova serie. “Non sono mai stato in un posto dove non ci fossero scatole di cartone… persino in Amazzonia” (Rauschenberg 1991).
Rauschenberg fu il primo a usare solo il cartone per quadri, sculture e installazioni di ampio formato senza trattarlo come decoro pittorico o soggiogarlo in qualche modo. Scoprì la qualità espressiva dei materiali d’imballaggio, unendo il linguaggio dell’astrazione formale a quello della vita reale, allo stesso tempo mantenendo interamente il carattere del materiale. E fu proprio il cartone, destinato di solito ad essere scartato, su cui concentrò la sua attenzione: “… Mi è nato il desiderio di lavorare con un materiale di scarto e morbidezza: le scatole. Qualcosa che dà, come unico messaggio, lo scherzo bonario di una collezione di linee impresse. Nuove forme che rivelano la silenziosa discussione della loro storia. Le scatole. Lavorate in modo comune con felicità”.
I “Cardboards” tendono ad essere monocromatici. Rauschenberg qui prosegue sulla scia dei quadri in bianco e nero puro dei primi anni. Così le tracce sulle scatole lasciate dall’uso sono fortemente accentuate: etichette, parole stampate, impronte di suole e dita, così come diversi segni di danneggiamento. Queste tracce si sovrappongono l’una sull’altra e danno informazioni sul passato della scatola. In quanto materiale universalmente reperibile, le scatole di cartone rappresentano anche il graduale conformismo del mondo governato dalle condizioni della sovrapproduzione capitalistica.

I Venetians

I “Venetians” furono creati tra il 1972 e il 1973 a Captiva dopo un viaggio a Venezia. Per questa serie Rauschenberg utilizzò prevalentemente materiali di produzione di massa e oggetti di scarto di uso domestico: stoffa, corda, legno, pelle, pietra, cavi e fili elettrici, sedie, vasi, cuscini, una vecchia vasca da bagno, acqua e ferraglia.
I “Venetians” sono più scultorei rispetto ai precedenti “Cardboards” e meno astratti. Caratteristico è il riferimento all’immaginario veneziano che non è comunque puramente figurativo. Gli oggetti mantengono la loro indipendenza e identità e le analogie con l’aspetto della città sono soprattutto formali. Ad esempio l’osservatore trasforma mentalmente l’interno di un tubo rotto nel profilo di una gondola e un pezzo di legno nel remo di un gondoliere. (“Untitled [Venetian]”, 1973).
Rauschenberg era un assiduo visitatore della Biennale di Venezia a cui partecipò diverse volte. Fu uno dei primi artisti a rendere il carattere distintivo della città soggetto della sua opera: la sospensione del tempo nella laguna, il fascino intramontabile della città nonostante il graduale declino della sua bellezza.
In questa serie Rauschenberg ritorna ai suoi collage, alla giustapposizione di materiali e oggetti rinvenuti che una volta caratterizzavano i suoi combine-paintings.
Il titolo dell’opera, “Sor Aqua”, (1973) fa riferimento al Cantico di Frate Sole di San Francesco d’Assisi, una delle prime opere della letteratura italiana. I quattro elementi formano due serie di fratelli: Fratello Sole e Sorella Luna, Fratello Fuoco e Sorella Acqua. Frate Sole è il simbolo dell’illuminazione attraverso Dio. Nel lavoro di Rauschenberg pezzi curvi di metallo sono appesi sopra una vasca da bagno piena e si riflettono nell’acqua come nuvole. Anche la luce incidentale si rispecchia nell’acqua.

Robert Rauschenberg
Sor Aqua (Venetian), 1973 
Wood, metal, rope, glass jug and water-filled bathtub
249 x 305 x 104 cm
Collection The Museum of Fine Arts, Houston, gift of the Caroline Wiess Law Foundation
© Robert Rauschenberg / VG Bild-Kunst, Bonn 2008
Photographer unknown

Robert Rauschenberg
Untitled (Venetian), 1973 
Cardboard, canvas, leather and rubber 
145 x 193 cm (not including tail)
Collection of the artist
© Robert Rauschenberg / VG Bild-Kunst, Bonn 2008
Photograph by Ross-Elhert

Gli Early Egyptians 

La serie “Early Egyptians” fu creata nel 1973 e 1974. Il cartone è ancora un volta il materiale dominante, anche se il modo in cui viene trattato in questo caso è del tutto diverso: le scatole di cartone non sono appiattite o tagliate, ma quasi sempre usate come elementi costruttivi in queste opere di grandi dimensioni.
Rauschenberg, non senza una certa ironia, ricopre di colla le scatole di cartone e poi le fa rotolare nella sabbia o le avvolge nella garza come mummie. Dipingendo il retro delle scatole con inchiostro fosforescente crea un alone sul muro come se gli oggetti vi proiettassero ombre artificiali. “Le cospargo di un materiale speciale come se fosse colla. Poi le ricopro con due o tre strati di sabbia. Questo è così, quando pensi che siano scatole, ti sembrano pietre. Poi dopo aver pensato che sono pietre, torni alla prima impressione. Non sono pietre! Pensi di nuovo che siano scatole. Quest’ambiguità è quello che mi piace. Poi ne dipingo il retro in modo che riflettano il colore sui muri. Come pietre che si sono addormentate dentro a un arcobaleno”.
Una parte della serie è stata eseguita a Captiva, un’altra parte a Parigi. L’interesse di Rauschenberg per l’antico Egitto è in parte ispirato da letture e in parte dalle visite al Louvre: l’artista non era mai stato in Egitto.
Mentre i “Venetians” sono leggeri e quasi coreografici, gli “Early Egyptians” richiamano l’idea del peso anche quando ne sono privi. Rauschenberg crea un effetto monumentale e allo stesso tempo lo mina alla base. In questo modo le opere pongono l’osservatore di fronte al problema della caducità e della continuità.

 

Robert Rauschenberg
Untitled (Early Egyptian), 1973 
Cardboard, fabric, sand, pillow and Day-Glo paint 
198 x 71,1 x 47 cm
Private collection
© Robert Rauschenberg / VG Bild-Kunst, Bonn 2008
Photographer unknown

Robert Rauschenberg
Untitled Sculpture (Early Egyptian), 1974 
Cardboard, sand, fabric, rope, wood branch and Day-Glo paint
149 x 131 x 41,9 cm
Collection of the artist
© Robert Rauschenberg / VG Bild-Kunst, Bonn 2008
Photograph by Glenn Steigelman

 

Gli Hoarfrosts

Per gli “Hoarfrosts”, eseguiti nel 1974 e 1975, Rauschenberg utilizzò i tessuti al posto dei tradizionali supporti in tela. Il titolo fa riferimento all’Inferno di Dante che Rauschenberg aveva già illustrato negli anni ’50 con una serie di disegni che utilizzava la tecnica del transfer-drawing (“Inferno”, 1958/60). Accompagnato dal poeta Virgilio, Dante discende all’inferno, avvolto nella nebbia e nel gelo. L’inizio del XXIV canto indica: “quando la brina in su la terra assembra / l’imagine di sua sorella bianca”.
La tecnica e il contenuto di questa serie rimandano a lavori precedenti. Rauschenberg notò che la garza usata per pulire le lastre di pietra nella litografia manteneva tracce della carta da giornale. Usando un solvente che consente alle immagini di essere trasferite su tessuto, l’artista creò una serie di lavori su tessuto trasparente o semi-trasparente e trasferiva le immagini dai giornali su seta, cotone e chiffon. Nella maggior parte dei lavori diversi strati di tessuto stampato si sovrappongono, creando delicati palinsesti di grande profondità ed eleganza. All’inizio dominano i colori neutri, anche se vengono via via incorporati colori più brillanti.
Gli “Hoarfrosts” parlano di disintegrazione e stati di suspense, di occultamento e di trasparenza, “presentando le immagini nell’ambiguità dell’improvviso immobilizzarsi nella messa a fuoco o del disciogliersi alla vista” (Rauschenberg).

I Jammers

Nel 1975 Rauschenberg lavorò per un mese in India in un ashram di Ahmedabad, un centro di produzione tessile. Una volta ritornato a casa eseguì una serie di opere intitolate “Jammers” (1975-76) che sono vere e proprie esplosioni di colore. “Non mi sono mai concesso il lusso di quei bei colori brillanti fino a quando non sono stato in India e ho visto la gente andare in giro avvolta in quei colori o trascinarli nel fango. Mi sono reso conto allora che non sono così artificiali”.
I tessuti utilizzati per queste opere sono di forma rettangolare, quadrata e triangolare e i loro colori sono luminosi e intensi. Pendono morbidamente dai muri o sono attaccati a canne di bambù come veli in uno stato di equilibrio etereo.
Il titolo della serie si riferisce al windjammer, un veliero, e i titoli delle opere individuali come “Pilot” e “Sextant” sottolineano il riferimento marittimo. I “Jammers” richiamano alla mente le vele delle navi, le protezioni frangivento sulla spiaggia, il bucato appeso ad asciugare nell’Europa mediterranea e in Asia, gli stendardi medievali italiani o le bandiere dei monasteri tibetani. L’esotico viene accostato a tutto ciò che è vicino e familiare, il sacro al profano. Così come nel caso della serie veneziana, i “Jammers” mettono in mostra le duplici qualità del riferimento figurativo e dell’astrazione.

Robert Rauschenberg
Fresco (Jammer), 1976 
Fabric, two plastic glasses, water and two metal springs 
213 x 191 x 12,7 cm
Collection of the artist
© Robert Rauschenberg / VG Bild-Kunst, Bonn 2008
Photographer unknown

Robert Rauschenberg
Mirage (Jammer), 1975
Sewn fabric
203 x 175 cm
Collection of the artist
© Robert Rauschenberg / VG Bild-Kunst, Bonn 2008
Photographer unknown

INFORMAZIONI UTILI: 

NAPOLI

Museo Madre

Via Settembrini, 79 
www.museomadre.it
Informazioni e prenotazioni: Tel. 081 19313016 (lunedì – domenica: ore 10.00 – 20.00)

Orario: 
dal lunedì al venerdì ore 10.00 – 21.00
sabato e domenica ore 10.00 – 24.00
Giorno di chiusura: martedì
Biglietti:
Intero: € 7.00
Ridotto: € 3.50
Gratuito tutti i lunedì
Audioguide € 4.00
Per Raggiungere il Museo 
dall’aeroporto di Capodichino e dalla Stazione Centrale:
Taxi (circa 10/15 minuti) 
In autobus: Bus 3S partenza ogni 15 minuti scendere alla Stazione Centrale (Piazza Garibaldi).
L’AliBus: Partenza ogni 30 minuti scendere alla Stazione Centrale (Piazza Garibaldi) da qui prendere la metropolitana Linea 2, scendere alla fermata Cavour poi a piedi per circa 200 metri . 
La mostra rientra nel circuito CampaniaArtecard
www.campaniartecard.it 

Leggi su Wikipedia (italiano): 

Robert Rauschenberg 

Neo Dada 

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