Riflessione al vetriolo
Il “mitico” Bill Viola, presente a Roma per la sua acclamata e bella mostra al Palazzo delle Esposizioni, recatosi a visitare la mostra di Giovanni Bellini e preso come da incantamento per il nostro pictor, si lascia andare ad una invocazione al grande artista, riportata da La Repubblica di lunedì scorso, nella quale gli domanda: “ora che non sei più su questa terra che mondo vedono i tuoi occhi?” Mi domando io -e gli domando, mi perdoni l’ardire Maestro- con quali occhi vede Lei la pittura di Bellini? Con quale sguardo modernista ed autocentrato si interroga su come abbia fatto il grande pittore ad anticipare il linguaggio cinematografico, paragonando le mistiche velature e i chiaro-scuri dei volti delle sue Madonne, la nitidezza degli sfondi ai “filtri morbidi per i primi piani sui volti e le limpide messe a fuoco per il paesaggio usati dal cinema oggi?” Quelle figure e quegli sfondi non sono i superficiali protagonisti di un tecnologico e sofisticato deposito di immagini di un set hollywoodiano dal quale eventualmente attingere, ma l’eccezionale atemporale rappresentazione del mistero che unisce modo divino e mondo terreno, cielo e terra che la fede congiunge permeando di sé il mondo. L’Arte non è un darwiniano percorso evolutivo: l’Arte è. Punto. E non Le insorge il dubbio che rappresentare il mondo fisico con tanta precisione e realismo ed infonderlo contemporaneamente di tanta spiritualità sia frutto della millenaria cultura cristiano-cattolica che, innestando la classicità nel suo pensiero, ha reso possibile tutta la tradizione figurativa occidentale di cui tutti siamo, anche Lei forse inconsapevolmente, debitori? Se esiste l’Arte figurativa, anche nella confusa accezione odierna, lo dobbiamo a quella unica e grandiosa cultura, a cui Lei, stravolgendola, sovente attinge. Converta il suo sguardo, Maestro, abbandoni l’anima nichilista, new age-postmodena, abbracci la fede nelle nostre tradizioni e guidi il suo straordinario talento su più alte vette spirituali.
Il “mitico” Bill Viola, presente a Roma per la sua acclamata e bella mostra al Palazzo delle Esposizioni, recatosi a visitare la mostra di Giovanni Bellini e preso come da incantamento per il nostro pictor, si lascia andare ad una invocazione al grande artista, riportata da La Repubblica di lunedì scorso, nella quale gli domanda: “ora che non sei più su questa terra che mondo vedono i tuoi occhi?” Mi domando io -e gli domando, mi perdoni l’ardire Maestro- con quali occhi vede Lei la pittura di Bellini? Con quale sguardo modernista ed autocentrato si interroga su come abbia fatto il grande pittore ad anticipare il linguaggio cinematografico, paragonando le mistiche velature e i chiaro-scuri dei volti delle sue Madonne, la nitidezza degli sfondi ai “filtri morbidi per i primi piani sui volti e le limpide messe a fuoco per il paesaggio usati dal cinema oggi?” Quelle figure e quegli sfondi non sono i superficiali protagonisti di un tecnologico e sofisticato deposito di immagini di un set hollywoodiano dal quale eventualmente attingere, ma l’eccezionale atemporale rappresentazione del mistero che unisce modo divino e mondo terreno, cielo e terra che la fede congiunge permeando di sé il mondo. L’Arte non è un darwiniano percorso evolutivo: l’Arte è. Punto. E non Le insorge il dubbio che rappresentare il mondo fisico con tanta precisione e realismo ed infonderlo contemporaneamente di tanta spiritualità sia frutto della millenaria cultura cristiano-cattolica che, innestando la classicità nel suo pensiero, ha reso possibile tutta la tradizione figurativa occidentale di cui tutti siamo, anche Lei forse inconsapevolmente, debitori? Se esiste l’Arte figurativa, anche nella confusa accezione odierna, lo dobbiamo a quella unica e grandiosa cultura, a cui Lei, stravolgendola, sovente attinge. Converta il suo sguardo, Maestro, abbandoni l’anima nichilista, new age-postmodena, abbracci la fede nelle nostre tradizioni e guidi il suo straordinario talento su più alte vette spirituali.
in punta di pennino
il Vostro LdR