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It’s so contemporary

Riflessione al vetriolo 
Terminato l’auction time, i riflettori si sono spostati ed hanno lasciato momentaneamente in ombra i protagonisti e gli attori del milieu artististico a leccarsi le ferite convinti, molti, che il peggio sia passato e che per L’Arte esista un regime a parte, un privilegio che le permetta contemporaneamente l’immanenza e la trascendenza dalle vicende mondane.I primi mesi del prossimo anno ci diranno appunto lo stato dell’arte, mostrandoci quanta tossicità finanziaria il mercato ha ingurgitato. Leggendo le tristi cronache finanziarie di questi mesi quello che colpisce maggiormente non è tanto, o solo, l’ampiezza e la profondità della crisi in atto, quanto come si sia sviluppata aldilà dei singoli comportamenti truffaldini. E’ incredibile come i maggiori responsabili dei più grandi istituti finanziari, direttori di banche centrali, presidenti di “mostri” bancari, non si siano resi conto di sedere su di una polveriera per di più con la miccia accesa. E’ il fallimento di un’intera classe dirigente, dell’elite culturale che imprime al mondo la direzione, in breve una Waterloo non solo finanziaria, una vera débacle culturale.

Se, come recita il luogo comune, l’arte precorre i tempi della società, bisogna riconoscere che ilcontemporary ha in effetti assolto a questo “dovere” assorbendo tutte le tossicità culturali e restituendole in hedge fund estetico. Spesso mi sono chiesto, durante le vernici delle varie Biennali, Manifesta e Fiere internazionali, quale perfido profumo avesse invaso le narici di centinaia di migliaia di persone che si inebriavano della venefica fragranza portandoli a credere che barzellette, piccoli mot d’ésprit, fossero colpi di genio, che minime varianti dell’ormai esangue linguaggio dell’arte avessero una credibilità rivitalizzante il suo morto corpaccione. Come potesse accadere che migliaia di persone acculturate e benestanti, con posizioni di prestigio e di responsabilità, veri opinion-maker si stordissero con lo stesso aroma, attribuendo tanta importanza a shampisti vari e mistificatori culturali. Visto com’è andata e ciò che ha prodotto questa “élite”, c’è poco da stupirsi, fa tutto parte della stessa ecosfera culturale, dello stesso bouillon inacidito, dove si è scambiato per realtà il proprio dopato delirio narcisistico-paranoico-onnipotente al quale il contemporary ha dato “dignità” estetica.

in punta di pennino
il Vostro LdR

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