L’arte è senza scampo, questo il monito lanciato da Germano Celant durante l’incontro promosso dal Comune di Milano, in collaborazione con Acacia, svoltosi al Pac martedì 13 gennaio, primo appuntamento di un ciclo di conferenze fortemente voluto dall’assessore Massimiliano Finazzer Flory al fine di stimolare la riflessione circa la possibilità di realizzare un nuovo museo d’arte.
È sempre più frequente trovare al capezzale di malati terminali medici dispensatori di morte e non ippocraticamente di vita, elargitori di fame e non di nutrimento. Così al capezzale della morente Arte si chiamano i becchini, i “curatori” per l’appunto, quelli che hanno contribuito a distruggerla, i teorici del black-tie, i sacerdoti del nullismo che gridano: “ah, l’arte è morta”. E a ridaje, già l’aveva teorizzato, da tardo comunista quale era, Argan, ora ci torna su il vate a perdere da un angolazione tardo avanguardista in versione alternativo-rivoluzionaria (da salotto). E grazie che l’arte è senza scampo! Sono quarant’anni che ammorbano l’universo mondo con un’estetica poveraccia, non a caso felicemente maritata a trandyssimi straccivendoli, fatta di serpentine di frigo -che magnifica invenzione!- piuttosto che scarpe puzzolenti su mensole di ferro. Loro, i “nostri agenti all’Avana” degli States, le quinte colonne dell’internazionalismo, lamentano “il tornado americano” (Germano Celant, Il tornado americano, Ed. Skira), lo sradicamento stritolante della globalizzazione, l’eccesso di comunicazione, l’abbraccio nefasto con la moda, insomma tutte le conseguenze dei loro modernisti postulati sic! Fantastico, dopo essere stati gli infernali traghettatori dell’Arte sulle sponde desolate dell’ade, lamentano la sua morte.
Se non fosse che, tutto sommato, l’arte e tutto il suo sistema sono sostanzialmente ininfluenti per le sorti dell’umanità, ci sarebbe da incazzarsi, ma riportando le cose nella loro giusta dimensione ci facciamo una sarcastica risata. Hanno fatto sufficienti danni, hanno avuto molti onori, che vadano serenamente in pensione. E’ ora!