siamo suoi storici estimatori, seguiamo da sempre le sue rubriche e per questo ci permettiamo di stigmatizzare il suo entusiastico commento -pubblicato su Il Foglio di sabato 21 febbraio- della mostra di Marco Cingolani dal titolo Percorsi della fede in corso alla Galleria Boxart di Verona.
Le siamo così votati, pensi, che in passato ci siamo commossi per la sua disperata denuncia di mancanza di giacche sartoriali che si era anche immaginato una qualche forma di garbato sostegno. Ma poi non se ne fece nulla. Per cortesia però, la “preghiamo”, detto senza ironia, vista la sua devozione che peraltro non ci trova insensibili, lasci perdere la pittura. Comprendiamo che il desolante panorama del contemporary faccia apparire come acqua nel deserto la sola vista di un quadro dipinto, a maggior ragione se con soggetto devozionale, ma scambiare per profeta un buon curato di campagna che predica è come prendere Don Camillo per Ezechiele.
Come lei sicuramente sa ci sono molte chiese i cui parroci nell’intento di aprirsi al contemporaneo, e tentando di rinverdire l’antica e gloriosa tradizione figurativa cristiana, hanno commisionato opere d’arte terrificanti, nonostante le buone e oneste intenzioni sia dei commitenti che dei commissionari.Via, non è che se uno disdegna la cucina molecolare si butta sul primo risotto che passa!
Purtroppo per lei e per noi i risultati artistici di Cingolani, per quanto onesti ed ispirati da concezioni estetiche condivisibili, non si discostano molto da una buona decorazione e, oltre tutto, non sono riconducibili né al “buon umore di Depero” né “alla vitalità” di Schifano i quali, oltre ad essere completamente avulsi tra loro, nulla hanno a che fare, né in coppia né singolrmente presi, con il nostro.
Non sono sufficienti buone letture o temi religiosi per creare opere immortali, serve quel quid di misterioso che peraltro non sempre risiede in specchiate e colte persone. Si sa che le vie del Signore sono infinite e misteriose, per l’appunto, e che il dono della Grazia è imperscrutabile ed illumina sovente chi riteniamo non degno, facendosi trovare là dove non ce lo aspetteremmo mai e non dove più banalmente ce lo immaginiamo. Va bene che la presa del Palazzo è avvenuta, ma conservarla richiede attenzione maggiore di quella dedicata alla sua conquista. Va bene anche la “Divina Bottiglia”, bevuta però dopo aver visto le mostre, non prima, se no si rischia di avere mistiche visioni e non di guardare la prosaica realtà.