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Intervista a Elio Grazioli

Elio Grazioli, alla presentazione di WikiAfrica Arte, nell'ambito di AfroPixel, Biennale di Dakar. Foto di Emmanuel Louisgrand e Jean-Luc Bersoult
Intervista al curatore del Festival della Fotografia Europea 2009 di Reggio Emilia
LA FOTOGRAFIA E IL TEMPO DELL’IMMAGINE
Elio Grazioli, alla presentazione di WikiAfrica Arte, nell'ambito di AfroPixel, Biennale di Dakar. Foto di Emmanuel Louisgrand e Jean-Luc Bersoult
Dopo un’edizione che aveva come tema il corpo all’insegna di un “umano troppo umano” scandito dal titolo, quest’anno il tema del Festival della Fotografia Europea di Reggio Emilia è il tempo nell’immagine fotografica. Ne abbiamo parlato con Elio Grazioli, curatore dell’evento, che ci ha illustrato il rapporto che sussiste tra fotografia ed eternità, oltre ad offrirci spunti di analisi e di riflessione sulla fotografia contemporanea.
Parliamo del tema dell’eternità in rapporto alla fotografia: come mai è stato scelto questo tema? Che rapporto esiste tra il mezzo fotografico e la dimensione dell’eternità?
Abbiamo utilizzato l’’eternità’ per indicare un tempo lungo, sospeso, dilatato, condensato, contemplativo, lento, pensoso, metafisico, piuttosto che l’istante che dà il nome stesso all’istantanea. E’ in mostra una fotografia molto più meditata e meditativa, più artistica e meno documentaria, che invita al confronto sulla questione del tempo e in particolare del tempo dell’immagine, non tanto di ciò che vi è rappresentato, ma del suo modo di presentarsi, di apparire, di rivolgersi a noi. Joseph Sudek prima, Franco Vimercati e Balthasar Burkhard poi sono i campioni di questa visione in questa edizione. Ma non c’è solo questo, perché naturalmente i tempi sono cambiati, cioè la concezione del tempo è fortemente cambiata con la postmodernità e la tecnologia, con il digitale e Internet. Per questo abbiamo scelto altri due campioni di questo cambiamento. Il primo è uno dei pensatori più famosi che lo hanno teorizzato, Jean Baudrillard, che non molti sanno che era anche, e non a caso, un assiduo fotografo: teorico del “simulacro” e dell’ “iperrealtà”, nelle sue immagini vediamo farsi avanti l’oggetto, il paesaggio, la situazione in un modo particolare, come se fossero loro a chiedere di essere fotografati, dice l’autore, e non noi a sceglierli. Il secondo è Joan Fontcuberta, che da qualche anno lavora con le immagini di Internet, anzi di Google, per farne le tessere, come nei mosaici, che costruiscono altre immagini. E’ un lavoro sulla memoria, sull’archivio, sul nostro rapporto con le immagini, sul nostro modo e tempo di guardarle. L'”eternità” deve fare i conti anche con queste nuove tematiche, deve ricalcolare la sua “lunghezza”, sulla sua infinitezza.
Ho evocato i nomi più importanti della manifestazione, che poi si snoda in una quantità di altre mostre e partecipazioni. E’ in mostra l’ultima fotografia di Luigi Ghirri, ci sarà un omaggio al Dalai Lama che è anche una storia condensata della fotografia italiana recente; e poi ancora giovani e meno giovani fotografi italiani
che si confrontano con il tema e l’impostazione che abbiamo voluto dare.
Ci sono delle novità in questa edizione del Festival della Fotografia europea rispetto alle precedenti edizioni?
Abbiamo mantenuto la stessa struttura, che è complessa e ricca per poter offrire al pubblico una gamma il più amplia possibile per gusti, modi, argomenti, dibattiti. La manifestazione infatti, come gli altri anni, prevede — oltre alle numerosissime mostre che riempiono tutta la città, centinaia anche su iniziativa dei privati — tutta una serie di incontri e dibattiti pubblici nei tre giorni che seguono l’inaugurazione, e che vanno dalla fotografia, naturalmente e soprattutto, al costume, alla scienza, alla religione, alla filosofia. E la sera gli spettacoli. All’interno di questa vasta offerta tutto è “novità”!Che reazione di pubblico è stata riscontrata durante il festival?

Le voci e l’impressione diffusa è che la manifestazione abbia avuto grande successo. Per quel che ho potuto verificare io stesso, ho visto facce che non avevo visto le edizioni passate. Il pubblico mi è sembrato contento, trovando tutto, in ogni caso, qualcosa – e non poco – di suo interesse e gradimento. La manifestazione è in effetti volutamente ricca e variegata in modo da offrire spunti probabilmente a tutti, fotograficamente innanzitutto, ma anche da altri punti di vista durante i giorni delle conferenze e dei dibattiti pubblici.
Naturalmente prima di tutto sono state apprezzate le mostre intorno a cui si era creata più aspettativa, per la fama degli autori: Josef Sudek da un lato, per gli amanti del classico e del poetico, e Jean Baudrillard e Joan Fontcuberta dall’altro, per i più interessati alla teoria e all’attualità; nonché Françoise Huyguier per l’efficacia dell’allestimento. Ma il pubblico della fotografia è particolarmente ricco di persone che vogliono e sanno scoprire e apprezzare da sé in ciò che gli viene offerto, così sentivo continuamente persone che si scambiavano informazioni su ogni propria “scoperta”. Questo, direi, è poi il lato più bello, più vivo, di queste manifestazioni: un arricchimento personale e un esercizio critico individuale sentito.
Qual è la situazione della fotografia contemporanea in Italia? Cosa pensa della generazione di fotografi italiani di oggi? La fotografia risente delle stesse problematiche dell’arte contemporanea o è un sistema che mantiene una specifica e forte identità?
La fotografia sta vivendo un bellissimo momento oggi, in Italia e ovunque, soprattutto, secondo me, perché concentra in sé una sensibilità che non ritroviamo nelle altre forme d’espressione, a parte certo video arte. L’immagine ferma riscopre delle magie che non avevamo in pittura e d’altro canto la raffinatezza della fotografia è arrivata a condensare in sé tutte le gamme della sensibilità più violenta o più raffinata, nonché, secondo me, nuove sensazioni tutte contemporanee, a cui aspettiamo ancora a dare un nome, ma che sappiamo di provare. Che cos’è veramente il glamour se non una questione d’immagine? E che cos’è oggi la narrazione, quando la ritroviamo anche in una singola immagine ferma? Ma soprattutto, perché era il tema di fondo di questa edizione: che cos’è questo tempo che si condensa in un’immagine, letteralmente sulla sua superficie? Che cos’è questo tempo diverso che sentiamo quando vieniamo catturati “dentro” un’immagine? Quanto all’arte contemporanea, il mio personale invito è appunto quello di guardare in questo stesso modo, con questa attenzione e cura anch’essa, voglio dire proprio quella che ancora troppi in Italia guardano invece con sospetto e fretta.
Abbiamo già in parte parlato del tema della fotografia in relazione all’eternità. Vorrei chiederle qualche ulteriore opinione sull’intrigante rapporto che sussiste tra il mezzo fotografico, che apparentemente fissa l’immagine catturandola, e l’eternità, concetto fluttuante e in continuo movimento.
La fotografia ha aperto questo mistero “in immagine”: tutto è immagine ma mai niente lo è davvero, a causa del tempo. Che cos’è dunque un’immagine? E che cos’è il tempo? Da 170 anni ce lo si chiede e si risponde in modo diverso da prima, ma noi qui, soprattutto, lo ripeto, ci siamo voluti interrogare sul fatto che dentro un’immagine ci può essere sedimentato, stratificato, condensato un “altro” tempo, profondo, dilatato, sospeso, sensibile, qualitativo. C’è qualcosa oggi che non vedevamo prima. Provo ancora a mostrarlo: un oggetto fotografato da Franco Vimercati su un fondo nero mi sembra emergere da quel fondo come un venire alla luce, mostrandomisi come non l’ho mai visto; l’onda bloccata da Balthazar Burkhard diventa tutto un mondo, tutto visivo; grazie a Baudrillard ora posso vedere la realtà “fotografare” me nel momento in cui credo di essere io a fotografarla… Le ultime fotografie di Luigi Ghirri “sparate” nella nebbia, sintetizzano a loro volta tutto questo, l’apparire, il venire alla e dalla luce, ma anche lo sparire, il venire da e il tornare nell’invisibile. E vorrei avere lo spazio per dire qualcosa di tutti gli autori esposti: per questo, mi si permetta, rimando al catalogo che, oltre a documentare, discute e allarga il discorso. L’eternità è il tempo lungo. Certo, è un concetto in continuo cambiamento, come tutti i concetti del resto. Ma appunto: come pensare il tempo e l’eternità oggi? La fotografia pone la questione in modo più efficace di altre forme espressive, perché gli appartiene intrinsecamente. Il video anche, certo video, che infatti trova non poco spazio naturale nella nostra manifestazione. Non perdetevi il video di Burkhard sulle forme delle dune del deserto della Namibia!
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Festival della Fotografia Europea 2009
Comune di Reggio Emilia
30 aprile – 3 maggio 2009
sedi varie
mostre visitabili fino al 7 giugno 2009
Info: tel 0522 456635 – 456448 – 456249

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