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L’ITALIA DELL’ARTE FA ROVESCIAR DAL RIDERE

Sono andato personalmente ad assistere a un interessante convegno organizzato dalla PricewaterhouseCoopers, una società internazionale di revisione e consulenza. Il titolo era accattivante: “Il valore dell’arte: una prospettiva economica-finanziaria”. Tra gli speaker personaggi di tutto rilievo come Michele Cattaneo (presidente Assofiduciaria), Salvatore Italia (presidente Arcus), Roberto Ruozi (presidente Touring Club italiano), Massimo Maggio(amministratore delegato ArtnetWorth) e Giacomo Neri (partner di PwC Advisory). Proprio quest’ultimo ha presentato una serie di diapositive a supporto di un’analisi penetrante e dettagliata della situazione italiana di valorizzazione del patrimonio artistico, a confronto con quella degli altri Paesi. Mi è sufficiente citare soltanto alcuni dei dati presentati da Neri per accompagnarvi per mano nel ridicolo in cui affonda il nostro Paese. Il punto di partenza è un dato oggettivo: quello dei siti Unesco che in tutto il mondo sono 878. Primo Paese in assoluto l’Italia con 43 siti. Alcuni dei quali, come ad esempio l’intero centro storico di Roma, equivale a 1 nella stessa maniera dell’anfiteatro romano di Arles. Dunque un primato conteggiato tra l’altro per estremo difetto. Dietro a noi la Spagna con 40 siti Unesco. La Cina con 37. La Francia con 33. L’Inghilterra con 27 e gli Stati Uniti con 20. Secondo il “Country Brand Index 2008” il patrimonio culturale è percepito come principale fattore distintivo del nostro Paese. L’arte e la cultura, insieme al cibo, sono al primo posto di distinzione. Mentre l’offerta turistica per le famiglie è al decimo. E sulla sicurezza siamo, addirittura, fuori scala. In Europa l’economia turistica e il settore culturale e creativo contribuiscono in media al PIL (il Prodotto Interno Lordo) per il 14%. Ma per la Spagna questa percentuale sale al 21%. Per Francia e Inghilterra è al 14%. Germania è al 12%. Noi, pur essendo leader assoluti come offerta, siamo al 13%. In Italia i musei, monumenti e le aree archeologiche sono all’incirca (non esiste un conteggio preciso…!) 5.500. In Inghilterra sono 3.000. In Spagna 2.300. In Francia 1.200. I parchi nazionali in Italia sono 24. In Spagna 14 e in Francia 9. I giardini storici in Italia sono 3.274. In Francia 1.650. In Spagna 90. Ciononostante i ricavi complessivi da tutti i Bookshop esistenti per i musei e le aree culturali italiane sono di 21 milioni di euro. Rispetto ai 20 milioni di euro del solo Louvre parigino. Ai 27 milioni della Tate più la National Gallery di Londra. E ai 55 milioni del Metropolitan Museum of Art di New York. Come dire che il fatturato dei Bookshop di tutto il nostro Paese in un anno sfiora il 38% di un solo museo newyorchese. Detto questo Neri stila un elenco impietoso di quello che si può definire “RAC”. Ossia il “Ritorno sugli Asset Culturali” calcolato sul rapporto tra ricavi da Merchandising e siti Unesco. Per esempio in Italia si vende merchandising per 21 milioni di euro e i siti Unesco sono 43. Mentre in tutta la Francia si vende per 60 milioni di euro e i siti Unesco sono 33. In Inghilterra si vende per 90 milioni e i siti sono 27. In Usa si vende per 160 milioni e i siti sono 20. Così, fatto 100 il “RAC” per l’Italia, diventa 400 per la Francia, 700 per l’Inghilterra e 1.600 per gli Stati Uniti. Il ritrono commerciale sugli asset culturali degli Usa è 16 volte quello italiano. Quello della Francia e del Regno Unito sono tra 4 e 7 volte il nostro. Infine un ultimo sguardo viene dato sui dati di fatturato delle compravendite d’arte nel mondo. Citando soltanto i dati più obiettivi (ossia quello delle vendite alle aste) ancora una volta vengono i brividi. L’indice delle aste nel 2007 riporta che il 45,9% delle vendite sono avvenute negli Stati Uniti. Il 26,9% in Gran Bretagna. Il 10,2% in altri Paesi emergenti (considerati tutti insieme). Il 6,4% in Francia. Il 4,9% in Cina. Il 2,9% in germania. E soltanto il 2,8% in Italia. Penso che possa bastare. La domanda è sempre e soltanto la stessa di sempre. Considerato che l’Italia dell’arte e della cultura ha i maggiori giacimenti di petrolio al mondo quanto ancora bisognerà attendere per vedere costruite le infrastrutture necessarie per estrarlo? Ma come è possibile che i nostri politici fingano ancora di non comprendere questa situazione? E gli elettori non alzino la voce su quest’immenso patrimonio ridicolizzato? Avete una minima idea di quante risorse vengono sprecate e di quanto denaro potrebbe arrivare nelle tasche di noi tutti? Io credo di no.

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