E’ con un sentimento diviso tra una piacevole sorpresa ed uno sbigottito stupore che leggo su un autorevole settimanale che la Santa Sedeattraverso il braccio di Monsignor Gianfranco Ravasi, preside del Pontificio Consiglio della cultura, intende riacquistare l’antico ruolo di committente di opere d’arte, tanto da pensare e progettare un padiglione dedicato alla città del Vaticano per la Biennale di Venezia del 2011, affidandone la direzione all’ex direttore dei Musei Vaticani Francesco Buranelli. E fin qui siamo nello stato d’animo della piacevole sorpresa, che diventa sbigottito stupore quando apprendo, sempre dalla medesima autorevole fonte, i nomi di alcuni degli artisti che sarebbero stati già scelti -senza nessuna limitazione di linguaggio, di fede od appartenenza- con l’unico discrimine che essi rendano visibile ciò che è invisibile. Perbacco! Scorrendo l’elenco degli illuminati ancora un po’ e mi viene un colpo: il fior fiore del national ed international nullismo, i campioni del multi-altero mondismo in salsa post-vetero marxista e/o buddo-sincretista, i campioni del modernismo. Uno su tutti, “l’altro Michelangelo” (Pistoletto) che ha anche il megalomanico ardire di genuflettersi su di un inginocchiatoio, ovviamente posto di fronte ad un acciaio specchiantela Sua divina immagine. Titolo dell’opera: “il tempo del giudizio”…
Vabbè che ormai ci siamo purtroppo abituati alle terribili visioni di chiese progettate senza campanili e croci da miscredenti archistar, ma che diavolo, non si sentiva proprio la mancanza di un’ulteriore platea per questi già sufficientemente osannati testimonial, più che dell’invisibile, del nulla. Per favore non abbandonateci anche Voi, siete l’ultimo avamposto rimasto in piedi in questo disastrato Occidente, l’ultimo riferimento anche per chi non ha il dono della Fede, ma non ha ancora perso del tutto la trebisonda. Ci permettiamo, consapevoli della nostra pochezza e della Sua straordinaria cultura ed erudizione, di rivolgerLe una preghiera Monsignore, ci ripensi. Rifletta ancora. D’accordo che “Siamo tutti nella stessa barca” (Ed. San Raffaele, Carlo Maria Martini e Don Luigi Verzé), ma più che una barca mi parela Zattera della Medusa.