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Paolo Colletto: tra pittura e natura


di Andrea Lombardo
Paolo Colletto è un pittore degli anni 70, 80, 90… è un pittore che nella modestia e nel silenzio ha frequentato la nobile arte della pittura: senza i clamori e le prime pagine dei giornali, ha saputo raccontare le esperienze della vita. Il nostro pittore è un creativo un po’ pittore e un po’ scultore, ma anche calciatore, per l’esattezza portiere del Palermo Calcio degli anni ‘70, ed effettivamente ben pochi pittori possono vantare un passato da atleta professionista, senza nulla togliere a coloro che non sono sportivi.
Colletto comincia la sua attività di pittore nel ‘62 con una Collettiva d’Arte per pittori Siciliani; successivamente fonda il “Centro d’Arte 99” con altri “giovani” pittori di quegli anni, viene inserito nel Catalogo Bolaffi d’Arte del 1972 e qualche anno più tardi, nel 1976 e nel 1986, le sue opere trovano spazio nel volume Artisti Contemporanei di Sicilia, edizione arte “La Tela”, e nel Catalogo d’Arte Contemporanea, edizione Alba.
Lo stile compositivo di Paolo Colletto è cambiato lungo il tempo. I colori ad olio che prima sembravano sparire e liquefarsi nelle tinte chiare e trasparenti si fanno più decisi e intensi. Non più volti deformi di quotidiane fatiche, ma paesaggi lunari che riproducono mele rammendate, metafore anticipatrici degli  eventi terrestri più recenti, fino a giungere agli ultimi anni in cui appare la ri-composizione di acquari, fiumi, prati attraverso il riciclo allegro della materia che ci circonda quotidianamente nella nostra routine. Il tempo lo ha portato a ridare identità ad oggetti naturali che hanno perso identità e linfa vitale, così da trasformare rami inerti in uccelli piumati che, con il collo ritorto, osservano la quotidianità ripetitiva.
La sua casa laboratorio di Palermo è un grande spazio creativo, pieno di luce, in cui trovano posto le sue creazioni tra arte e design: tra un quadro, un attaccapanni e un lampadario ti accorgi che stai respirando il pensiero ecologista. Ma non aspettatevi pensieri complicati: questo è assolutamente lontano dallo spirito di Paolo Colletto, uomo dal piglio deciso e dalle mani forti e rugose. Il suo ecologismo dice semplicemente che non c’è nulla che meriti di essere necessariamente buttato, tutto può trovare una ricollocazione nel guazzabuglio della vita in cui siamo inseriti. In un mondo di cliché confezionati e mummificati, vecchi prima di essere impacchettati, gli acquari tropicali e i gabbiani riportano l’animo alla tranquillità e in questa fine di estate ci aiutano a restare con i piedi nell’acqua, elemento caro a Talete che la considerava generatrice di vita.
E si sa, la vita è bene prezioso, molto spesso offeso. Mentre parliamo, seduti nel suo soggiorno, mi accorgo di un quadro, non molto grande, le figure presenti sono piccole e dirette, come in silenzio, nella direzione opposta presa dai gabbiani, che volano in un cielo carico di un’aria irrespirabile. Il filo spinato che incide la parte bassa del quadro sembra venirci di sopra inesorabilmente e restiamo come incastrati tra i passi dei prigionieri del campo di concentramento, con i loro cappotti lunghi, e gli spazi immensi e vuoti del deserto intorno ai loro corpi. Siamo un po’ tutti intrappolati, ma la natura intima di ciascuno di noi indica la direzione verso la libertà. La pittura di Paolo Colletto è anche questo.

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