Bevete più Arte Che l’Arte fa bene Che l’Arte conviene A tutte le età…
Con l’autunno è arrivata anche Artissima 16, giunta alla terza edizione dell’era Bellini il quale ha sapientemente pilotato la trasformazione di quello che era simply una fiera di nicchia per gli appassionati del contemporary estremo, del bondage dell’estetica, in una kermesse tracimante il Lingotto per invadere la città tutta a mo’ di Blob che si spalma ben oltre le sedi canoniche, vedi gallerie e musei, giungendo fino ai teatri, dal Regio al Carignano fino al Gobetti, in tutto ben cinque spazi coinvolti nel progetto “Accecare l’Ascolto”- come dire Affamare l’Assetato, mah!- che hanno ospitato pièces realizzate da artisti di diverse generazioni, dall’immancabile Mangiafuoco Pistoletto a Cao Fei, da Gelitin a Jim Shaw.
Così il Theater Project prevede che ognuno non faccia quello che sa o perlomeno dovrebbe saper fare, ma preferisce “il concetto di potenziale al concetto di sperimentale, perché potenziale è il tentativo di individuare ciò che non esiste e che potrebbe essere realizzato”, come afferma Andrea Bellini che facendo leva su l’epitaffio di Leonardo SciasciaDisse e si contraddisse, muove dal “Contraddirsi e contraddire come modo di agire e di conoscere” -marzullianamente si faccia una domanda e si dia una risposta- e poi giù a decostruire e smontare cosicché l’attore non fa l’attore ed ovviamente manco il regista, che tanto non c’è, per non parlare del copione, o peggio del Testo, che tanto non serve ad un beato cacchio. Un po’ come per la cucina molecolare dove si rischia di ingurgitare un boccone che sembra cioccolato ed invece sa di coniglio. Poi ci si lamenta che anche sessualmente non si capisce più nulla, ed uno preferisce accompagnarsi ad una persona che a prima vista è una donna, magari pure bella, ma poi sotto sotto, sotto la cintola, è un uomo. Ma sì, in fondo tutto si tiene in questa concezione post-postmoderna di società liquida, come la Rete, e come predicano questi figliocci di Fukuyama, quello della fine della storia, dove tutto si scoglie in un’indistinta orizzontalità.
Et voilà i Sacerdoti, curatori-impresari della barnumizzazione della cultura di massa, meteur en scene di oniriche bolgie felliniane dal cui brusio di sottofondo una voce più suadente delle altre -Marcello, Marcellooo…!- ti attira, non sai perché, e ti mostra immagini mirabolanti tipo una pompetta che alimenta una cannuccia che fuoriesce dalla patta di un paio di jeans pisciando un blu di Kline su una tela posta innanzi.
Siamo passati in un attimo, quasi senza accorgersene, dalle strapaesane feste dell’Unità di salciccia e dibattiti (detto senza nostalgia), a questi rituali circensi e bulimiche kermesse dell’intrattenimento di massa, che sottraggono l’individuo ad ogni appartenenza culturale, per congiungerlo nell’indistinto nirvana dei buoni sentimenti ecologicamente compatibili.
Pensate, e non è una battuta, che nella nutritissima cartella stampa -necessita di mezza giornata per leggerla tutta- trova posto pure l’annuncio di una prossima mostra alla Triennale Bovisa di Milano dal titolo Kinder Art, ispirarata alle sorpresine contenute nei famosi ovetti di cioccolato. “L’idea” nasce dagli stramaledetti gnomi della comunicazione che hanno intercettato una altrettanto stramaledettissima “opera d’arte” composta interamente da queste sorpresine, da cui discende il tutto. Seguirà anche un bel Workshop, of course, per bambini in collaborazione con il MUBA (Museo dei Bambini), fanculo agli acronimi e fanculo anche a quelli che rincoglioniscono da subito i bambini di zuccheri alimentari e culturali.
Parafrasando il tormentone di un bravo comico che chiudeva la parodia di un comizio politico con un bel “chiù pilu ppe tutti”, potremmo gridare “più arti ppe tutti, minchia!”, sempre finanziata in gran parte da soldi pubblici. Naturalmente.
Eccoci servita la polpetta, anzi polpettone, avvelenata della modernità il cui antidoto ci ha sapientemente rivelato l’inarrivabile Guido Ceronetti che mi permetto indegnamente di citare: “…Appare qui luminosa la stella redentrice della Decrescita, che in tutto il sistema fallimentare dello sviluppo illimitato si pone come sigillo di salvezza”.
Bon, in attesa che un nuovo Cristo scenda, questa volta dalla parete, ad incarnarsi per redimere i peccati di questo nostro naufragato occidente, non ci resta che aggrapparci ad Orazio: Quid sit futurus cras, fuge quaerere… perché après moi le déluge , anzi Deleuze.
in punta di pennino
il Vostro LdR