Mi capita di vedere Sergio Cusani (l’unico condannato di Tangentopoli, proprio il desso…), tutto compreso, sostenere un discorso con la ben più svelta Lilli Gruber sul futuro della propria identità, che il nostro Stato (quale dei funzionari?) permise ricostruire attraverso un’ “innocua” partecipazione come portavoce della mostra tutta italiana Dietro la cortina di ferro sull’arte del Realismo Socialista ospitata a Berlino per i festeggiamenti del ventennale dal crollo del Muro. Le 259 opere provengono da collezioni milanesi e brianzole. Conosco il genere e posso permettermi di dire che è scarso e poco rappresentativo di qualsiasi forma d’arte che si possa dichiarare tale. Può giusto rientrare nell’ambito della ricerca sociologica, della completezza documentale.
Non basta un Muro…
Per una volta, perdo l’aplomb: che ci fa il Cusani come curatore/critico/protagonista/interprete di un italico tributo intorno a qualsivoglia accadimento che abbia a che fare con l’arte? Perché, dopo ogni altra soperchieria sopportata come muli pazienti in merito a mostre orrende, critici senza cultura, appropriazioni indebite di politici di ogni fatta e sponda nei confronti dei nostri tesori dovremmo inghiottire anche questo, estremo, affronto?