Da quando s’è inteso che appropriarsi di manifestazioni artistiche (mostre, fiere, concorsi…) rende proficuamente, ci si butta a testa bassa nella disciplina “Anch’Io Faccio Parte Del Progetto”. Da uno stanco quadro provinciale di partito; da un’accademia stantia e impoverita; per allisciarsi il potentello di turno; per foraggiare la propria aziendina; per rinvigorire il proprio entourage di clienti e auditori: l’importante è non fare e molto comunicare. E, in gran sveltezza, abbandonare l’ “appartamento” come si trovò, per non incorrere nell’obbligo di ripristino a condizioni di consegna o in migliorie anche per chi verrà.
Questa manciata di imbianchini recalcitranti e parolai, proconsoli parassitari, immobilizza la nostra storia dell’arte e, per la paga, utilizza le magre risorse come scialasse del proprio.
L’arte pretende libertà di critica mentre il mercato concentrazione di intenti.
Malereusement, in Italia, il conflitto d’interessi non fa più alcuno scandalo e le pretese di contezza non interessano a nessuno.