CASA DI BAMBOLA
Francesca Crocetti, Valentina Gusella, Mirta Kokalj, Marta Manfredini, Claudio Monnini, Massimiliano Robino
Marco Lamanna (Riprese Video)
Special Guest: Robert Gligorov
Omaggio a Jan Saudek – cuscino – particolare di Francesca Crocetti
Inaugurazione mercoledì 25 novembre / ore 19:00 / ideata e curata da Mariangela Maritato /
Castello Sforzesco, Strada sotterranea Vigevano (Pv)
25 novembre – 24 dicembre 2009
“Casa di bambola” (Doll’s House) è la collettiva organizzata a Vigevano in occasione della Giornata Mondiale contro la Violenza sulle Donne ( International Day for the Elimination of Violence against Women) con opere a tema di 7 artisti contemporanei. La violenza, sul corpo e sulla psiche femminile, è stata tradotta nel linguaggio dell’arte, delle immagini e del pensiero da Francesca Crocetti, Valentina Gusella, Mirta Kokalj, Marta Manfredini, Claudio Monnini, Massimiliano Robino e Robert Gligorov (Special Guest) che ha preparato per l’occasione un’installazione: una Barbie a grandezza naturale vestita di pochi accessori. Le riprese video della vernice saranno realizzate dal video artista Marco Lamanna. Il titolo dell’esposizione riprende quello del testo teatrale scritto da Henrik Ibsen (Et Dukkehnjem) nel 1879, una pungente critica sui tradizionali ruoli dell’uomo e della donna nell’ambito del matrimonio durante l’epoca vittoriana. Ibsen scrisse nei suoi primi appunti per la commedia: “Ci sono due tipi di leggi morali, due tipi di coscienze, una in un uomo e un’altra completamente differente in una donna. L’una non può comprendere l’altra; ma nelle questioni pratiche della vita, la donna è giudicata dalle leggi degli uomini, come se non fosse una donna, ma un uomo”. Il legame tra questo testo teatrale e la città di Vigevano è rappresentato dalla figura di Eleonora Duse, attrice nata a Vigevano il 3 ottobre 1858. Negli anni ’90 fu proprio Duse a portare sulle scene italiane i drammi di Ibsen, tra i quali proprio Casa di Bambola, interpretando la parte di Nora. La sede dell’esposizione è la Strada sotterranea del Castello Sforzesco di Vigevano in via XX settembre, a pochi metri dalla casa in cui visse la grande attrice italiana.
La mostra è organizzata da Pro(G)Art, Comitato per le Arti e la Cultura a Vigevano.
Massimiliano Robino, Nefertiti
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Da genere a identità. L’opera d’arte come soggetto
CASA DI BAMBOLA. UNA MOSTRA NEL SUO FARSI
di Mariangela Maritato
“Ci sono due tipi di leggi morali – scrisse Ibsen nei suoi primi appunti per la commedia – due tipi di coscienze, una in un uomo e un’altra completamente differente in una donna. L’una non può comprendere l’altra; ma nelle questioni pratiche della vita, la donna è giudicata dalle leggi degli uomini, come se non fosse una donna, ma un uomo”.
L’opera Casa di Bambola venne rappresentata per la prima volta al Det Kongelige Teater di Copenaghen il 21 dicembre 1879. La rappresentazione registrò il tutto esaurito e fu un grande successo. Il dramma venne pubblicato il 4 dicembre 1879 dalla casa editrice Gyldendalske Boghandels Forlag (F. Hegel & Søn) di Copenaghen. Il legame tra questo testo teatrale e la città di Vigevano è rappresentato dalla figura di Eleonora Duse che qui nacque il 3 ottobre 1858. Negli anni ’90 dell’Ottocento fu proprio Duse a portare sulle scene italiane i drammi di Ibsen, tra i quali Casa di Bambola, interpretando la parte di Nora. La protagonista. Dopo poco più di un secolo, una mostra d’arte contemporanea le rende omaggio attraverso le opere di Claudio Monnini, Francesca Crocetti, Valentina Gusella, Massimiliano Robino, Mirta Kokalj, Andrea Simoncini Gibson, Marta Manfredini e Valentina Gusella. Special guest, Robert Gligorov che ha presentato un’installazione site-specific: Dura Madre. Una bambola di dimensioni reali, con le sembianze di una barbie, che gira svestita su una pedana rotante come un carillon. L’opera incarna il mito dell’androgino. Gli attributi sessuali che spuntano sotto il foulars rosa sono maschili. La sede dell’esposizione, che si può visitare fino alla viglilia di Natale, è la strada sotterraneadel Castello Sforzesco di Vigevano, in via XX settembre. A pochi metri dalla casa in cui nacque la grande attrice italiana.
Nelle società patriarcali, l’ordine sociale funziona come un’immensa macchina simbolica che tende a ratificare il dominio maschile sul quale si fonda. Secondo Pierre Bourdieu, “la differenza biologica tra i sessi, cioè tra i corpi maschile e femminile, e in particolare la differenza anatomica tra gli organi sessuali, può così apparire come la giustificazione naturale della differenza socialmente costruita tra i generi, in particolare della divisione sessuale del lavoro” L’elaborazione teorica del femminismo e del post-femminismo ha ricercato e sta ricercando percorsi di liberazione dalla prigione sociale, economica e culturale dei generi, innanzitutto attraverso processi di decostruzione dei modelli di pensiero che esprimono e giustificano il dominio maschile. L’elaborazione di Michel Foucault sulle dinamiche di potere nella società, un “campo di forze” concretamente trasversali ai rapporti interpersonali, ha aperto piste di analisi nell’infra-ordinario, nel quotidiano. L’analisi marxiana delle dinamiche sociali, dei rapporti di forza tra le classi e tra le economie, si incontra oggi con la realtà complessa di soggetti concreti. La “classe” si fa anche “genere”. Nella prigione dei “generi” storicamente determinati da processi di produzione e riproduzione, le soggettività tendono ad assumere una nuova centralità. I conflitti tra potere maschile e donne, tra uomini e donne, tra donne e donne, tra uomini e uomini, iniziano a disegnare nuovi scenari, complessi e ordinari. Sugli scenari tradizionali dei conflitti sociali e culturali all’interno del mondo occidentale irrompono “variabili” impreviste.
L’onnipotente, la clava, lo scettro, la spada, il martello pneumatico: figure del mito eroico, narcisista e violento del fallo, sigillo dell‘eterno mascolino imprimono i segni del dominio sull’altro sesso, affermano valori virili sulla sudditanza imposta alle donne. Dividono la società in forti e deboli. In padroni e schiave. La famiglia, la scuola, l’organizzazione del lavoro diventano laboratori di discriminazioni, di educazione coatta ai poteri ineguali, di sfruttamento economico. Il pensiero fallocratico si afferma come pensiero neutro ed espressione di un diritto “naturale”. La ragione androcentrica come “logos” strumentale, in funzione del dominio. Il linguaggio come fabbrica del consenso, imposto e preteso. Il fallo del potere maschile viene agitato come clava e usata contro le donne e contro i nuovi schiavi del Sud del mondo. E’ la fallocrazia.
Il mito dell’identità autoreferenziale, dello spazio individuale di sicurezza, dei confini certi dell’Io, è una figura simbolica dell’ordine fallocratico. In quest’ordine violento e apparentemente “razionale”, l’identità è uno strumento per l’esercizio del potere maschile. Ognuno – vittima o carnefice – stia al suo posto, nella grande prigione sociale (Primo Levi, I sommersi e i salvati, 1986). L’elaborazione teorica del post-femminismo (Rosi Braidotti, Soggetto nomade, 1994; Teresa de Lauretis, Soggetti eccentrici, 1999) ha aperto nuove piste di analisi e pensiero sul groviglio semantico “genere, sesso, sessualità”. Il genere non è dato in natura connaturato al corpo umano, ma è una costruzione sociale. Forma simbolica astratta, si concretizza e prende copro nei singoli individui in quanto soggetti sociali.
Tra corpo e genere non c’è un rapporto semplice o lineare di origine a telos o di causa e effetto. C’è un complesso di passaggi, traduzioni, interpretazioni, influenze reciproche. Nell’individuo-corpo e nell’individuo ingenerato si presuppongono processi di significazione, socializzazione e soggettivazione che ne fanno un soggetto sociale. La soggettivazione come la sessualizzazione e l’auto-attribuzione di genere, è un accumularsi di effetti di significato-abitudini, disposizioni, rimozioni e fantasmi, che non si attaccano a un soggetto preesistente o a un corpo originario, naturale o per natura ingenerato, ma, al contrario, producono quel corpo e quel soggetto l’uno per l’altro. Tale produzione avviene tramite quello che Freud chiama ‘Io-corpo o l’Io corporeo.
“L’Io è anzitutto un’entità corporea, non è soltanto un’entità superficiale, ma anche la proiezione di una superficie (…). Cioè l’Io è in definitiva derivato da sensazioni corporee, soprattutto dalle sensazioni provenienti dalla superficie del corpo. Esso può dunque venir considerato come una proiezione psichica della superficie del corpo”. L’Io corporeo non è identico al soggetto, poiché parte del soggetto è costituita dall’inconscio. E’ però quella parte del soggetto, lo spazio psichico e il sostrato materiale in cui fanno presa gli effetti di significato e senza il quale non potrebbe aver luogo la soggettivazione.
E’ un confine permeabile, una frontiera aperta tra il mondo esterno, il reale, gli altri, le istituzioni sociali, da un lato, e dall’altro il mondo interno della psiche, le pulsioni, l’inconscio, i meccanismi di difesa. Possiamo divenire soggetti in quanto siamo corpi, ma se ci sentiamo un corpo ingenerato è solo in quanto siamo soggetti.
L’identità non può essere un luogo chiuso di auto-definizione rispetto al mondo esterno, agli “altri”. E’ invece un campo aperto di riflessione ed elaborazione sulla propria singolare esperienza che sempre si sviluppa in relazioni plurali, in direzioni molteplici. Nello spazio e nel tempo.
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Tavola rotonda
Strada sotterranea – Castello Sforzesco di Vigevano
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Informazioni utili:
CASA DI BAMBOLA
Francesca Crocetti, Valentina Gusella, Mirta Kokalj, Marta Manfredini, Claudio Monnini, Massimiliano Robino, Marco Lamanna
Special Guest: Robert Gligorov
Mostra ideata e curata da Mariangela Maritato
Dal 25 Novembre al 24 Dicembre 2009
Catalogo Bocca Editori
Castello di Vigevano – Strada sotterranea
Via xx settembre, Vigevano (Pavia)
Orari: lu-ve 10:30 – 18:30. Sabato e domenica su appuntamento
Info: Tel. 0381/81226
http://progartvigevano.blogspot.com
progart@live.it