La notizia che all’Arte Povera verrà dedicata un’ampia serie di mostre che vedranno coinvolti il MAXXI di Roma,la Venaria Realedi Torino, il MaDRE di Napoli, il MAMbo di Bologna ela Triennaledi Milano, nell’ambito delle manifestazioni per la celebrazione del 150mo dell’unità d’Italia non è nuova ed è stata già commentata da numerosi e qualificati osservatori di faccende culturali, nessuno dei quali però mi pare, scusate l’immodestia, abbia centrato il bersaglio.
Tutti hanno sollevato obiezioni più o meno pertinenti tipo: è un movimento le cui origini risalgono ad oltre 40 anni fa e quindi non è contemporaneo, ha già goduto e tuttora gode di ampi ed esagerati riconoscimenti, è composto da personalità che hanno condiviso intellettualmente la parte più estremista della ribellione giovanile sessanttotarda e che ora, nell’età degli acciacchi, si attaccano alla poltrona e rivendicano per sé tutti gli onori.
Tutto più o meno vero, come dicevo, tutte condizioni necessarie ma non sufficienti, in quanto il vero punto dirimente, quello che rende veramente offensiva questa scelta, è che l’Arte Povera e tutto il suo brodo culturale di riferimento, sono quanto di più anti italiano possa esistere.
Tutta la loro storia militante non solo è nata e si è sviluppata in opposizione alla tradizione culturale precedente, ma con l’esplicito intento di cancellarla definitivamente rescindendo gli ormai sfilacciati fili che legavano ancora la tradizione figurativa italica alla sua profonda e lunga storia, a favore di una retorica internazionalista che, come un rullo compressore, ha fatto carne trita di tutto quello che incontrava sul suo cammino.
Ora non starò qui a tormentarvi circa i complessi mutamenti linguistici avvenuti nel “fare artistico” e culturale in genere nei Fab Sixteen (per chi ne avesse voglia i cornuti della vecchia arte moderna), ma è indubbio che ogni minimo accenno ad un “ritorno all’ordine” sia stato stroncato sul nascere con terroristico ardore e durezza ideologica dai nostri eroi poveristi che, con pratiche mutuate dalla guerriglia rivoluzionaria, hanno provveduto ad avvelenare le residue sorgenti ancora capaci di irrorare l’ormai disidratato sentimento nazionale.
Bene, se tutto ciò è vero, e lo è, cosa diavolo ha indotto il nostro Ministro della Cultura e il Comitato dei Garanti per le celebrazioni della ricorrenza ad una simile scelta? Forse hanno creduto che essendo l’Arte Povera un movimento internazionalmente noto potesse essere glamour e avere più appeal mediatico? Hanno immaginato che fosse più sexy mostrare quanto poco provinciali siamo celebrando chi con la nostra Storia ci si netta le terga?
Alla faccia dell’egemonia culturale che dovrebbe esercitare gramscianamente la nuova destra, se questa è la difesa del Bello e delle Tradizioni, preghiamo: Signore perdonali perché non sanno quello che fanno.
Scherzavo… abbiamo capito, siete tutto chiacchiere e distintivo, tutto chiacchiere e distintivo…