FIERA INTERNAZIONALE
D’ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA
26 – 29 marzo 2010, Milano – 15ª edizione
comunicato stampa conclusivo
MIART: SUCCESSO DI VENDITE E DI PUBBLICO
Dodici le opere acquistate dagli AmicidiMiArt
Milano, 29 marzo 2010 – La quindicesima edizione di MiArt, Fiera Internazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Milano chiude oggi registrando la presenza complessiva di circa 37mila visitatori, in linea con lo scorso anno. Il pubblico di appassionati sempre più attenti e competenti e i tanti collezionisti d’arte presenti hanno premiato la scelta di qualità, già perseguita lo scorso anno e confermata in questa edizione. Le 141 gallerie presenti hanno proposto le opere di 866 gli artisti (di cui 475 italiani e 391 stranieri), dai primi del ‘900 fino ai giorni nostri.
Un segnale positivo emerso con evidenza dalla quattro giorni espositiva di MiArt è una forte propensione del pubblico all’acquisto delle opere d’arte come bene di investimento, non solo scegliendo gli artisti affermati, ma anche e soprattutto i giovani artisti che sono una promessa certa per il futuro.
Dodici le opere acquisite, per un totale di oltre 200.000 euro, dal fondo acquisti Amici di Miart, segnalate dal Comitato Scientifico composto da Massimiliano Gioni e Giorgio Verzotti. Si tratta di lavori di artisti contemporanei italiani e stranieri, affermati ed emergenti.
“Queste opere vanno a costituire un patrimonio collettivo che testimonia il lavoro delle gallerie per lo sviluppo dell’arte” ricorda Michele Perini, Presidente di Fiera Milano “L’associazione, senza scopo di lucro, sostiene e promuove l’arte contemporanea attraverso l’acquisto di opere presenti a MiArt per esporle in luoghi di pubblica fruizione della città di Milano”.
Anche il Premio Rotary Club Milano Brera ha valorizzato due artisti presenti a MiArt: alle opere fotografiche “Liquidamber” del ventisettenne Michele Guido, e “Floating Leaves. Superba St., Venice, CA” del trentacinquenne americano Claude Collins – Stracensky, è stato assegnato un premio acquisto complessivo di 8mila euro. Componenti della giuria la direttrice dello spazio Hangar Bicocca Chiara Bertola, la docente di Storia dell’Arte Contemporanea all’Accademia di Brera Laura Cherubini e il Presidente designato del Rotary Club Milano Brera Christian Marinotti.
Le opere acquistate da entrambe le associazioni saranno donate al futuro Museo d’Arte Contemporanea di Milano, in progetto nell’area Citylife.
MiArt ringrazia gli sponsor di questa edizione per il sostegno: BPM, Ventana Group, Giorgetti, Lindt, Perrier-Jouët e IULM, partner del programma di convegni De Arte Disputatio.
L’appuntamento con la prossima edizione di MiArt, la 16ª, è dall’8 all’11 aprile 2011, a Milano, fieramilanocity.
Fondo Acquisti – AmicidiMiArt 2010
Elenco delle opere acquistate:
Stefano Arienti, Marilyn, 1993
poster parzialmente cancellato su tela, 101.5×84 cm
Vanessa Beecroft, Untitled, 2009
tempera su carta, 70×50 cm
Simone Berti, Senza titolo, 2009
grafite, carboncino e sanguigna su carta foderata, 200×150 cm
Alice Cattaneo, Untitled, 2009
alluminio, legno, poliplat, cartone, cemento, morsetti, velcro, dimensioni variabili
Flavio Favelli, Composizione lettiga superiore, 2009
letto, piastrelle, marmo, superficie, 77x94x94 cm
Mark Lekey, The March of the Big White Barbarians, 2005
single channel video, 7’
Adriano Nasuti-Wood, verità n. 19, 2009
matita su carta, grafite su pietra, base in legno, 33x60x33 cm
Diego Perrone, Senza titolo, 2008
stampa e biro su carta fotografica, esemplare unico, 100×100 cm
Alessandro Pessoli, Crocifissione del Carnevale (la vittoria), 2009
gouache, spray, pastello ad olio su cartoncino, 46×31 cm
Alessandro Pessoli, Famiglia del camino, 2009
gouache su cartoncino, 46×31 cm
Markus Schinwald, Andrej, 2008
pigment print, esemplare unico, 140×100 cm
Grazia Varisco, Variabile HG su AL, 1964 / 65
vetro industriale, alluminio, legno, gomma e acciaio, 52x52x9 cm
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Un primo commento di uno dei nostri inviati
TUTTI DA SILVIA SABATO SERA
Ovvero: non san neanche più citare…
(MiArt 2010)
di Cristiana Curti
25.03.2010 – Qualche giorno fa Milano (come se se lo potesse permettere) perde uno dei cervelli più affilati del suo milieu fatto di superficie e di concretezza. Emanuele Pirella e i suoi motti entrano nel lessico iperuranio di questa Città: esempio primo di chi si ostinava a frequentare con mezzi intellettuali straordinari e raro understatement il mondo bidimensionale delle immagini in vendita, informandolo di taglienti locuzioni esplicative come pochi seppero fare in quella e questa generazione di letterati e consumatori.
Eppure, per un gigante che dovrebbe essere ormai proteina dei dizionari personali di ciascuno di noi, l’omaggio è a volte formale e distratto, sino al punto che, la sera della diffusione della notizia della sua scomparsa, uno dei telegiornali che sciabolano nell’ora del desinare riferiva quanto il nostro fosse coralmente noto, oltre che per il proprio personale contributo, anche per l’ineffabile, lieve ironia che, in duetto con Pericoli, avrebbe dispensato a piene mani e per anni nella succosa rubrichetta cartacea “Tutti da Silvia sabato sera”, frames della società radical-chic di una Milano non ancora del tutto da bere e già preda di un autolesionista senso di colpa.
Da “Silvia”?
Eppure è passato ben poco… Come è possibile? La povera Serra confusa con la tozza campagnola di leopardiana e più immediata memoria? Forse il tempo che ci ostiniamo a pensare nostro sta davvero fuggendo in modo così rapinoso che soltanto le note anonime e imprecise di Wikipedia testimonieranno della nostra società a cavallo dei millenni?
Rimuginando dentro me le considerazioni di cui sopra, e chiedendomi non senza una punta di letterario compiacimento dove diavolo mai andremo a finire, mi accingo a visitare l’ennesima fiera milanese dell’arte quella che le cronache rivestono di importanza somma perché – si dice – a Milano si consuma il 70% del giro d’affari legato all’arte in Italia. Quest’anno, tuttavia, votata ai buoni sentimenti più che al vil denaro, dato che tutte le migliori intenzioni circa ciò di cui avrebbe davvero bisogno questa Città sono state emulsionate nell’incredibile (nel senso che nessuno ci ha mai davvero creduto sino in fondo) calderone delle promesse Expositive del 2015.
I buoni sentimenti sono rappresentati dalle fatiche di dare un “tono” alla manifestazione regina attraverso i contributi di Verzotti, curatore di un catalogo che promette di divenire un breviario della conoscenza dell’offerta mercantile in Italia o del gustoso assembramento di mostre miracolosamente brevi al PAC e in zona Tortona (la bohéme de noantri) che tuttavia troppo concede nei contenuti agli imbastardimenti locali dovuti alla spalla merceologica ormai inesorabilmente fashionist della città. Son tutti lì a ripetersi, convinti e assertivi: ‹‹ Cos’è arte, il design è arte? ormai il design è arte, il comportamento è arte, il vestito è arte, le pentole sono arte, è arte il mio cane o il modo in cui lo conduco al guinzaglio… i livelli di conoscenza e apprendimento non possono più essere limitati a settori distinti, nel mondo dei linguaggi da mischiare e da apprendere, tutti, senza distinzione di ruoli e funzioni.››
Milano, ormai, è troppo presa dal look che deve garantire al “cliente” per dettare veramente le regole dell’arte.
Questo da tempo: i prodromi, quando poco più di quindici anni fa il Comune decise di elidere l’ufficio stampa dell’assessorato alla cultura (diretto da un bizzosissimo ma infaticabile elemento mai troppo premiato) per annetterlo a una più ampia (e quindi meno precisa e puntuale) “relazione esterna” e di assurgere agli allori un “assessorato alla moda” che non ha mai smesso di riservare grossi introiti al Comune. Da allora in poi (anche un po’ prima, a ben pensarci) nulla più che assomigliasse a un progetto culturale coordinato e condotto da menti di respiro ampio ha trovato udienza in Milano. Del resto è alla moda che si dedicano le imprese titaniche dell’attuale Assessorato allo Sviluppo del Territorio e non ad altro.
Comunque, poiché gli assessori passano e non lasciano alcun segno e i direttori degli uffici mostre (ora, magari, promossi di ruolo perché ancor più radicati sul territorio) restano e fanno la storia della Città, rimane soltanto una possibilità di fuga per osservare la scena dell’arte “in salsa meneghina”. Il mercato.
Giungo a Porta Teodorico lungo l’orrendo Viale Scarampo in attesa di una riqualificazione che avrà entro breve. Il vortice dello stretto “bovolo” che conduce al parcheggione sul tetto dell’orribile palazzata fieristica è già presago del senso di vertigine che di lì a poco mi prenderà. E, in effetti, soprattutto per chi come me rimane sempre con il cuore speranzoso in attesa di essere smentito dei propri pregiudizi (no, la crisi non tocca i migliori; sì, l’intelligenza vincerà e roba simile…), il colpo è fatale. L’interno è lo specchio di ciò che sopra ho certamente con rabbia (più intensa laddove intenso è l’affetto) imputato all’ignavia intellettuale di Milano.
Sparo subito: neanche alla fiera del tortello e del cinghiale di Montepescali si permetterebbero una tale approssimazione di allestimenti e una tale povertà di contenuti. E a Montepescali sono seri, perché ne va dell’economia e del buon nome di una fettina di Maremma. Non farebbero mai l’errore di congelare gli entusiasmi accogliendo i più prestigiosi e affezionati sostenitori eaficionados con una vip lounge che allontanerebbe un Lamia di classica memoria pur sinistramente assetato.
A Milano le organizzazioni preposte (tutte) hanno sicuramente, decisamente dimenticato ciò per cui erano lì riunite a lavorare. L’arte è scomparsa e il mercato è ormai ridotto a un pallido simulacro della concitata stagione dell’interesse e della speculazione appena conclusa. Alcuni diranno, meglio. Io dico è un errore considerare che l’arte possa fare a meno di circolare e passare di mano. Rimarrà al palo inesorabilmente.
Le gallerie sono poche, molte sono di livello talmente inferiore rispetto a uno standard di eccellenza che Milano sostiene di possedere che quasi si devono ignorare per non perdere il “filo” della visita e del giudizio, la presenza straniera è rara e poco qualificata rispetto al passato (con le debite eccezioni per le buone gallerie olandesi e per il solito Austin-Desmond Fine Art) e quella nazionale è concentrata sulla scena milanese. Le assenze importanti pesano come macigni (è la prima volta che non vedo La Scaletta, ma la lista è lunga sia nel comparto del moderno che in quello del contemporaneo). L’effetto è confuso e spiazzante.
Ma siccome sono qui per fare elme mesté, come solo potrei biascicare in un più che incerto dialetto lombardeggiante, devo procedere e rendere onore alla cronaca. Qualche cosa da segnalare c’è, naturalmente, ma nel complesso la fiera delude e scora. Milano non deve avere più indugi o dubbi su come procedere: un’idea forte e portante, una più vasta rappresentanza straniera, più attenzione anche mediatica alla manifestazione principale (la fiera, per la miseria!), una selezione delle gallerie che deve smettere di far solo cassa.
Un’amica collezionista di raffinatissima levatura e studi ineccepibili, come me pronta a salutare con entusiasmo ogni piccolo sintomo di miglioramento, mi confida amareggiata che “al peggio non c’è limite, ma a un certo punto dovranno ben fermarsi…”
I due padiglioni disposti su due livelli non contemplano la divisione di generi “epocali” cui eravamo abituati; in realtà non c’è più il settore votato al moderno e quello dedicato al contemporaneo. Le opere storiche, gli artisti più rinomati sono offerti ad ogni livello di lettura e si confondono nel medesimo stand con prove di stretta contemporaneità dalla galleria di robusta storia nazionale alla giovane new entry nell’agone di mercato. Solo i picchi più estremi mantengono i loro colori di squadra. Ma, per me, questa sparigliata non è necessariamente un male. Una fiera non deve alcunché alla coerenza cronologica che si pretende per una manifestazione espositiva legata alle necessità didattiche.
Al livello inferiore rispetto all’ingresso mi accoglie un’abbondanza sconcertante di Bonalumi e Castellani (più Bonalumi) come fossero l’ultimo baluardo, l’ultima certezza asseverata nel biennio prima del ciclone che sconvolse le piazze finanziarie. Non è così, naturalmente, ma qui, in questo contesto, fanno molto ultima spiaggia.
Senza coerenza filologica, segnalo con piacere l’ottima prova di Angelo Filomeno da Byblos Art Gallery (Verona), un raffinato Vermi da Artestudio (Milano), un bell’Ettore Colla del 1957 da Gariboldi (Milano), un pregevole Sandro Martini da Poleschi (Milano), le carte migliori diSpagnulo da Progetto Arte-Elm (Milano), uno strepitoso Alberto Biasi 145×145 del 1980 (una delle opere più notevoli, di grandissima qualità) da PoliArt (Milano), una piccola carta importante come una grande tela di Radice da Spaziotemporaneo (Milano), da Matteo Lampertico/Austin-Desmond Fine Art (Milano, Londra) due bellissimi Morellet.
La palma degli stand migliori a questo piano va all’impeccabile Tega (Milano), il cui allestimento vale la visita al padiglione e alla Valmore Studio d’Arte (Vicenza) la cui perseveranza nella ricerca raffinata nel mondo dell’arte cinetica, razionalista e optical offre delle vere chicche fra cui un singolare “ricamo” di Vincenzo Balena e tre begli esemplari di Grazia Varisco (della quale ho visto le poche opere in fiera letteralmente bruciate).
Al livello superiore, il padiglione 4 non si salva granché, anzi delude soprattutto nei nomi di punta, ma da Ermanno Tedeschi (Torino, Milano, Roma) si gode una delicata Minjung Kim che, nel catalogo e in stand promette meraviglie di levità orientale che si sposa perfettamente, perché unisce al rigore un estro imprevedibile, con esigenze minimaliste occidentali. Alla Galleria 42 (Modena) una giovane e appassionata responsabile mi racconta dell’avventura che già toccò le corde di alcuni curatori del Guggenheim di un gruppo di architetti siciliani virati all’arte, lo Studio ++ reduce dai fasti di Miami, che presenta un’agorà di sostegni disposi in circolo su cui insistono blocchi di fogli sfregiati in varia maniera: un consesso di letterati muti, chiusi in se stessi e nella loro armonia di cui pare siano beatamente soddisfatti e per la quale lasciano intendere un’autosufficienza incrinata solo dal gesto contrastante forse della Storia che cancella le proprie conquiste. Una sintesi notevole ottenuta con misura poetica.
Da Grossetti (Milano) campeggia un bel Bernardini sottile e acuminato che pretende però, come immaginabile, un sito più appropriato (più buio) per l’esposizione; da Jarach (Venezia) notevole è la prova di Claudia Pozzoli, ma non è qui l’unica bellezza; alla galleria Milano (Milano) c’è un bel Novelli di generose e verticali proporzioni, bello davvero.
Da Pio Monti Arte Contemporanea (Roma) il duo Roberto Pugliese e Tamara Repetto ha costruito una graticola sonora di grande attrazione, e la qualità estetica rimane elevata nello stesso stand con Gabriele Simei il quale riecheggia la lezione del passato inserendo una variabile di imperfezione che attualizza il suo lavoro.
Da RAMRadioartemobile (Roma) il magico Garutti dipana i suoi spartiti concepiti con la mentalità di Manzoni e di un posseduto dalla scrittura automatica (e dalla necessità di trovare nuovi mondi). Geniale.
La galleria da premiare qui è il coerente e intelligente Spazio A di Pistoia che presenta una serie di artisti interessanti fra i quali segnalo l’ottimo Camoni.
In generale, in questo contesto, il Centro Italia si presenta come di gran lunga più preparato e convincente nell’ambito dell’arte contemporanea.
Ora fuggo perché inizia la vernice e già al guardaroba hanno perduto la mia giacca feltrona b/n a cui tengo come una delle prime edizioni dei Dubliners di Joyce (quasi). Il ragazzo che mi parve così premuroso quando arrivai nel silenzio delle volte deserte si ostina a ritenere che un giacchino nero di almeno tre taglie meno di quanto la mia immaginazione potrebbe neppur sognare di indossare è proprio mio. Sta cominciando a montarmi la carogna di fronte a un’evidente incapacità di far tangere le sinapsi fra loro e sono disposta a scagliare le solite pubblicazioni che acquisto senza mai pensare al pondo quando alfine la giacca salta fuori, mentre la simpatica orda di possibili compratori sta cominciando la lieta transumanza verso il baratrone.
Mi dirigo all’ascensore. Una piccola signora dall’aspetto gentile mi conferma che non sono la sola a lamentarmi del maquillage generale della manifestazione. “Non si vede niente qui fuori, ma meglio uscire comunque. Ho camminato per più di venti minuti per arrivare stasera – ah, l’efficienza e l’organizzazione dei pubblici collegamenti meneghini! – e ora torno indietro perché non c’è granché di entusiasmante”, dixit.
Dobbiamo davvero essere così irriguardosi del lavoro altrui?
A casa, il telegiornale regionale mostra già un servizio sulla fiera, che “rappresenta un appuntamento di grande prestigio e qualità per un giro d’affari che supera, ecc…..”.
Citazione (dall’antico) inesatta. Come per Pirella.
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comunicato stampa
Si terrà dal 26 al 29 marzo 2010 (inaugurazione 25 marzo) la quindicesima edizione di MiArt, Fiera Internazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Milano nei padiglioni cittadini di fieramilanocity.
Premessa principale nella definizione della nuova edizione è la qualità già affermata nella passata edizione e fermamente perseguita per le edizioni future attraverso una selezione scrupolosa e coerente. Obiettivo di MiArt, infatti, è il suo posizionamento tra le fiere d’arte più importanti al mondo. Prosegue, in questo senso, il lavoro determinato di Alessandro Cappello, Direttore di MiArt, che dal suo arrivo, nel 2008, ha avviato un cambiamento radicale della manifestazione. “Puntare sull’eccellenza del mercato dell’arte: è stato il mio obiettivo dichiarato appena ho ricevuto l’incarico e a un anno di distanza, forte degli eccellenti risultati ottenuti nel 2009, l’obiettivo rimane lo stesso. MiArt sta effettuando un cambiamento di rotta, con la selezione rigida di gallerie di provata serietà e prestigio. MiArt deve essere sinonimo di eccellenza artistica, luogo privilegiato di incontri culturali, piazza strategica di scambi. Le fiere, a mio avviso, sono il territorio più neutrale per il mercato dell’arte: è qui che gli operatori del settore si incontrano creando fra loro concorrenza, caratteristica fondamentale per garantire equità di prezzi lontani da speculazioni eccessive e spesso immotivate. Queste garanzie, già la scorsa edizione, in un momento in cui la crisi mondiale aveva toccato anche il mercato dell’arte, avevano fatto sì che MiArt generasse un volume di affari di oltre 8 milioni di euro. Non ho dubbi: la qualità è la migliore garanzia per un investimento sicuro e questa è la strada che noi abbiamo deciso di percorrere la scorsa edizione, che ripercorreremo nel 2010 portando a MiArt il top delle gallerie italiane e una selezione di quelle straniere. Per il futuro ci dedicheremo molto anche all’estero, ma forti dell’importante nucleo italiano che sta credendo in MiArt e che su questa fiera sta puntando per la propria visibilità e per il proprio business. Elevare la qualità degli espositori e far confluire sulla fiera un numero considerevole di grandi collezionisti italiani ed internazionali sono il nostro lasciapassare per le prossime edizioni” dichiara Cappello.
Confermati per il 2010 Giacinto Di Pietrantonio, curatore del settore Contemporaneo,Donatella Volontè curatrice del settore Moderno. A loro si aggiungono, per il 2010, tre nuove figure: Giorgio Verzotti, a cui è stata affidata la curatela del catalogo, Milovan Farronatoche si occuperà del MiArt Talk, il programma di convegni e tavole rotonde all’interno della fiera e Francesca Ceccarelli, responsabile del programma vip.
Rinnovato, rispetto al 2009, anche il Comitato Consultivo, composto dai galleristi Marco Altavilla, Emi Fontana, Paola Guadagnino, Epicarmo Invernizzi, Francesca Minini, Mauro Nicoletti, Lorcan O’Neill, Mario Pieroni, Mimmo Scognamiglio, Giulio Tega.
Nuovi nomi anche per il Comitato d’onore composto da figure che, con modalità diverse, sostengono e promuovono le arti: Flavio Albanese, Corrado Beldì, Daniel Bosser, Pierluigi Cerri, Paolo Consolandi, Lieven Declerk, Ernesto Esposito, Giorgio Fasol, Alessandro Mendini, Giovanni Puglisi, Patrizia Sandretto Re Rebaudengo.
Ricco il carnet di eventi speciali che caratterizzeranno MiArt 2010.
Con Convegni e dibattiti, clicca qui
Con Miraggi, il percorso di arte contemporanea nella città promosso da MiArt e dall’Assessorato all’Arredo, Decoro Urbano e Verde del Comune di Milano. Oltre agli eventi collaterali alla fiera: EnjoyMiArt, un grande happening per il pubblico e per la città.
Per leggere l’elenco degli eventi collaterali alla fiera del circuito EnjoyMiArt clicca qui
INFORMAZIONI UTILI:
MiArt 2010
Date: 26 – 29 Marzo 2010;
Inaugurazione: giovedì 25 marzo, su invito
Luogo: fieramilanocity, Milano, pad. 3-4
Orari manifestazione:
26/27/28 marzo dalle ore 11 alle ore 20
29 marzo dalle ore 11 alle ore 17
Ingresso:
Porta Teodorico
Ingressi:
– intero: 15 euro
– ridotto: 10 euro*
* valido per gli studenti
Attenzione: i minorenni, se non accompagnati, non possono entrare in fiera.
Segreteria Organizzativa: MiArt, via Varesina, 76 – 20156 Milano
Telefono + 39 02 48550312 / Fax +39 024855042 – e-mail miart@fmi.it – www.miart.it