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Fiori per Kim Il Sung

BLUMEN FÜR KIM IL SUNG
Arte e architettura dalla Repubblica Democratica Popolare di Corea 
 

19 maggio – 5 settembre 2010, Vienna, MAK  

Non sappiamo se il titolo della mostra Blumen für Kim Il Sung (“Fiori per Kim Il Sung”), esposizione d’arte e architettura nordcoreane allestita dal MAK di Vienna, costituisca un’allusione alle specie di orchidea e begonia denominate kimilsungia e kimjongilia, in onore rispettivamente del “Presidente eterno” Kim Il Sung e del “Caro leader” Kim Jong Il – le due piante fanno peraltro la loro apparizione al MAK nel dipinto L’eterno, immortale fiore di Jo Won Du -. Fuor di dubbio è l’eccezionalità di questo evento: la mostra, curata da Bettina M. Busse e realizzata in collaborazione con la Korean Art Gallery e la Paektusan Academy of Architecture di Pyongyang, offre una panoramica esauriente della produzione artistica di un Paese chiuso pressoché ermeticamente al resto del mondo – o perlomeno all’Occidente capitalista – a seguito di un conflitto brutale ormai lontano nel tempo, eppure tuttora percepito come una minaccia costante. Il percorso espositivo si snoda attraverso dipinti a olio, chine e altre opere grafiche, nonché disegni e fotografie di importanti realizzazioni architettoniche.

Non è stato facile concretizzare un progetto di questo genere. Non solo per via del lungo viaggio compiuto dalle opere, trasportate in camion da Pyongyang a Pechino e in seguito imbarcate su un jet Lufthansa con destinazione finale Vienna. Ma anche a causa di punti di vista non sempre coincidenti tra gli organizzatori e i loro interlocutori nordcoreani in merito alla selezione delle opere, come ha spiegato nel corso di un’intervista ad ArsLife il Direttore del MAK Peter Noever, interpellato sui manifesti in mostra.

D’altronde, che quella viennese non sia un’esposizione comune lo si capisce subito dopo aver lasciato alle proprie spalle la cassa del MAK, allorché si viene invitati a passare attraverso un metal detector simile a quelli utilizzati negli aeroporti…

Le opere in rassegna illustrano in maniera eloquente il carattere nazionale e autarchico che si attua nella declinazione nordcoreana del marxismo-leninismo. Tale approccio trova la sua formulazione teorica nella dottrina nota come juche, elaborata da Kim Il Sung, alla guida della Nord Corea dal 1948 al 1994. Le vedute e i ritratti eseguiti a china secondo la tecnica tradizionale nota come chosonhwa, nonché il manifesto – anch’esso in mostra – inneggiante alle antiche forme di saluto coreane sono in sintonia con una simile impostazione ideologica. Ad essi si affiancano opere maggiormente debitrici nei confronti dell’iconografia sovietica e/o maoista, con i loro tipici leitmotiv internazionalisti e simboli (tra questi ultimi, non può mancare il protagonista di tanta arte social-realista: il trattore).


 
Si fa giorno,1978
Kim Yong Gu
©Korean Art Gallery Pyongyang
 
Fra le molte immagini idilliache di vita pacifica e operosa, dipinte in gamme cromatiche luminose e vivaci, fa capolino qua e là, spettrale, il memento della guerra: nel dipinto a olio Domani di Jong Yong Hwa il relitto di un carro armato americano emerge cupo dalle acque di un torrente guadato da due bambini, mentre ne La storia accusadi Kwak Chol Son la USS Pueblo (nave spia statunitense catturata nel 1968 dai nordcoreani) campeggia sullo sfondo con la drammaticità di un vascello fantasma wagneriano.

Numerose sono le tele esposte che immortalano il Presidente Kim Il Sung e il suo successore, il figlio Kim Jong Il, attuale leader della Nord Corea: ora impegnati in operazioni militari, ora a colloquio con gli artisti muniti di taccuino per gli appunti, oppure ancora in visita ai “bambini più felici del mondo“, come recita il titolo di un quadro di Kim Song Min. D’altronde, l’intento di fare di questa nazione una sorta di paradiso terrestre è ben evidente nel piano urbanistico della nuova Pyongyang, città ricostruita a partire dagli anni ’50 seguendo le suggestioni di una monumentalità visionaria. La mostra viennese dedica particolare attenzione all’architettura della Nord Corea, documentata attraverso numerose fotografie, disegni tecnici e modelli tridimensionali. Il Direttore Noever spiega ad ArsLife: “L’architettura nordcoreana è assai poco conosciuta. Essa si concentra soprattutto nella capitale: Pyongyang è stata pressoché totalmente distrutta durante la guerra di Corea. È una città completamente nuova, come Brasilia; l’unica pagoda che vi si trova è la Biblioteca Nazionale, anch’essa edificata in tempi recenti – nel 1982 – in stile tradizionale. C’era la necessità di costruire in tempi relativamente brevi alloggi per più di due milioni di persone, ricorrendo al sistema edilizio dei prefabbricati. Si tratta quindi di una città votata alla modernità, i cui edifici pubblici presentano un’architettura assolutamente interessante, del tutto paragonabile ad importanti realizzazioni architettoniche dell’Occidente.“

Davanti ai monumenti della capitale nordcoreana il pensiero corre alle architetture totalizzanti del XX secolo, ma anche ad Étienne-Louis Boullée e al suo utopistico progetto di cenotafio per Newton (ricordate Il ventre dell’architetto di Peter Greenaway?). È il caso dell’edificio che ospita il planetario e della torre consacrata all’idea juche: quest’ultima è una delle strutture più caratterizzanti la skyline di Pyongyang, forte dei suoi ben 170 metri d’altezza, dei 25.550 blocchi di granito – un blocco per ciascun giorno della vita di Kim Il Sung – con cui è stata realizzata e dell’enorme struttura metallica a forma di fiaccola che la sormonta.

Parimenti monumentali sono la già menzionata Biblioteca Nazionale, meglio conosciuta come “Grande Casa di Studio del Popolo” e lo stadio “1° maggio“ dalla gigantesca capienza (150.000 persone), nel quale ogni anno si svolgono le coreografie di massa del festival Arirang. La piramide dell’Hotel Ryugyong, che non avrebbe sfigurato nelle scenografie di Metropolis o Blade Runner, non fa che accentuare la valenza simbolica di questa urbanistica unica nel suo genere.

 
Stadio 1° maggio
1989
Capienza: 150.000 persone
© Paektusan Academy of Architecture, Pyongyang


Visto poi che la mostra Blumen für Kim Il Sung ha luogo a Vienna, è anche all’edilizia del Rotes Wien che corre il pensiero; ovvero alla “Vienna rossa“ socialdemocratica degli anni ’20 e ’30, con i suoi elefantiaci condomini-falansteri progettati per immergere i cittadini nella dimensione collettiva fin dalla primissima infanzia. Chiediamo a Peter Noever – che Pyongyang l’ha visitata di persona – se ci sia un’affinità tra il leggendario Karl-Marx-Hof viennese e gli edifici della capitale nordcoreana: “Il Karl-Marx-Hof era una fortezza, una rocca per la difesa dei lavoratori. A Pyongyang non è così, perché lì, forse, l’intera società è come una fortezza. Tuttavia gli alloggi, le case non hanno alcuna connotazione propria della rocca; al contrario, si tratta di grattacieli moderni”, risponde il Direttore del MAK.

Blumen für Kim Il Sung costituisce il primo tentativo organico di fotografare la produzione artistica della Nord Corea; non ci risulta che in precedenza sia mai stata organizzata una rassegna così completa, accompagnata peraltro da un programma di conferenze che culminerà nel convegno fissato per i giorni 3-4 settembre, al quale interverranno dieci relatori. Negli ultimi anni l’interesse per l’arte nordcoreana sembra essere in crescita, come dimostra fra l’altro il bel volume edito nel 2008 da Prestel, North Korean Posters; nondimeno non sono mancate in Austria reazioni critiche alla mostra del MAK. Qualcuno ha evidentemente frainteso il carattere di questa esposizione, intepretandola alla stregua di una rassegna di carattere apologetico. Le parole di Peter Noever fanno chiarezza sul punto: “Ad interessarmi non sono i sistemi politici, ma l’arte che c’è dietro. Per esempio, si può ben rinunciare allo stalinismo, forse tuttavia non si può rinunciare all’arte dell’epoca staliniana (il MAK ha allestito nel 1988 e nel 1994 importanti mostre dedicate a questa tematica, nda), in quanto essa serve a comprendere il postmoderno e tutti i suoi ulteriori sviluppi”. “L’intento delle mie mostre”, prosegue Noever, “è quello di destare l’interesse nei confronti di quanto viene percepito come estraneo, insolitamente altro; che si colloca sotto diversi nessi esistenziali, comprendenti anche il sistema politico. Però è troppo facile affermare che tutto coincida con il sistema politico: infatti non esiste alcun uomo al mondo che pensi e agisca solo politicamente, anche qualora venga indirizzato in tal senso.“ 
 

* Sala per esposizioni del MAK – Vedute dell’esposizione “Fiori per Kim Il Sung”, 2010
© Wolfgang Woessner
/MAK

 

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Informazioni utili:
MAK – Österreichisches Museum für angewandte Kunst / Gegenwartskunst (Museo austriaco d’arte applicata / arte contemporanea)
Stubenring 5 – A-1010 Vienna (Austria)
Tel.: (+43-1) 711 36-0
www.mak.at 
Orari d’apertura:
martedì MAK NITE©: 10-24 (NB: info su MAK NITE©: http://www.mak.at/jetzt/f_jetzt.htm)
da mercoledì a domenica: 10-18
lunedì chiuso
Catalogo (con testi in lingua tedesca, coreana e inglese): Eur 35
Biglietti:
normale Eur 7,90 / ridotto Eur 5,50
Eur 9,90 con opuscolo-guida MAK
Ogni sabato entrata libera
Entrata libera per giovani fino ai 19 anni
Contributo per visita guidata: Eur 2 (le visite guidate si tengono il sabato e la domenica alle 16.00

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