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IL DOVERE DI UN GIORNALISTA

Che a Luca Beatrice gli voglio bene lo sanno tutti. Pochi hanno capito o si sono domandati il perché. Tutto sommato hanno ragione. Nemmeno io capisco sino in fondo il motivo. Mi capita un po’ la stessa cosa con Vittorio Sgarbi che conosco dal lontano 1989. Politicamente siamo diversi. Un tempo –credo- ci saremmo odiati. Ora mi riesce difficile se non impossibile odiare qualcuno che considero oltre che simpaticissimo pure molto intelligente e colto. Insomma tutte le volte che lo incontro -il Luca B.- mi faccio un sacco di risate. E, ascoltandolo, imparo un altrettanto sacco di cose. Non succede spesso. Credetemi. Con lui m’è capitato di parlare di pittura informale europea degli anni Cinquanta e Sessanta, scoprendo che sa molte più cose di me e di quel che potevo immaginare. Tant’é che –bontà sua- ho persino ascoltato con attenzione e profitto alcuni consigli intorno alle mie ricerche sul colore. Insomma il Luca B. è una persona che stimo assai. Anche l’ultima sua fatica letteraria l’ho letta d’un fiato consigliando ai giovani imberbi che si cimentano nel mondo dell’arte italiana di farne tesoro. Detto questo m’accade (per ora), come sapete, di fare il direttore di ArsLife. E, pur essendo il capo d’una rivista qualunque, succede spesso (come credo ad altri direttori immensamente più importanti) di ricevere dai propri collaboratori pezzi e servizi giornalistici sui quali non sono -in parte o per nulla- d’accordo. Occorrendo pure il fatto di dirigere una rivista culturale che s’occupa d’arte (per mia fortuna…a differenza di giornali politicamente orientati e asserviti da una parte come dall’altra) non sono mai riuscito ad applicare la mannaia. Insomma quando in redazione arriva un articolo o un commento sul quale dissento (se l’argomento è di attualità al cento per cento) schiaccio il pulsante verde per farlo pubblicare. Sempre. Fermo restando che non offenda e si attenga al lato intellettuale della faccenda trattata. Questa cosa mi accade di frequente con le opinioni del nostro polemista Lucien de Rubempré, il quale (lo ribadisco per l’ennesima volta) trattasi di un noto personaggio, un collezionista esperto in arte contemporanea internazionale. Insomma il Rubempré non sono io. Non ha nulla a che fare con il sottoscritto. Anzi, per essere sinceri spesso e volentieri m’è accaduto di intavolare con lo stesso lunghe discussioni terminate ad abbracci, tarallucci e vino. Anche al Lucien gli voglio proprio un gran bene. Vi chiederete: perché scrivo tutto ciò? Perché m’è giunta voce (ma non so quanto vera) che Luca un po’ se la sia presa per via dell’ultimo pezzullo incazzoso di Rubempré che riguardava un suo articolo pubblicato in agosto su “Il Giornale”. Può darsi che in parte abbia ragione, potrei anche essere dalla sua, ma di fatto il furente Lucien ha opinioni diverse. Anche per questo intervento, come per altri, è valso ciò che ho scritto sopra. D’accordo o meno ho deciso di farlo pubblicare. E sempre accadrà così. Almeno sulle pagine di ArsLife. Rassegnatevi. Ovviamente chiunque si incazzi ha totale libertà di esprimere il proprio dissenso. Colgo l’occasione per anticiparvi che stiamo studiando una piattaforma più semplice per ArsLife nella quale ogni lettore avrà propri spazi specifici per intervenire e pubblicare notizie e opinioni.

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