Eccoci, ci risiamo, è già tempo di Artissima l’appuntamento cool, molto cool, che il milieudell’arte si da puntualmente ogni anno a Torino (da venerdì 5 a domenica 7 novembre a Lingotto Fiere).
Bon, che c’è di nuovo sotto il sole? Poco direi. Sì, certo, la direzione artistica dell’evento è passata da Andrea Bellini, nel frattempo promosso direttore del Castello di Rivoli, all’internazionalmente decorato Francesco Manacorda. Ma il mood della manifestazione si svolge sempre sotto lo stesso segno che conferma l’indirizzo che ormai è divenuto consuetudine di affidare la direzione delle fiere d’arte a curatori, i quali presi come per incantamento si abbandonano alla sindrome da biennale e, supportati da compiacenti e finanziariamente generose istituzioni pubbliche, danno vita al loro petit réve di farsi la propria biennale. Così il core business, la Fiera (convegno abituale, generalmente annuo, di venditori e compratori Devoto/Oli), assurge a pretesto retorico per costruirci sopra l’eventone , la Kermesse culturale nella quale trovano dignità cose tipo: “Hypnotic Show,a cura di RaimundasMalasauskas e condotto da Marcos Lutyens, una mostra visibile solo nella mente del pubblico, creata dalla fusione tra pratiche artistiche e ipnosi” (come da comunicato stampa). Mah! Dal graffiante sarcasmo del cubo invisibile di Gino De Dominicis siamo passati al mesmerismo, dal concettuale a concettina.
Molto bene! tutto pane per il ceto medio riflessivo, quello che non si pone le domande ma si fa dare le risposte, che è lo stesso che si fa felicemente “deportare” a Sharm El Sheik piuttosto che al Festival della scienza, eternamente periclitante in cerca di un centro di gravità permanente.
E il business? Mah, difficile dirlo, aspettiamo, a fiera terminata, se verrà confermata la tendenza che si è evidenziata nelle altre grandi manifestazioni internazionali, vale a dire una certa stanchezza verso le astruserie di una ricerca estetica (si fa per dire), continuamente ripiegata su se stessa, in solipsitica citazione linguistica. Vedremo se e quanto le asprezze della infelice congiuntura economica si faranno sentire. Il climax è mutato ed ha indotto una certa diffidenza versi i subprime sia finanziari che estetici ed il pubblico è meno propenso a farsi abbindolare da supponenti fumisterie intellettualoidi.
Per fortuna lì accanto, sempre al Lingotto, esiste Eataly per concederci una tappa enogastronomia ed assecondare la nostra propensione alla libertà dall’emancipazione culturale, dal miglioramento organizzato.
in punta di pennino