Azzeccato il titolo, forse un po’ di richiamo, perché la mostra è proprio questo: i maestri che il Merisi ha avidamente osservato, studiato e fatto suoi durante la sua formazione. Solo tre infatti i dipinti del Caravaggio (di cui uno, ad oggi, non presente – Il riposo durante la fuga in Egitto della Collezione Doria Pamphilj di Roma). Si potrebbe pensare che siano un po’ pochi per una mostra che segue la scia delle celebrazioni del centenario dell’artista. Ma non è così. Perché quello che la mostra vuole spiegare è il Caravaggio “prima di Caravaggio”, prima del periodo romano. I suoi modelli quindi. I suoi maestri. Quegli artisti che ruotavano nell’area lombarda negli anni del suo soggiorno milanese.
Vittorio Sgarbi è tornato nel capoluogo meneghino, dopo la riconciliazione con il sindaco Letizia Moratti (o Suor Letizia che dir si voglia) in favore della cultura. La mostra era già pensata da diverso tempo e prima della brusca interruzione con la giunta milanese doveva approdare a Palazzo Reale. E’ invece il Museo Diocesano, inaugurato nel 2001 proprio con un’esposizione della Deposizione del Merisi messa a confronto con una del Peterzano, ad ospitare dall’11 marzo al 3 luglio 2011 una sessantina di opere di Giorgione, Tiziano, Tintoretto, Lorenzo Lotto, Jacopo da Bassano, Moretto da Brescia, Giovan Battista Moroni, Gerolamo Savoldo, Vincenzo e Antonio Campi, Giovanni Ambrogio Figino e Simone Peterzano. Lo spettatore guarda ciò che guardava Caravaggio.
L’idea dei precedenti del Merisi in Lombardia non è nuova. Fu Roberto Longhi a parlarne già nella sua tesi di laurea. E ad oggi è accettata da tutta la critica a livello mondiale. Così scriveva il grande storico dell’arte “…non si pretende di segnare itinerari precisi ai suoi viaggi (o siano pure vagabondaggi) di apprendista; ma non si potrebbe porli mai in altra zona da quella che da Caravaggio porta a Bergamo, vicinissima; a Brescia e a Cremona, non distanti; e di lì, a Lodi e a Milano. Era questa la plaga dove un gruppo di pittori lombardi, o naturalizzati, tenevano aperto da gran tempo il santuario dell’arte semplice”. Mina Gregori, nome che è già garanzia di qualità e autrice di uno dei saggi in catalogo, ha sottolineato in conferenza stampa come “..Per la prima volta tutti questi maestri lombardi, che dipingono in maniera diretta e con una freschezza che manca ai pittori accademici, si vedono tutti insieme. L’idea del Longhi della loro importanza nella formazione di Caravaggio ha dato una notevole visibilità storiografica alla Lombardia. Si è sempre parlato di Venezia e Roma. Con questi studi si è dato lustro anche alla Lombardia. Inoltre, come ben chiaro dal sottotitolo della mostra, Caravaggio era aperto anche al Veneto. Non a caso il Peterzano era un allievo di Tiziano” (che si firmava infatti titiani alumnus).
Bella l’iniziativa di unire idealmente questa mostra con quella a Palazzo Reale dedicata ad Arcimboldo. Se al Diocesano manca il confronto con il pittore delle “teste composte” e Leonardo, la comparazione è comunque possibile grazie alla continuità ideale delle due mostre (legate anche dalla possibilità di entrare a Palazzo Reale con una riduzione conservando il biglietto della mostra del Diocesano)
Eccellenti i prestiti, per la maggior parte museali o da Chiese. Condicio sine qua non per il prestito del “San Matteo e l’angelo” di Vincenzo Campi (Chiesa di San Francesco d’Assisi – Pavia) è stato che l’opera venisse restaurata. Cosa che avverrà “a vista” durante il periodo della mostra.
I dipinti del Merisi presenti in mostra sono – oltre il grande assente di oggi citato prima – la “Flagellazione di Cristo” proveniente dal Museo di Capodimonte a Napoli che ritorna per la prima volta a Milano dopo la mostra del 1951 e la “Medusa Murtola”, proveniente da una collezione privata. Interessante la storia di questo piccolo scudo dal diametro di 48 cm. Si tratta infatti della prima versione dello scudo (quella universalmente nota è agli Uffizi di Firenze). Studi approfonditi hanno permesso di individuare ripensamenti e correzioni (non presenti in quella fiorentina) e questo ha consentito di identificarla come l’antecedente della versione più nota. E sono proprio gli occhi della Medusa a chiudere la mostra.
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1 – Venezia: Giorgione, Tiziano, Tintoretto, Bassano
L’esposizione apre i battenti con una prima sezione dedicata a Venezia, ambito che per Caravaggio ha un ruolo determinante. Il viaggio del pittore lombardo nella città lagunare è solo presunto ma certamente i suoi occhi si sono imbattuti nelle opere di Giorgione, Tiziano, Tintoretto e Bassano, capisaldi della tradizione veneta, di cui studia lo spazio e la ricerca luministica . In mostra si possono ammirare capolavori di grande bellezza, alcuni dei quali mai esposti a Milano, come il virile San Giovanni Battista di Tiziano dalle Gallerie dell’Accademia di Venezia. Inoltre, di Tintoretto sono esposti i due quadri pendant con Caino e Abele e La tentazione di Adamo ed Eva, provenienti dalle Gallerie dell’Accademia di Venezia, e Gesù fra i dottori (o Disputa) (1542-43 c.), dal Museo del Duomo di Milano, mentre di Giorgione il Doppio ritratto, dal Museo Nazionale di Palazzo Venezia, e il Cantore appassionato e il Cantore con flauto (1507), dalla Galleria Borghese. Trait d’union fra la cultura veneta e quella lombarda èLorenzo Lotto, del quale è esposta la Natività a lume di notte (1512), un capolavoro proveniente dalla Pinacoteca Nazionale di Siena, dalla timbrica cromatica tanto cara a Caravaggio, così come sono determinanti per la sua formazione gli sguardi lotteschi meditabondi e psicologicamente intensi, come quelli del Ritratto di giovane (della Gemäldegaleriedi Berlino) e quello di Ludovico Grazioli di collezione privata.
Girovago e desideroso di aguzzare il suo sguardo sulla realtà che lo circonda, ogni dipinto e ogni persona incontrata è per Caravaggio motivo di meditazione e studio consapevole o inconscio. Egli è attento altresì alle soluzioni pittori che dei maestri cremonesi che si incontrano nella seconda sezione del percorso espositivo. In particolare, risulta rilevante il fascino che ha, sul giovane Merisi, A ntonio Campi , primo sperimentatore di effetti luminosi notturni in tele straordinarie come lo struggente Martirio di San Lorenzo (Parrocchia di Santa Eufemia, Milano) o la deliziosa Adorazione dei Pastori (1575) dalla Basilica di Santa Maria della Croce di Crema.In questo contesto, straordinaria valenza pre-caravaggesca assume un capolavoro di Vincenzo Campi, San Matteo ispirato dall’Angelo (custodito nella Chiesa di San Francesco a Pavia), opera che verrà restaurata in sede di mostra per l’occasione, che rappresenta una lente d’ingrandimento sulla formazione di Caravaggio per la resa incredibilmente “ispirata” dei dettagli, per le cromie, l’anatomia e un portato stilistico lombardo che scorrerà per tutta la vita nelle sue vene.3 –Brescia: Moretto da Brescia e Gerolamo Savoldo
Non diversamente dovette colpirlo l’opera di Moretto da Bresciae soprattutto quella diSavoldo,attraverso il quale Caravaggio intuisce anche quello che non conosce di Giorgionee da cui assimilail forte sentimento della realtà.Nella terza sezione ecco allora che, oltre all’incantevole San Gerolamo in meditazione di Moretto da Brescia, proveniente dalla collezione Borromeo (Isola Bella, Verbania), la mostra presenta, di Savoldo, l’intenso Ritratto di giovane, della Galleria Borghese di Roma, la Maddalena (1533 c.) degli Uffizi ma anche l’incantevoleAnnunciazione, delle Gallerie dell’Accademia di Venezia e l’intensa Crocefissione, proveniente da Monaco, mai esposta prima d’ora.
4 – Bergamo: Giovan Battista Moroni e Paolo Cavagna
La ritrattistica di Gian Battista Moroni è, inoltre, motivo di ricerca fisiognomica, elemento di cui la poetica caravaggesca è impregnata; egli infatti, come rammenta Vittorio Sgarbi, ci restituisce nei suoi capolavori una riproduzione “mimetica della realtà, nel senso letterale della parola, come fosse un calco di un corpo” e quindi i ritratti di Moroni possono dirsi catalizzanti per gli occhi del giovane Merisi. Di notevole suggestione è il Battesimo di Cristo (prov – messo per la prima volta a confronto con il Devoto in contemplazione del Battesimo di Cristo (prov(, evoluzione composita del primo -, l’attraente Ritratto di dotto (1569 c.)degli Uffizi e il bellissimoRitratto di giovane dell’Accademia Carrara di Bergamo; splendide tele che costituiscono laquarta sezione della mostra.
5 – Milano: Giovanni Agostino da Lodi, Callisto Piazza, Francesco Prata, Giovanni Ambrogio Figino, Giovanni Paolo Lomazzo, Fede Galizia e Simone Peterzano
Infine, la quinta sezione spalanca un’ampia quinta scenica sul clima pittorico milanese, variegato, ricco di spunti, di rimandi, colto e aulico eppure prorompente e dinamico ma pur sempre legato alla realtà e ben attento ai mutamenti della natura. Gli occhi di Caravaggio si soffermano senza dubbio su Giovanni Agostino da Lodi, Giovanni Ambrogio Figino, Giovanni Paolo Lomazzo , Fede Galizia e, soprattutto, Simone Peterzano, alla cui scuola ha iniziato a muovere i primi passi. Nella sua bottega il Merisi ha modo di formarsi e macinare i primi colori, forse dinanzi a opere del maestro quali L’Adorazione nell’orto (del Museo Diocesano di Milano) o alla mai esposta prima d’ora Sacra Famiglia con San Giovannino e un angelo (Collezione Olivetta Rason), insieme a una ricca messe di disegni preparatori che per Peterzano sono la radice di quell’importantissimo microcosmo pittorico che è il ciclo di affreschi alla Certosa di Garegnano. I disegni di Figino e di Peterzano, eccezionali prestiti esclusivi, provenienti da Venezia, Torino e Milano rendono conto anche di come Caravaggio utilizzerà “i disegni di quegli autori – come ricorda Vittorio Sgarbi – così potentemente analoghi a figure compiute da Caravaggio nelle sue opere romane, da far pensare che egli avesse quasi rubato e portato con se o ricalcato i disegni di questi autori incrociati a Milano”.
Un suggestivo video riproduce in mostra la spettacolarità dei dipinti della Certosa di Garegnano in cui si vedono continuamente rimandi alle opere caravaggesche.
6 – Caravaggio
Il percorso, in un continuo crescendo, conduce lo sguardo dello spettatore fino a un’opera sublime del Caravaggio. Grazie all’autorizzazione del FEC (Fondo Edifici Culto), si potrà infatti ammirare la straordinaria e matura Flagellazione di Cristo (1607-1608), oggi custodita al Museo di Capodimonte Napoli. Una summa dell’arte caravaggesca che dimostra ancora una forza anatomica tutta lombarda e il ricordo, anche in età matura, del suo maestro, Simone Peterzano, tanto più che, gli ultimi studi, dimostrano come la bella Flagellazione della chiesa di Santa Prassede a Roma, considerata fino a oggi di Simone Peterzano, parrebbe eseguita dal “Laboratorio caravaggesco”, come propone Claudio Strinati.
Dalla giovinezza alla maturità per tornare agli anni giovanili e concludere con Gli occhi di Caravaggio, quelli della Medusa Murtola di Caravaggio, straordinario capolavoro ad olio su tela applicato su uno scudo di pioppo, che conclude la mostra e ci fissa, lasciando lo spettatore senza fiato e travolgendolo nel suo mondo, straordinario e misterioso ma affascinante.
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INFORMAZIONI UTILI
Catalogo Silvana Editoriale
Orari Martedì – domenica ore 10-18 Lunedì chiuso.
La biglietteria chiude alle ore 17.30
T 02.89420019 – info.biglietteria@museodiocesano.it
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