La carriera artistica di Max Papeschi è iniziata per caso (come ci dirà lui stesso in questa intervista). Un passato nel mondo della digital-art, del teatro, del cinema, della televisione -come regista. Un artista molto amato ma anche molto criticato. Ma nonostante tutto Max è riuscito a ritagliarsi il suo spazio nel mondo dell’arte contemporanea, esponendo le sue opere in tutto il mondo.
Max, come sei diventato artista e perché hai scelto proprio questa strada per esprimerti?
Il mio approdo al mondo dell’arte in senso stretto è accaduto abbastanza recentemente, e in maniera del tutto casuale. Avevo creato nel 2008 una pagina su Myspace che doveva servire a promuovere uno spettacolo teatrale che stavo scrivendo. Per dare forza alla pagina promozionale avevo realizzato con Photoshop delle immagini che rappresentassero il senso dello spettacolo che stavo scrivendo, una gallerista di Milano mi ha contattato e chiesto di esporle nella sua galleria. Ho accettato e così è cominciata questa nuova avventura.
Tu arrivi dal mondo della comunicazione. Come mai non hai deciso di fare il pubblicitario, di continuare la tua attività di regista o cose del genere?
Anche l’Arte è comunicazione a mio avviso o quantomeno dovrebbe esserlo, dunque non vedo una netta distinzione tra quello che facevo prima e quello che faccio oggi, alla faccia delle teoria di McLuhan, credo di aver cambiato il medium ma non il messaggio. Semplicemente muovendomi in questo campo ho una maggiore libertà di espressione e non devo rendere conto dei contenuti del mio lavoro a qualche produttore televisivo semianalfabeta.
Anni fa avresti mai pensato di riscuotere così tanto successo con le tue opere?
Anni fa le opere che mi hanno dato questa visibilità non esistevano neppure. In effetti non ho mai contemplato seriamente l’idea di entrare nel mondo dell’arte contemporanea fino al 2009, e a quel punto avevo già riscosso un discreto successo.
Secondo te perché è accaduto? Qual è il tuo segreto?
Non ne ho la più pallida idea, penso di essere capitato al posto giusto nel momento giusto, tutto qui. Il successo è fondamentalmente una questione di culo. Io l’ho rincorso per moltissimi anni nel cinema e invece è arrivato nell’arte quando meno me l’aspettavo.
Tu sei un provocatore ma in realtà i messaggi che vuoi far arrivare con i tuoi lavori sono sempre profondi. Qual è la cosa che ti infastidisce di più di questi tempi moderni e dell’occidente? Quella che secondo te, in questo fantomatico progresso, in realtà dovrebbe farci vergognare?
Non ragiono mai in termini di “provocazione”, cerco semplicemente di raccontare le cose per come le vedo. Mi interessa portare allo scoperto i paradossi e le ipocrisie di una società che costruisce il consenso grazie a potenti mezzi di comunicazione di massa.
La tua ultima mostra “Exit form heaven” (video “porno” annesso con Topolina), che si è conclusa il 14 Gennaio, ha riscosso un grande successo. Come è nata l’idea di sposarti con Minnie e perché questo gesto?
Il progetto “Exit from Heaven” è direttamente ispirato, anche nel titolo, al progetto “Made in Heaven” realizzato da Jeff Koons insieme a Ilona Staller alla fine degli anni ottanta. Koons celebrava il trionfo dell’edonismo reaganiano, un mondo apparentemente paradisiaco, ma è proprio in quel periodo storico che si ponevano le basi per il crollo dell’impero occidentale. Oggi tutti i nodi sono venuti al pettine ed è giunta l’ora della cacciata dal paradiso. La deflorazione di Minnie Mouse è un atto simbolico che evidenzia la perdità della verginità/innocenza da parte di una delle più rassicuranti icone dell’Eden immaginario in cui credevamo di vivere.
Ti sei ispirato a Jeff Koons e al suo matrimonio con Cicciolina.. In Italia – e nel mondo dell’arte contemporanea – si parla tanto d’innovazione e poi si finisce sempre per riproporre qualcosa di già visto..non credi?
Non sono d’accordo. Mi ricordo che solo quindici anni fa si parlava del concetto di “fine della storia”, dopo l’11 settembre, due nuove guerre in medioriente, la spaventosa crisi economica occidentale e le recentissime rivolte nel Nord Africa scoppiate grazie ai social network, questa ipotesi è diventata decisamente implausibile. Gli artisti, gli scrittori, i registi che raccontano il succedersi degli eventi e i cambiamenti della nostra società avranno sempre qualcosa di nuovo da dire, la loro comunicazione potrà essere veicolata tramite mezzi tradizionali o tecniche innovative ma non bisogna confondere la forma con il contenuto.
Di questi tempi – se il tuo intento è comunque quello di stupire e trasgredire – che cosa toccherà inventarti se già la vita di tutti i giorni, la realtà che ci circonda e la politica in sé sembrano diventati un eterno porno e spesso una vera e propria follia..
Il mio intento non è mai stato quello di stupire e trasgredire. Siamo nel 2012, abbiamo già visto di tutto: un orinatoio esposto come opera d’arte, la merda inscatolata, pesci imbalsamati venduti al costo di un palazzo nel centro di Londra, pupazzi di bambini impiccati in piazza, animali vivi torturati nei musei, ecc. Sarebbe stupido oggi ragionare in termini di “provocazione”, chi potrebbe ancora sentirsi provocato oggi? Il mio lavoro vuole essere semplicemente un’analisi delle realtà circostanti, che poi i giornali gridino allo scandalo riferendosi alle mie opere è solo una loro strategia di marketing che serve ad attirare l’attenzione del lettore.
Cosa pensa Max dell’estetica e del concetto di bellezza?
Nel mio lavoro la “cura estetica” è parte fondante del messaggio. Faccio il verso al linguaggio pubblicitario che è curatissimo, dunque le mie opere non potrebbero essere poco curate. Però non credo che estetica e bellezza facciano parte dello stesso concetto.
Quali sono i tuoi mentori? A chi ti ispiri (se ti ispiri a qualcuno) e quali sono i tuoi artisti preferiti, contemporanei e non..
Tenuto conto del mio background nel mondo dello spettacolo, penso di essere stato influenzato solo parzialmente sia dagli artisti del passato che da quelli contemporanei. Quando penso ai “grandi maestri” mi vengono in mente Kubrick, Petri e Tarantino più che Giotto, Picasso e Koons.
Secondo te come si decide e chi decide il valore di un’opera d’arte? Ci pensi mai quando inizi a lavorare ad una tua opera?
Bisognerebbe prima capire cosa si intende per “valore” di un’opera in senso assoluto. Cosa lo determina, il consenso della critica? Il consenso del pubblico o il prezzo? La verità è che parte della critica può essere comprata e il pubblico facilmente indirizzato. Un termometro significativo potrebbe essere il prezzo ma anche questo può essere pilotate da galleristi potenti. Oggi il fatto stesso di avere un gallerista affermato rende un artista affermato. Si dice che il tempo sia galantuomo, forse la persistenza nella memoria collettiva per un lungo lasso di tempo potrebbe essere un parametro di giudizio credibile, per tutto il resto c’è Master Card.
Che progetti hai in mente per il futuro? Hai qualche anticipazione da darci? Un sogno nel cassetto ancora non realizzato?
Per la prima parte di quest’anno sono previste mie personali a Città del Messico, Sassuolo, Kiev, Pietrasanta e Milano. Inoltre continuerò con una serie di collettive e fiere in giro per il mondo. Ho un calendario abbastanza fitto e ci saranno tantissime novità non solo nei contenuti ma anche nella forma. Sto pensando seriamente di veicolare parte del mio lavoro attuale tramite altri media, già da me praticati in passato, come il Teatro e il Cinema, vedremo.
Ci vuole un genio per copiare Gérard Rancinan!