TV. CONDANNA E ASSOLUZIONE
Un capitolo tratto da Gillo Dorfles
Questioni di gusto. Critica dell’acritica
Conversazione con Paolo Priolo edizione Allemandi & C.
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Guarda la televisione?
Pochissimo, non sono uno spettatore fedele e tradizionale, ma mi capita di guardarla.
La televisione, oggi, è vista un po’ come un’entità pervasiva che sta al di là del bene e del male. Registrarne la mediocrità è considerato da molti ozioso e moralistico. Qual è la sua idea?
Sulla televisione si è detto tutto il male possibile, ma non è bastato, perché in effetti le condizioni in cui versa oggi sono assolutamente penose. All’inizio si pensava che fosse un mezzo sovrumano; ora ci si accorge che, salvo rare eccezioni, serve solo ad addormentare le menti di adulti e bambini.
Una funzione storica importante, però, ce l’ha avuta…
Certo. Se non ci fosse stata la televisione oggi tre quarti degli italiani non saprebbero parlare un’unica lingua. La televisione ha insegnato a parlare l’italiano alla quasi totalità della popolazione. Fino a cinquant’anni fa la gente si esprimeva attraverso dialetti incomprensibili gli uni con gli altri. Oggi quasi tutti parlano l’italiano. Il contrappasso di questo mutamento è stato il progressivo esaurimento delle lingue vernacolari, ma questo è un altro discorso. Resta fermo un fatto, però: che la televisione ha creato ex novo una sorta di idioma orale diffuso su tutto il territorio nazionale. Basterebbe questo per dire che la televisione è stata utile ed efficace.
Che cosa salva della televisione odierna?
In termini di programmi praticamente nulla, fatta eccezione per alcuni rari spazi legati all’informazione e all’approfondimento. Il meglio della televisione va cercato negli spot pubblicitari, tra i video musicali, nelle sigle. Lì si è fatta e si fa sperimentazione visiva, lì si sono prodotti e si continuano a produrre stimoli preziosi per la sensibilità del pubblico.
Con quali effetti?
Il meglio della tv ha avvicinato gli spettatori, anche quelli più pigri e culturalmente impreparati, a una realtà estetica complessa. Nel tempo, l’abitudine a confrontarsi, anche inconsapevolmente, con una visualità vivace e polimorfa ha arricchito il gusto visivo del pubblico. La stessa cosa, per esempio, non è avvenuta per la sensibilità auditiva, degradata a causa del dominio incontrastato della musica pop, delle canzonette. Il gusto visivo di cui parlo si è affinato anche grazie ad apporti esterni alla tv. Penso alla cartellonistica pubblicitaria, all’arredo urbano, al cinema, alla moda, alla computer graphic. Tutti fenomeni che si sono imposti al grande pubblico solo nel secolo scorso, perfezionandosi negli ultimi decenni. Alla fine dell’Ottocento, l’educazione estetica riguardava pochi fortunati, i quali si limitavano a recarsi in qualche museo per ammirare un quadro di Rembrandt o di Raffaello. Non esistevano altri stimoli per gli occhi, se non quelli offerti dalla natura. Questo progresso linguistico, di carattere esclusivamente visuale, è l’unico effetto positivo che il piccolo schermo ha contribuito a produrre negli ultimi vent’anni.
Lo scenario televisivo italiano sta vivendo, con SKY, lo sviluppo del digitale terrestre e della TV via internet, un momento di grande cambiamento. In tale ambito, che futuro immagina per l’offerta delle cosiddette reti generaliste? Pensa che ci sia spazio per un rinnovamento, o ritiene che la tv generalista possa esistere solo a condizione che prosegua sulla strada della regressione, dell’imbarbarimento?
No, penso che prima poi si assisterà a una inversione di rotta. Il livello attuale della programmazione, soprattutto per quanto riguarda l’intrattenimento, è ai minimi storici. Ci sarà un momento in cui anche gli spettarori più abietti si renderanno conto dello squallore a cui sono stati abituati. Le televisioni a pagamento, da parte loro, grazie a un’offerta più stimolante e diversificata, stanno preparando il terreno per l’affermazione di un modo nuovo di rapportarsi al piccolo schermo, più consapevole e selettivo. Il nuovo assestamento vedrà prevalere la funzione informativo-divulgativa; la necessità, poi, di rispondere alle richieste crescenti di pubblici differenziati decreterà il successo dei canali tematici. L’offertà si amplierà e la televisione, anche quella non a pagamento, ritornerà ad avere un ruolo attivo e costruttivo. Il processo, però, non sarà breve.