Fantasy, American Story, Portraits. Sono questi i tre temi che corrispondono ad altrettanti percorsi dipanati nella prima importante personale italiana dell’artista Elisabeth Strigini, che dal 13 luglio al 13 settembre 2012 sarà presente al Museo della Permanente di ilano con la mostra dal titolo Contemporary Tales.
L’esposizione al Museo della Permanente, ricca di oltre trenta lavori fra oli e tecniche miste su tela realizzate nell’ultimo decennio, comprenderà un’opera dal titolo Binky, che rappresenta il Bambi disneyano, il più famoso cerbiatto dell’immaginario infantile e fiabesco, e che verrà donata ai bambini del reparto di pediatria dell’ Ospedale Fatebenefratelli di Milano, diretto dal Dott. Luca Bernardo.
Ideata da Ottavia Landi di Chiavenna con il coordinamento organizzativo di Sara Mesiano e con la curatela di Chiara Gatti e Angelo Crespi, la mostra indaga la raffinata e introspettiva ricerca di Elisabeth Strigini, personalità elegante e riservata nel panorama della figurazione internazionale.
Francese di nascita ma inglese d’adozione, Elisabeth Strigini vive e dipinge tra New York e Londra, e negli ultimi anni ha lavorato a un ciclo di opere che, spaziando da formati minuti a dimensioni monumentali, trattano temi di natura esistenziale piegati a un linguaggio in bilico fra surrealismo e pop.
Affascinata dai maestri del passato, dal Rinascimento italiano alla scuola fiamminga, Elisabeth è autrice di immagini dove ricordi infantili dialogano con atmosfere nordiche, citazioni da Bosch e Bruegel, con le sue indimenticabili nevi algide e silenziose, oltre a inserti spiazzanti ispirati al mondo dei cartoons, dei comics e della cultura massmediatica. Un cocktail di elementi che restituiscono la natura visionaria di una pittura colta e insieme vagamente underground, nella quale però l’uso di una tavolozza cupa, nei toni della polvere, della nebbia e del buio, allude a riflessioni inquiete sul destino dell’uomo, sui grandi temi dell’identità e della solitudine.
Il percorso della mostra sarà altresì giocato sulla cultura popolare contemporanea riletta dall’esperienza interiore dell’artista le cui visioni accompagneranno il visitatore in tre grandi stanze labirintiche, divise in altrettanti macro periodi, per toccare i motivi cari alla sua riflessione, come l’educazione, i massmedia, le guerre, la paura, la religione; fulcri della ricerca esistenziale di Elisabeth e del suo rapporto con la realtà odierna interpretata come una favola amara. L’obiettivo è dunque quello di creare, complice l’allestimento firmato da Peter Bottazzi, un sogno-visione che trasformi le immagini in una sorta di ipertesto surreale capace di traghettare la realtà in una dimensione trasognata. Un “racconto contemporaneo” (Contemporary Tales appunto) allo scopo di produrre sulla tela una relazione segreta tra osservatore e pittore, che accenda l’attenzione su soggetti dando forti emozioni e un coinvolgimento immediato.
Fantasy Qui prende vita il mondo interiore più profondo e sincero insito dentro di noi. La memoria di Elisabeth (e un po’ anche la nostra) è ispirata dalle fiabe dell’infanzia che narrano di castelli incantati immersi in atmosfere cupe vagamente angoscianti, popolate di cerbiatti, bambini distesi sull’erba e addormentati, paesaggi fatati dove tutto può accadere da un momento all’altro e dove, partendo da immagini del mondo reale si arriva a percepire lo splendido mondo ribaltato dei più piccoli attraverso gli occhi degli
adulti e, di conseguenza, le opere pittoriche diventano la metafora di personali sensazioni infantili.
Come in Castle del 2005 che sembra uscita da una delle tavole del mondo Disney immersa ora in uno scenario gotico.
American Story In un contesto culturale assediato dai media di massa e dal flusso costante di immagini trasmesse via etere, la guerra e le pop-stelle animano le sue tele, facce inquietanti di un mondo dai valori instabili. Nel suo studio di Manhattan l’artista è ispirata da ciò che la circonda, l’universo di internet interagisce con il suo subconscio andando via via a formare un fil-rouge tra immaginazione e realtà. La copertura mediatica e il carisma delle pop-star influenza l’omonima serie Pop Star: l’esposizione pubblica della vita di Michael Jackson o delle Spice Girl, come nell’opera SG del 2009, da sempre affascinano l’autrice diventando il naturale “combustibile” della sua creatività stimolata dall’abuso che i media e il pubblico compiono della privacy altrui.
Risale, in questo senso, al momento di eccitazione pre-elettorale, il ranch del Presidente, opera tratta da un’immagine circolata in internet del rifugio di Bush, qui traslato nella tela The Ranch (2007). A Year Ago (2008) è invece il caso di razzismo di Jena Six, realmente avvenuto nel 2006 in Louisiana.
A rappresentare il tema dell’amore, come metafora di ogni sensazione possibile, è invece un ciclo di lavori dedicati ai marshmallow. Il tipico dolcetto americano, bianco e gommoso, diventa una massa gigantesca e minacciosa che avanza fantasmatica verso bambine indifese sperse nella nebbia, come in Little Girl and white Marshmallow (2005): in bilico tra amore e paura, è un omaggio alla teoria
dell’amore di Stendhal e ai due stadi che lo scrittore francese definisce di “cristallizzazione”.
Portraits Questo periodo coincide con i viaggi continui da un continente all’altro durante i quali l’artista ha cominciato a progettare ritratti immaginari e autoritratti fantasiosi nei panni di personaggi sospesi fra attualità e suggestioni cinematografica. Ragazze cattive, Bond-girl armate di fucile come eroine o terroriste. Il suo orizzonte si allarga qui a citazioni classiche, dai pittori del Rinascimento, come Jan Van Eyck, a Raffaello, ad Albrecht Dürer e Hans Holbein il Giovane fonte della sua ispirazione in effigi dalla forma classica e l’anima attuale. Ora Elisabeth dipinge con dovizia particolari delicati del viso, come nell’opera GP del 2010, dedicata all’artista performer Grayson Perry, dove la linea tratteggia espressioni gentili su una stazza solida. Ironia e inquietudine insieme non mancano nell’opera (una vera dark tale!) Serial Hairdresser, il ritratto gotico di un parrucchiere pericoloso, dipinto con la grinta neo espressionista di scuola freudiana. Ma la sua vocazione fantasy sboccia anche in questa serie di ritratti sinistri, quando Elisabeth nasconde se stessa nel costume giocoso di un Teletubbies, e farcisce megaritratti allegorici di simboli rubati ai magazine, alla tv, zeppi di suggestioni filmiche e messaggi subliminali che si mescolano con garbo e sarcasmo, per svelare un racconto attuale di cui, alla fine lo spettatore scopre d’essere protagonista.
La mostra è accompagnata da un volume edito da 24 ORE Cultura in edizione bilingueitaliano/inglese, introdotto da testi critici di Angelo Crespi e Chiara Gatti, curatori della mostra, Guy Lesser, scrittore e giornalista, e Gauthier Hubert, artista belga che lavora con installazioni e dipinti. Inoltre un ricco apparato iconografico attraversa un decennio di ricerca, in un percorso antologico simile a quello pensato per la mostra milanese.
L’ARTISTA
Nata in Francia, Elisabeth Strigini si è laureata in Medicina presso l’Università di Montpellier, in Francia, e ha conseguito un master in ricerca scientifica presso la Oxford University, nel Regno Unito. Dopo aver lavorato un paio di anni nella ricerca clinica, ha deciso che questa non era la strada che voleva seguire e si è dedicata alla sua passione per la pittura. Per lei, esprimere se stessa sulla tela diventa una necessità. Inizia allora a lavorare accanto ad alcuni collettivi di artisti in Nuova Zelanda per poi tornare a Londra nel 1999 e frequentare il Chelsea College of Art and Design per un anno. In questi primi anni di attività partecipa ed espone le sue opere all’interno di varie mostre collettive in Francia, Nuova Zelanda e Inghilterra. Si è poi trasferita in Belgio, per un breve periodo di tempo in Giappone e infine è tornata a New York, dove ha vissuto gli ultimi 6 anni. Vivere in luoghi differenti influenza in modo inequivocabile e permanente la sua ricerca pittorica. Negli ultimi dieci anni ha mantenuto il proprio lavoro lontano dal mercato e dalla critica, non legandosi a gallerie per concentrarsi unicamente sullo studio della tecnica e rafforzare lo stile. Oggi vive e lavora tra New York e Londra.