“Sono preoccupata per quello che sta succedendo nel mio paese. Oggi essere artista, in Tunisia, può essere un problema”. Nadia Kaabi
È caccia agli artisti in Tunisia. La nuova campagna inquisitoria lanciata dai Salafiti, i fondamentalisti islamici che fanno il bello e il cattivo tempo contro la popolazione con la complicità del governo a maggioranza islamico, sta prendendo di mira le arti e le lettere. L’ultimo episodio risale a un paio di settimane fa, quando un gruppo di fanatici ha fatto irruzione durante la “Primavera delle Arti” di Tunisi bruciando alcune opere d’arte all’interno del palazzo Abdelliya. La reazione delle autorità la dice lunga sulle difficoltà per la Tunisia, il paese che ha dato il via alla primavera araba nel dicembre 2010, nel portare a termine il processo di transizione democratica: il ministro della Cultura, Mehdi Mabrouk, ha fatto chiudere la mostra e denunciato gli organizzatori mentre l’imam della moschea di Zitouna ha invitato senza troppi mezzi termini a uccidere gli artisti.
Un collettivo di intellettuali ha lanciato una petizione (http://www.petitions24.net/appel_a_soutenir_les_artistes_tunisiens_call_for_the_support_of_t) per fermare la spirale di violenza di cui l’episodio di Abdelliya è l’ultimo di una serie che ha già portato alla chiusura di diverse manifestazioni culturali e causato centinaia di feriti, culminando nei giorni scorsi con la proposta di Ennahdha, il partito islamico che detiene la maggioranza all’assemblea costituente, di presentare un disegno di legge contro le espressioni artistiche e di pensiero che rappresentano un attacco contro il sacro. Di male in peggio: “Sono preoccupata per quello che sta succedendo nel mio paese”, spiega Nadia Kaabi-Linke, prolifico astro nascente dell’arte contemporanea internazionale, “oggi essere artista, in Tunisia, può essere un problema”. Vincitrice dell’Abraaj Capital Art Prize 2011 e con alle spalle prestigiose partecipazioni a livello mondiale (dalla Biennale di Venezia al MoMa di New York), Nadia Kaabi-Linke ha lo sguardo lucido di chi, la propria terra, la vive con gli occhi dell’osservatore: nata nel 1978 da padre tunisino e madre ucraina, dopo anni in giro per il mondo ha scelto Berlino come patria adottiva. Di ritorno da Cartagine dove è stata ospite del Museo Nazionale di Archeologia con Smell, opera di denuncia contro l’impronta che i Salafiti hanno inferto alla rivolta dei gelsomini, ha toccato con mano lo sfiorire delle speranze rivoluzionarie. (Fonte: La Repubblica.it. Per leggere l’intervista clicca qui)