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Appunti veloci dall’India – Jaipur

A Jaipur siamo arrivati di notte. L’aereo non poteva atterrare per il monsone, ci hanno mandato a Deli e da lì siamo tornati indietro. La capitale del Rajasthan, nel nord dell’India, è chiamata anche Pink City.  La città era devastata da due giorni di pioggia violentissima, otto presone sono morte e oggi arriva Sonia a trovare i familiari delle vittime. I palazzi antichi e le mura sono dipinti di rosa, il colore dell’accoglienza. Il City Palace nella città vecchia, il giardino di Jantar Mantar, una strano complesso di macchine astronomiche che sembra la tomba Brion di Scarpa  e il più bello Hawa Mahal, un palazzo dalla cui facciata a nido d’ape, con una miriade di piccole finestre, le donne di corte potevano spiare la vita della città. Dalle foto delle guide appare perfetto, invece non è così. Di fronte ci passa un viale dove le macchine corrono veloci in due sensi  con le mucche nel mezzo che pascolano lente nella polvere, i maiali in giro e le scimmie che camminano sui cornicioni dei tetti. Sempre tantissima gente ovunque e attraversare la strada è un’impresa complicata. L’ India edulcorata qui non è per niente rosa. Città dura. I palazzi sono colorati ma poi la gente vive per le strade nelle tende, di notte li vedi dormire qua e là rannicchiati sui marciapiedi e pensi a tutto il dolore del mondo.  Appena fuori Jaipur c’è Fort Amber, la vecchia residenza del maharaja,  costruita alla fine del Cinquecento, circondata da 18 chilometri di mura dove una serie di costruzioni si sovrappongono creando qualcosa di stupefacente bellezza. Sembra un castello, un forte sulle montagne, con alcuni dettagli decorativi sublimi dove gli specchi si mischiano ai marmi, le camere delle sue dodici mogli, le strade segrete per passare da una camera a un’altra, le coltivazioni di zafferanno, i giardini coi laghi d’acqua e tutto ci appare con un ritmo che alla fine commuove, ti fermi per un attimo,  cosa c’è dietro questo desiderio di armonia infinita?

Siamo stati quattro giorni a Jaipur col cielo azzurro e qualche volta la luna. Stavamo in un palazzo antico che era stata la dimora del primo ministro. Gli eredi del vecchio Naila  hanno creato un albergo. Sembra una set perfetto per girare decine di film, anche d’amore. Vecchi divani rossi, pavoni che girano indisturbati, scoiattoli, camere con ventilatori  e condizionatori grandi come frigoriferi, bagni antichi con specchi e marmi neri e bianchi, un tempietto con una piscina che non funziona. Un’ atmosfera magica come se fosse la casa di Giovanni Agosti trasformata in un palazzo indiano con i quadri degli antenati ovunque e  le vecchie foto in giro, alcune anche con  le tigri ammazzate e una con l’ultima regina di Jaipur, una delle quattro donne più belle del mondo come ci ha raccontato  sua nipote che vive al piano di sopra.
Ma fuori le strade non hanno i marciapiedi, gli autobus sono strapieni, qui non si vede nulla della Silicon Valley, Bangalore sembra propio lontana.

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